lunedì 19 dicembre 2011

E’ MESKEREM: PER MESKEL A MAKALLE’

 È Meskerem: per Meskel a Makalè. No, non è uno scioglilingua etiope ma sono rispettivamente  il mese di settembre, la festa della croce e una città del nord Etiopia. E sono anche le coordinate di un mio viaggio… 

 Martedì scorso qui era la vigilia di una festività, celebrata solo dagli ortodossi, per il ritrovamento della vera croce. Si dice  infatti  che  la  regina Elena, la moglie di Costantino, avesse voluto  la missione per  la ricerca della vera croce e che fu proprio lei, secondo la tradizione, a trovare il punto preciso in cui era sepolta. Qui ad Addis c’è la manifestazione più bella di tutta l’Etiopia proprio per questo evento.  Una  delle  piazze principali, chiamata proprio Meskel Square (la  piazza della  Croce),  la  sera  della  vigilia  ospita  una  grande rappresentazione fatta di danze e di sketch teatrali che ricordano il momento in cui la regina Elena partecipa al ritrovamento  della Croce.

 I balli e le rappresentazioni coreografiche sono davvero unici e spettacolari, vesti sgargianti e piramidi umane abbondano in tutti gli angoli  della  piazza,  al centro della quale viene creato un gigantesco rovo di legna ricoperta da erba, che, a vederlo da  lontano, sembrerebbe  il nostro albero di natale ma privo di ornamenti. Alla fine delle celebrazioni arriva  il Papa della Chiesa Ortodossa che con un cerimoniale appicca il fuoco alla pira a forma di croce. Spesso a questo rito seguono diverse feste nei quartieri con altrettanti piccoli roghi di croci in scala ridotta rispetto a quelli della piazza principale: di conseguenza, a tarda notte, Addis Abeba prende le somiglianze di una  cittadina  della  profonda  pianura  padana,  totalmente  avvolta  da  nebbia e fumi a tal punto che procedere con i taxi sgangherati tipici locali, già normalmente un’avventura, diventa così una vera e propria scommessa. 

 Questa festa, riconosciuta nazionalmente, sottolinea poi ancora di più la pluralità religiosa che caratterizza questo paese, infatti se già si notano con la marcata separazione tra le feste mussulmane (prima fra tutti la fine  del  Ramadan) e quelle  non, quest’occasione crea una ulteriore separazione  tra gli ortodossi e i protestanti. Io partecipo con curiosità ed interesse ad una di queste piccole feste organizzata da un gruppo di ortodossi residenti  in un grande condominio di un quartiere di Addis Abeba,  il condominio  in cui abita anche  la mia amica  Irmech  con  due  ragazze,  Aberash  e  la  “piccola” Mitu1; ognuno partecipa portando qualcosa, chi contribuisce con casse di bibite, chi con bottiglie di whisky, altri con dabbo o ambasha due diverse tipologie pane locale; ma il pezzo forte del menù, come nella maggior parte dei menù di festa è costituito dalla carne di pecora: siamo così tanti che noi di pecore per la serata ne abbiamo sei.


Marta Bonalumi
(Volontaria CVM - Etiopia)
 

mercoledì 7 dicembre 2011

Saluto

Quando arrivi e non sai ancora bene dove.
Quando il caldo asfissiante e la pioggia battente.
Quando il respiro affannato e la voglia di farcela.
Quando la confusione di un giorno al mercato.
Quando il sorriso di un ragazzino per la strada.
Quando l'abbraccio di una compagna di viaggio.
Quando il ricordo e il ritorno.
Quando il caffé, un volto, un incontro.
Quando provarci assieme.
Quando la speranza e il disincanto.

Quando tutto questo ha fine. E un'alba fragile. Altrove.


Simone

lunedì 5 dicembre 2011

Giovani tanzaniani in primo piano nella lotta all'HIV


1 Dicembre 2011 – Giornata Mondiale contro l’AIDS – dal 1988 si celebra la giornata contro una delle maggiori epidemie diffuse al mondo d’oggi, non solo nei paesi del Sud del mondo ma anche nel Nord, come testimoniano le percentuali in costante crescita, in particolar modo tra i giovani.
In Tanzania, sono proprio i ragazzi a costituire una delle fasce maggiormente esposte al contagio; diverse le cause: mancanza di educazione, disinformazione, scarse prospettive economiche una volta finita la scuola e di conseguenza limitata possibilità di proteggere se stessi e i propri diritti, in particolare per le ragazze. 

In occasione del World AIDS Day, numerose iniziative sono state organizzate nel Distretto di Bagamoyo per dare coraggio alle persone sieropositive che c’è ancora un futuro che li attende nonostante la malattia e per sensibilizzare la popolazione in generale sull’importanza di sottoporsi al test, conoscere lo status della propria salute e di non abbattersi di fronte all’AIDS perché non è motivo di vergogna e non è la fine della propria vita. Ad affermarlo le autorità del Distretto, della Ward, i rappresentati dell’associazione di persone sieropositive di Distretto, i bambini della scuola primaria, i gruppi artistici locali intervenuti durante la manifestazione organizzata a Talawanda, piccolo villaggio nell’ interno del Distretto quest’anno selezionato per la celebrazione del WAD a livello di Distretto.
Belle parole queste, ma ancora di difficile comprensione per la maggior parte della popolazione, povera, analfabeta, per cui l’unica aspirazione principale è conquistare un piatto di riso e fagioli a fine giornata. E poi lo stigma contro l’AIDS, ancora molto diffuso nelle comunità rurali, di certo non facilita la diffusione di informazioni: essere sieropositivo ha ancora un significato negativo, significa avere la vita rovinata, non avere speranza, significa morire. E questo è confermato dal fatto che alcuni villaggi non hanno dati ufficiali sul numero di persone che vivono con l’HIV, non di certo perché non ce ne siamo, quanto perché si nascondono, si vergognano della malattia e preferiscono viverla in segreto. 

