giovedì 8 gennaio 2009
Francesca Gritti dalla Tanzania: ELIZABETH, UN ESEMPIO DI VOLONTARIATO AFRICANO
Solitamente quando si pensa alla parola volontario riferita al contesto africano la prima immagine che si palesa nella nostra mente è quella del giovane europeo che decide di dedicare quelli che molti chiamano i migliori anni della propria vita alla causa della cooperazione internazionale. Oppure è facile immaginare preti e suore che hanno dedicano la propria intera esistenza ad assistere e sostenere i più poveri. Infine si può pensare ai pensionati, che alla fine di una carriera lavorativa vissuta nel Nord del Mondo, decidono di dedicare parte del loro tempo libero al volontariato. Sono tutti esempi nobilissimi e degni di stima e considerazione, ma forse considerando solamente queste persone si tralascia di menzionare i più eccezionali dei volontari: quelli africani, poveri fra i poveri che rinunciano alle poche certezze che hanno per cercare di fornire un’esistenza migliore ai propri paesani.
In questi giorni ho avuto la fortuna di conoscere una straordinaria volontaria tanzaniana e vorrei presentarvela, al fine di farvi conoscere una donna che mi ha letteralmente conquistato e che sono sicura farà innamorare anche voi.
Il suo nome è Elizabeth Mwaipaya, ha cinquanta anni ed è una di quelle donnone africane che ti verrebbe voglia di abbracciare fino a consumarla. Ha un viso radioso e uno sguardo tenerissimo, un modo di parlare pacato ma deciso e tante idee per la testa. E’ originaria di Mbeya, una città nel sud della Tanzania dove fino a qualche anno fa faceva l’insegnante. Il suo interesse per il volontariato è nato proprio lì, grazie alla collaborazione con la Chiesa Luterana. Il suo amore per il prossimo l’ha portata a lasciare il lavoro, perdendo la sua unica fonte certa di reddito, per dedicarsi al volontariato a tempo pieno. In seguito, dal Sud s’è trasferita nella zona costiera della Nazione, da prima a Dar es Salaam ed ora a Bagamoyo, continuando la sua vita da volontaria. Attualmente lavora con un’associazione chiamata “Saving Tanzanian Youth” e si occupa di insegnare a gruppi di ragazze l’arte della sartoria. Il gruppo è ora formato da cinque ragazze, selezionate dai leader del villaggio da qui provengono. Il corso è gratuito, ha la durata di cinque o sei mesi ed alla fine le ragazze dovranno dedicare parte del proprio tempo ad insegnare ad altre ragazze. Si tratta di un progetto che fornisce educazione ed un futuro mestiere a queste adolescenti che, a loro volta, diventeranno volontarie insegnando ad altre giovani quanto da loro appreso.
Lavorano in un laboratorio nella parte vecchia di Bagamoyo, a pochi metri dal mercato del pesce, affacciato sulla strada che vide migliaia di schiavi camminare in catene verso ignote destinazioni. Pagano l’affitto del locale e comprano le stoffe con una percentuale dei guadagni ottenuti dalla vendita dei propri manufatti. Le ragazze lavorano sodo, ma non tutte hanno la costanza di portare a termine il corso. Su questo punto Elizabeth non si nasconde affatto, è sincera, come sempre, non vanta grandi risultati. Ammette nitidamente che alcune ragazze abbandonano il corso per i più svariati motivi: a volte si tratta di gravidanze o matrimoni precoci, altre volte le ragazze cercano professioni più remunerative, altre ancora si trasferimento in città. Elizabeth però è fiera delle proprie allieve, quelle che hanno concluso il corso ora hanno la propria macchina da cucire, un lavoro, delle entrate ed insegnano alle altre.
Elizabeth porta avanti anche un altro progetto relativo all’allevamento del pollame, lo fa in un piccolo villaggio del distretto di Bagamoyo, tentando di coinvolgere sempre più famiglie. Anche per questa attività ha incontrato difficoltà e molta diffidenza da parte della popolazione che non si capacita del fatto che questa donna faccia tutto ciò senza un secondo fine. Comunque lei non si arrende e la gente sta imparando a conoscerla e a fidarsi di lei.
Non è facile essere Elizabeth. Le giornate sono sempre molto intense, piccole e grandi battaglie da affrontare, nessuna certezza. Abita nel retrobottega del laboratorio di sartoria e per vivere vende uova, pane fatto in casa ed i prodotti che cuce. A volte però non basta e confessa di doversi recare da alcuni parenti a Dar es Salaam per chieder loro cibo o altri aiuti.
Elizabeth potrebbe vivere un’esistenza serena e tranquilla, avere la certezza di un seppur contenuto stipendio da insegnante ed invece ha optato per una vita da volontaria. Ha deciso di percorrere una strada difficile, ma la luce nei suoi occhi non lascia dubbi: ha fatto la scelta giusta.
Francesca Gritti
Volontaria in Servizio Civile, Tanzania
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