mercoledì 15 luglio 2009

La città di Bahir Dar

Bahir dar gioca un ruolo centrale nel nord-ovest dell’Etiopia, anche a livello amministrativo. E’ la capitale della regione federale Amhara, capoluogo del West Gojjam ed e’ stata inoltre istituita come zona a statuto speciale.
Se pero’ci spostiamo poco piu’ in la’ nelle kebele meno centrali scopriamo una Bhair dar diversa.
Secondo il Bahir dar Integrated development Plan (BDIDP) condotto dal Federal Urban Planning Institute e dal Bahir dar Metropolitan City Administration, i problemi piu’ ingenti restano ancora quelli di una citta’ in crescita.
Sono stati individuati come questioni di primaria urgenza i seguenti problemi:
1) Gli alloggi
2) Le strutture di drenaggio e di gestione delle esondazioni ( incluso ciò che riguarda le fognature)
3) Lo smaltimento dei rifiuti solidi
4) Le strade
5) Le infrastrutture
6) I gruppi marginalizzati (bambini di starda, le prostitute, i disabili, gli anziani e la comunità Woyto)
Pur risultando la costruzione edilizia il primo termine di utilizzo delle terre di Bahir Dar (679 ettari) la carenza di alloggi rimane ancora la questione piu’ onerosa per l’Amministrazione di Woreda. Cio’ e’ facilmente comprensibile se si considera che sulla popolazione totale cittadina il 61% soffre della mancanza di una casa. Sono 27,000 le domande di alloggio non ancora soddisfatte, piu' quelle che negli ultimi anni si sono aggiunte. Questo causa un alto tasso di abusivismo; infatti le sistemazioni abusive o "alla buona" sono il 12% del totale.
Il drenaggio e i problemi di gestione delle esondazioni sono risultati essere il secondo punto cardine del piano di sviluppo. L'80% della zona e' esposta ad esondazioni ma le infrastrutture per far fronte alle emergenze sono decisamnete insufficienti, il sistema di drenaggio lascia scoperto il 70% della citta'.
La gestione dei rifiuti e' una delle questioni urbane ambientali con un grande riflesso sulla condizione della salute sociale e in generale sullo sviluppo socio-economico della citta'. Il 60% dei rifiuti viene raccolto e smaltito in qualche modo, tendenzialmente bruciato. L'unico sito di smaltimento si trova nella periferia sud, ed e' fornito di soli due mezzi di raccolta. Se guardiamo al livello di smaltimento dei rifiuti liquidi i numeri crescono pesantemente, l'85% di questi non subisce un trattamento adatto, e viene disperso nell'ambiente.
Le abitazioni generalmente non sono collegate a un sistema fognario ma neppure sono fornite di strutture autonome adeguate per l'eliminazione dei rifiuti umani: l'85% delle case non ha fosse o serbatoi settici, e il 40% della popolazione non ha neanche latrine, usa durante la notte spazi aperti come gabinetto.
La rete stradale riporta i seguenti problemi: assenza o carenza di copertura (il 46% della citta' manca delle strade di accesso), sotto standardizzazione o bassa qualita' delle strade (34 km di strada hanno l'asfalto eroso, 46 km della rete non ha una pavimentazione agibile, e 117 km di strada non sono piu' accessibili), mancanza o carenza di servizi (il 100% delle strade non sono fornite della corsia per le biciclette, tuttavia le due ruote a pedale sono il mezzo piu' usato dagli abitanti).
Uno dei maggiori problemi non solo di Bahir dar, ma di tutta l’Etiopia, è la mancanza di elettricità, per diversi mesi all’anno - i precedenti alla stagione delle piogge. In 1130 case manca il rifornimento di energia elettrica. E la maggior parte delle strade secondarie non sono fornite di illuminazione.
La coordinazione tra il lavoro delle diverse istituzioni che si occupano di infrastrutture - telecomunicazioni, rifornimento d’acqua, rete stradale e energia elettrica – è molto scarsa, per cui la costruzione di impianti risulta sconnessa e disorganizzata e si verifica un ingente spreco di risorse e tempo.
Il quadro della situazione economica mostra una citta' che prova a crescere. Secondo i risultati del censo del 1994 condotto dalla CSA , il 20 per cento della popolazione impiegata era coinvolta in attivita' manifatturiere. La pubblica amministrazione e le attivita' commerciali giocavano altri due rilevanti ruoli, mentre la quota del settore agricolo era cosi' piccola che contribuiva solo per il 4.2 per cento all'occupazione dei cittadini. Le attività svolte negli hotel, nei bar, nei ristoranti e nei negozi sono le occupazioni formali piu' diffuse nella citta' di Bahir dar, con un capitale di investimento relativamente alto, seguite, nell'ammontare degli investimenti, dai servizi sociali (salute ed educazione).
Altre attivita', non ufficiali, costituiscono il resto della struttura economica della citta'; queste sono realizzate in piccoli chioschi, gullits, lungo le strade principali e nelle unita' residenziali. I maggiori articoli dei commerci informali includono indumenti tessili, charcoal, cibo, legna da ardere, etc.
Nel 1994 la città aveva registrato un tasso di crescita del 5.5% e nello stesso tempo la disoccupazione aveva raggiunto il 20%. Attualmente il tasso della popolazione che vive sotto il livello di poverta' supera il 40 per cento del totale.
L’alto livello di povertà causa diversi drammi sociali.
Più di 5000 prostitute vivono in Bahir dar, secondo una ricerca condotta nel 2005, una “scelta” di vita dovuta all’assenza di alternative, alla difficile condizione in cui si trova la donna in Etiopia, agli abusi subiti, all’inevitabile precoce abbandono della scuola, a una gravidanza non pianificata, alla necessità di mangiare e alla velocità del guadagno.
Chi per nascita, chi a causa della malnutrizione, chi per un incidente, chi a causa di una malattia, sono 2781 i disabili che abitano la città di questi 1226 sono donne e i rimanenti 1555 sono maschi . Le strutture che se ne occupano sono praticamente inesistenti. Dalla famiglia rifiutati, dalla società esclusi, l’unico rifugio che trovano è la strada e l’unica possibilità di sopravvivenza l’elemosina.
La città è la casa di troppi bambini orfani e abbandonati, secondo una ricerca condotta dal Ministero del lavoro e degli affari sociali in collaborazione con “Save the children”, sono 11,405 i figli della strada. Ma anche in questo caso mancano le strutture adeguate all’assistenza.
Il numero di anziani soli e malati che affollano le vie della città è anche’esso molto alto, secondo uno studio del 2005, raggiungerebbe le 19.600 unità.
Un caso esclusivo di Bahir dar è la presenza della comunità Woyto, un gruppo altamente vulnerabile date le sue condizioni di vita: la maggior parte dei componenti della comunità è analfabeta e una delle poche attività condotte è la lavorazione del papiro; il livello sanitario è molto basso, sono sprovvisti di sistema adeguato di purificazione e fornitura di acqua e pure di un impianto elettrico che rifornisca le varie abitazioni. L’HIV/AIDS è un problema molto grave tra questa gente, perché date le loro abitudini, ha avuto una veloce diffusione. Una pratica diffusa nella comunità è quella di sposarsi con più mogli o mariti contemporaneamente o divorziare ripetutamente, e avere innumerevoli partner sessuali. La pratica dei matrimoni precoci è un'altra consuetudine dannosa: le figlie femmine sono date in sposa in tenera età a persone sconosciute, senza un precedente esame del sangue di controllo.
Questo il quadro di Bahir dar disegnato dall’Istituto federale di pianificazione urbana e dall’Amministrazione cittadina.
Ma quale l’obiettivo? “Attraverso ingenti investimenti e lo sviluppo del turismo, Bahir dar potrà diventare un più confortevole habitat per vivere e lavorare, così da diventare un modello e un’attrattiva rispetto a tutta l’Africa, e anche un forte centro amministrativo”, Primaria è l’attenzione allo sviluppo economico e amministrativo della città, mentre la modernizzazione delle infrastrutture è centrale per renderla agibile e confortevole, come meta turistica date le sue bellezze naturali e culturali.
I gruppi vulnerabili di qui si è tenuto conto, sono, infatti, i nei di una città perfetta, gli abitanti della strada, il segno evidente della povertà e dell’arretratezza.
Crescita intesa come acquisto di importanza e prestigio, progresso inteso come economico e turistico. Ma per raggiungere uno sviluppo definibile tale è essenziale anche preoccuparsi della trasformazione sociale e culturale di un paese, è importante dare attenzione alla crescita umana, al rispetto dei diritti, al livello dei servizi sociali. Nella lista delle 33 questioni problematiche di Bahir dar, l’HIV/AIDS risultava essere al quarto posto, ma non è stata poi inclusa nella valutazione finale riguardante le aree prioritarie per il Bahir dar Integrated Development Plan. Come pure la salute che risultava essere al quinto posto e l’educazione al decimo.

Laura Andena
Servizio Civile Etiopia

martedì 7 luglio 2009

Il diritto di correre dietro a un pallone


East Gojjam/ “Beruh-tesfa” Orphan Association



È quasi tutto pronto, le tavole attendono i vassoi con il cibo, le bevande sono già state servite e si aspetta solo qualche ritardatario in questa domenica di festa e condivisione, organizzata dalla “Beruh-tesfa” (letteralmente “futuro luminoso”), associazione di bambini orfani creata qui a Debre Markos (East Gojjam Zone, Etiopia) dal CVM, che la sostiene economicamente e ne dirige e organizza tutte le attività, da quelle ricreative ai corsi di formazione, dal supporto scolastico alle campagne di sensibilizzazione sull'HIV/AIDS.
C'è chi, soprattutto le fanciulle, si dà da fare per preparare l'injera, pietanza tipica, e chi invece si dedica alla “cerimonia del caffè”. Nel frattempo, accanto a me, si è seduto il piccolo Abiy, 12 anni, della cui passione vengo presto a sapere: “È bello essere qui con tutti i miei amici. Insieme facciamo tante cose: organizziamo spettacoli, recite e poi giochiamo a calcio, che è ciò che preferisco.” Un'idea che il piccolo Abiy condivide con tanti altri, visto che le attività sportive promosse dal CVM nell'East Gojjam coinvolgono 450 bambini e ragazzi, maschi e femmine e non solo orfani, provenienti dalle woreda di Debre Markos ed Enemay.
Calcio, pallavolo e gare di velocità sono gli sport più gettonati e i tornei organizzati in estate rappresentano il momento clou per tutti questi giovani, vinca la squadra della “Beruh-tesfa”, quella di una kebele (come dire “quartiere”) di Debre Markos o quella dei ragazzini dello “Sheltering Program”, cui il CVM dà alloggio temporaneo, poiché, a differenza degli orfani della “Beruh-tesfa”, questi bambini di strada non hanno parenti in zona che li possano ospitare. Ai palloni, alle divise, ai premi e a tutto l'occorrente per le competizioni provvede l'Ong marchigiana, assieme ai suoi partner, in primis l'Ufficio di Woreda per lo Sport e le Attività Giovanili. Tutte le persone coinvolte in tali eventi credono nello sport quale veicolo di sensibilizzazione, informazione e mobilizzazione, utile a trasmettere messaggi importanti, tra i ragazzi e pure al pubblico, soprattutto per quanto riguarda la lotta all'AIDS, come prevenirla e starne lontani. Inoltre, avvicinando i giovani alla sana competizione, li si allontana da pericolosi e insani passatempi, spesso collegati a criminalità e malattie. L'attività fisica, in genere, è da sempre mezzo per sviluppare il proprio corpo e la propria mente. Il CVM lo sa bene e dà a questi bambini e ragazzi l'opportunità di divertirsi e stare insieme, condividendo esperienze, insegnamenti e pensieri.

Simone Accattoli

mercoledì 1 luglio 2009

Conferenza Regionale HIV/AIDS: Bahir Dar - Etiopia

C'è anche il CVM (Comunità Volontari per il Mondo) tra i protagonisti, in Etiopia, della prima Conferenza Regionale sulle Risposte alla Problematica HIV/AIDS in Amhara, evento in realtà a valenza nazionale e di respiro internazionale, vista la platea dei partecipanti, iniziativa che ha luogo dal 22 al 24 giugno a Bahir Dar, città capoluogo proprio della regione più colpita dalla tremenda pandemia, nell'ambito di una nazione già di per sé ai primissimi posti nella triste graduatoria mondiale sulla diffusione del virus dell'immunodeficienza umana.
E proprio con un'esaustiva presentazione del quadro generale relativo alla diffusione dell'HIV/AIDS e della strategie messe in atto per far fronte alla pandemia si apre il convegno, non prima però della solenne inaugurazione, con tanto di bandiere, canti e costumi tradizionali, alla presenza del rappresentante per l'Etiopia delle Nazioni Unite, del responsabile US-AID e del Presidente della Regione Amhara, Ayalew Gobezie, che passa in visita tutti gli stand allestiti nella hall del Mulualem Cultural Center, tra cui quello del CVM, che si trova a giocare un ruolo di primo piano nell'occasione, al fianco di “giganti” del mondo della cooperazione internazionale, quali US-AID, Unicef, Hi-Tech, la tedesca GTZ e DKT (attiva con un ampio progetto di sensibilizzazione sull'uso del preservativo), assieme ad altre associazioni autoctone (vedi PLWHA's Associations, presenti con bancarelle recanti i prodotti delle loro IGA) e ovviamente agli organi governativi impegnati nella dura lotta all'AIDS, su tutti l'HAPCC, promotore ed organizzatore, assieme all'ufficio regionale del CVM, di tale iniziativa, resa possibile dai fondi di Unicef Etiopia e Population Council.
Ai discorsi d'apertura tenuti dalle succitate personalità convenute e alla presentazione generale, con tanto di dati e riferimenti statistici, effettuata da Ato Getaneh, Presidente dell'HAPCC, fanno seguito gli interventi di due ricercatori, Matthew Greenall ed il professor Yemaneh, i cui studi analizzano il generale stato dei programmi di prevenzione finora implementati nell'area d'interesse, evidenziandone caratteristiche, risultati e gap. Già dalla prima mattinata, insomma, emerge con evidenza la ragion d'essere di tale convention, cui prendono parte oltre 400 tra alte cariche governative e rappresentanti del mondo delle Ong e della cooperazione internazionale, vale a dire il discutere e fare il punto sui risultati ottenuti dal lavoro fin qui svolto nella battaglia contro l'HIV/AIDS, raccogliendo testimonianze ed esperienze e presentendo gli ultimi studi e ricerche effettuate sul tema, utili ad indirizzare nuove strategie condivise.
Tra le testimonianze rese pubbliche dinnanzi all'ampia platea, spiccano quelle di membri di associazioni di persone sieropositive e di prostitute, categoria quest'ultima indicata fin da principio quale “cuore” della questione, tanto da veder su di sé focalizzata l'apertura del programma pomeridiano, attraverso uno studio incentrato sulla situazione e le pratiche sessuali diffuse nei locali notturni e nelle alcohol house di tre cittadine di East e West Gojjam, analisi alla quale si affianca una simile con oggetto coloro che lavorano come donne di servizio a Bahir Dar, risultate mediamente non del tutto consapevoli dei rischi cui vanno quotidianamente incontro, in considerazione degli abusi sessuali di cui sono spesso vittime. A tali presentazioni, si allacciano poi gli interventi sull'uso del preservativo quale metodo di prevenzione da malattie sessualmente trasmissibili, in primis l'AIDS: da una ricerca realizzata da PSI (Population Services International) Ethiopia, risulta che in Amhara solo il 35,9 % tra le donne e il 74,9 % tra gli uomini è a conoscenza di ciò. Contestualmente, viene presentato il “Comprehensive Condom Programming”, progetto targato UNFPA. Dal focus di genere, che vede tappe importanti nell'intervento del professor Semegnew, di IntraHealth Ethiopia, riguardante i Gruppi di Sostegno Madre-a-Madre (MSG), e in una generale valutazione sull'implementazione, a livello regionale, dei programmi di PMTCT (Prevenzione della Trasmissione da Madre a Bambino), l'argomento si sposta sulle strategie mediatiche attuate e da potenziare nella lotta alla pandemia: si va dal bell'esempio dell'Education Media Center di Gonder, attivo con gruppi di radio ascolto e specifici programmi scolastici per giovani e bambini, fino ad un'interessante presentazione dell'operato della Lambadina Foundation, iniziativa dell'EVMPA (Ethiopian Volunteer Media Professionals against AIDS), un gruppo di giornalisti professionisti unitisi allo scopo di pianificare ed attuare metodi per combattere l'AIDS all'interno del proprio settore di competenza, sfruttando cioè i canali a loro disposizione.
Il tema della comunicazione è presente anche nel secondo giorno della conferenza, attraverso la presentazione di un progetto dell'Università di Bahir Dar, che intende sfruttare la larga diffusione dei telefoni cellulari, in particolare dell'uso di SMS, tra studenti e giovani in genere per attuare campagne di sensibilizzazione ed informazione sulla questione HIV/AIDS. Mondo universitario che risulta mobilitato anche mediante un'iniziativa denominata “Campus Life Program”, che ha quale target specifico gli studenti e come obiettivo generale il ridurre la loro vulnerabilità al rischio di trasmissione del virus, non solo grazie alla distribuzione di materiale informativo, ma anche attraverso la disponibilità di strutture ed opportunità d'aggregazione, che portino il più lontano possibile dalla frequentazione di ambienti malsani e da pratiche quali l'(ab)uso di alcool e chat. Quella sull'abuso di alcool e chat, tanto diffusi a varie età e livelli della società, è una delle tematiche che più accendono gli animi e fanno discutere la platea presente, al momento delle domande aperte, tanto che il rappresentante dell'Addis Continental Institute of Public Health, subito dopo aver presentato un approfondito studio al riguardo, si trova costretto a mediare di fronte agli interventi in difesa dell'uso di chat, affermando che il problema non sta tanto nelle sostanze in sé, quanto piuttosto nell'abuso che spesso se ne fa, portando questo alla perdita di controllo e a condotte comportamentali sregolate. Grosso modo stessa vivacità di dibattito e ancora maggior scalpore provocano, poco dopo, i risultati di uno studio riguardante la pratica dell'early marriage (matrimonio precoce), condotto da Population Council e presentato dal Direttore Paese dell'Ong americana, Annabel S. Erulkar, la quale, di lì a poco, sosterrà con forza la veridicità di quanto esplicato, citando le fonti di ricerca, soprattutto in relazione al dato che provoca un moto di sdegno nella platea: la Regione Amhara farebbe registrare un tasso di divorzi tra i più alti nei Paesi africani (e non solo), questo a causa dei tanti matrimoni combinati e nonostante la forte presenza ed influenza della Chiesa Ortodossa sulla vita della popolazione. All'argomento religione si dedica precipuamente il Dr. Tekle-Ab Mekbib, anch'egli di Population Council, il quale spiega in cosa consiste la “Developmental Bible”, sorta di manuale atto a mobilitare il clero ortodosso nei progetti di sviluppo sociale e sanitario.
Attraverso i concetti di mainstreaming e leadership si arriva così al programma pomeridiano, che prevede, fra l'altro, il momento del CVM/APA. Esattamente alla questione della leadership si collega l'intervento di Ato Getachew Kassa, Rappresentante Paese dell'Ong marchigiana, il quale, dopo aver sommariamente trattato il profilo, la storia e l'impegno del CVM, attivo in Amhara, nel campo dell'HIV/AIDS, da 15 anni, assieme ad APA (AIDS Partnership for Africa), si focalizza sul ruolo che lo stesso CVM ha giocato, nel corso degli anni, nel sensibilizzare gli apparati governativi sul tema AIDS e nell'indirizzare gli stessi leader politici, ad ogni livello, verso un concreto impegno, che ha visto la propria maggiore attuazione nel 2000 con l'istituzione, dall'ambito regionale fino a quello di kebele, dell'HAPCC (HIV/AIDS Prevention and Control Council), l'ente appositamente creato dal Governo per far fronte alla terribile pandemia. In particolare, le attività messe in evidenza dalla presentazione vanno dall'advocacy alla cosiddetta opera di capacity building, da realizzarsi attraverso corsi di formazione, workshop e meeting, a vari livelli, da quello regionale a quello di kebele, passando per zone e woreda, senza trascurare ovviamente la pubblicazione e la distribuzione di materiale informativo, vedi la newsletter “Together”, presente anche negli uffici amministrativi e di vari enti governativi. Tale impegno del CVM/APA ha visto, quali risultati, la creazione di enti ed eventi all'uopo e più in generale una crescita nell'impegno della classe politica su più fronti, da quello dell'immagine e dell'esempio personale, come nelle campagne di promozione dei servizi di VCT (Test e Consulta Volontari), ART e PMTCT, fino alla più concreta decisione di allocare il 2% delle risorse finanziarie di ogni settore governativo alla lotta contro l'AIDS. Meriti questi, che Ato Getachew indirettamente ascrive alle alte cariche governative presenti, senza tralasciare però i gap ed i limiti ancora da superare nell'ambito della leadership, vedi l'incapacità di alcuni amministratori di woreda e kebele nel gestire e coordinare i programmi di prevenzione e controllo dell'HIV/AIDS oppure l'inadeguato sistema di scambio di informazioni e documentazione tra i vari livelli amministrativi. Da ciò anche una valutazione sulle strategie da implementare nello specifico ambito, vedi una migliore preparazione e formazione dei leader a livello locale sull'argomento. In definitiva, si tratta di una presentazione che, in neanche mezz'ora, non può certo dare l'idea di tutto quanto fatto dal CVM in questi 15 anni nella battaglia contro l'HIV/AIDS: solo per citare le occasioni in cui l'Ong con sede legale ad Ancona è stata in grado di anticipare persino i “giganti” della cooperazione internazionale, il CVM è stata la prima Ong a stabilire in Amhara una banca del sangue, la prima ad organizzare e attuare TOTs (Training Of Trainers), ovvero corsi di formazione per futuri formatori nell'ambito dell'educazione ai temi dell'HIV/AIDS, la prima a collaborare strettamente nell'ambito con gli organi governativi e ancora la prima nella graduatoria di materiale informativo distribuito nella regione, dove circa l'85% di pubblicazioni IEC (Informazione Educazione Comunicazione) risulta marcato CVM. É dando un'occhiata proprio alle brochure, ai pamphlet e alle newsletter, che costellano lo stand dell'Ong, che si riesce ad avere una certa, pur parziale, idea di tutto il lavoro da essa fatto a partire dal 1994, della filosofia che l'ha spinta ad agire per lo “sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini” nel corso di 30 anni, da quando cioè ha iniziato ad operare in Etiopia con progetti di approvvigionamento idrico.
Il meeting va poi avanti tra la discussione su di una specifica strategia, vedi la Community Conversation o le cosiddette IGA (Attività Generatrici di Reddito), e la presentazione dell'operato di una particolare organizzazione, vedi l'OSSA o gli interessanti interventi a carattere prettamente medico e scientifico da parte dei rappresentanti di Hi-Tech, il cui Direttore Clinico, Getachew Feleke, si sofferma in particolare sull'utilizzo dei servizi ART (Terapie Anti-Retrovirali). Dopo la spiegazione dedicata alla prevenzione nei luoghi di lavoro, larga parte hanno gli interventi “targati” US-AID, riguardanti i progetti e le strategie atte a coniugare e porre in sinergia il settore medico pubblico e privato ed organizzare il sistema farmaceutico andando incontro alle esigenze della popolazione.
La terza giornata include solo la mattinata, nella quale, dopo alcune ultime presentazioni (da parte, ad esempio, di SCMS e UNFPA), con un occhio di riguardo ad orfani e bambini di strada, figli spesso della pandemia e delle sue conseguenze, il palcoscenico viene lasciato agli interventi conclusivi delle maggiori personalità presenti, vedi il rappresentante per l'Etiopia delle Nazioni Unite, il delegato di US-AID e ovviamente Ato Getaneh, Presidente dell'HAPCC, che ringrazia tutti i partecipanti e presenti al grande evento, auspicando che esso sia stato utile ad acquisire conoscenze e consapevolezza, come pure a gettare le basi per nuove e ulteriori strategie nella grande battaglia che ancora attende tutti gli enti e soggetti interessati. Un aspetto comune, infatti, emerge dagli interventi conclusivi: nella lotta al nemico comune chiamato HIV/AIDS, molto è stato fatto finora, ma moltissimo deve ancora essere fatto, tanto dagli enti governativi quanto dalle organizzazioni non governative, associazioni e società civile, in uno sforzo comune ed in base ad un approccio davvero multisettoriale.
E alla fine, le fiaccole in mano a tutti i convenuti, alte cariche governative e rappresentanti di associazioni di sieropositivi, delegati di importanti Ong e studenti, giornalisti e semplici curiosi, rappresentano una unione d'intenti, che si spera possa dare frutti concreti laddove il nemico AIDS ancora prospera, là, fuori dalle mura della grande sale del convegno, e non rimanere una mera presentazione in Power Point.

Simone Accattoli