La malattia può essere ancora motivo di abbandono da parte del proprio partner, da parte della propria famiglia, emarginazione da parte delle comunità in cui si vive. E per chi non ha le risorse economiche per pagarsi il trasporto per raggiungere il Centro di Salute più vicino o per chi vive in zone tanto isolate che raggiungere il dispensario più vicino significa camminare per metà o l’intera giornata, le prospettive di vita di riducono a zero.
Le persone che fanno parte dell’associazione di sieropositivi nata a livello di distretto nel 2006, sono per la maggior parte persone povere, che hanno avuto il coraggio di affrontare la malattia apertamente perché senza altre alternative, l’unica scelta possibile era vivere o lasciarsi andare. In questi mesi ho avuto occasione di collaborare con alcuni membri dell’associazione per la stesura di un progetto a loro favore, come parte del supporto che il CVM offre alle associazioni locali per crescere, potenziare le proprie capacità e rendersi economicamente indipendenti. E quello che mi ha stupito di più è la grande speranza che ripongono nel loro futuro, la forza di credere nell’ ‘insieme ce la possiamo fare’, nonostante le difficoltà, tra tutte la mancanza di educazione, di capacità specifiche e sufficienti risorse economiche per fornire un supporto concreto alle persone malate.

Ora tutti insieme costituiscono testimonianza vivente di speranza, dell’esistenza di una vita normale oltre la malattia.
E sono ancora gli ultimi, i marginalizzati, i più poveri che forniscono le più grandi lezioni di vita.
Uno tra tanti, Ally Mzee, 45 anni, vive a Saadani ed è sieropositivo. Ha contratto il virus attraverso la sua partner che non gli ha detto di essere affetta se non dopo aver visto i primi segni della sua malattia. Dopo un periodo di confusione, in cui aveva deciso di lasciarsi andare perché privo di speranze e in cui ha iniziato a vendere tutti i suoi beni perché senza risorse economiche, ha ritrovato la forza di tornare a vivere grazie ai figli che lo hanno aiutato moralmente ed economicamente. Ora è tornato a fare il pescatore, lavoro pesante ma che riesce a svolgere grazie al trattamento antiretrovirale. 

Vive serenamente la malattia, non si cura dello stigma che la comunità ancora manifesta contro le persone sieropositive e cerca di sensibilizzare i suoi colleghi di lavoro sui rischi e le conseguenze del virus. In questo momento in cui i grandi donatori, tra tutti il Fondo Mondiale per la Lotta contro l’AIDS, congelano i fondi a causa della crisi economica, è tremendamente importante unirsi a loro nella lotta contro questa malattia, affinché donne, bambini, uomini già affetti o in pericolo di contagio possano tornare ad avere una vita dignitosa.  


Valentina Romagnoletti (Volontaria CVM - Tanzania)
 

Due volti


Due volti: una ragazza sorridente, ancora giovane e spensierata; una donna adulta, dall’espressione triste, segnata in viso dall’età e dalla fatica. Due facce della stessa medaglia, della donna africana, ed espressione del cambiamento che avviene di frequente dopo il matrimonio: il passaggio da donna a sposa è spesso accompagnato dall’assunzione di un enorme carico di lavoro necessario per svolgere il ruolo di principale responsabile della famiglia, della cura dei figli e dell’ambiente familiare. Pregiudizi, usanze e costumi locali rappresentano ancora la donna come moglie e madre e l’uomo come figura forte all’interno della coppia, fonte di decisioni e ordini da rispettare.

Questa immagine per riassumere la condizione della donna in Africa e per indicare qual è la strada per proseguire verso il pieno riconoscimento dei diritti delle donne, affinché esse possano gioire della loro vita matrimoniale. “L’essere forti, capaci di difendere i propri diritti e tenaci nel combattere contro le violenze e le discriminazioni subite”… Questo il sentiero che suggerisce Christina Mwita, facilitatrice del primo seminario rivolto a 16 coppie sposate nelle Ward di Dunda e Magomeni, Distretto di Bagamoyo. L’attività, che rientra nel progetto DADA – Donne Attive e Diritti per tutti Adesso – finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, sarà svolta nei prossimi mesi in tutte le Ward del Distretto di Bagamoyo e mira ad analizzare i rapporti di genere nell’ambito della coppia e facilitare il dibattito tra i partecipanti su diversi temi: diritti delle donne e dei bambini, divisione delle responsabilità/ruoli all’interno della coppia, relazione genitore-figlio, violenza di genere, il problema del sesso e delle gravidanze in età precoce, prevenzione e controllo dell’HIV.

Il seminario rappresenta un’occasione di incontro per discutere tali questioni affinché i partecipanti siano in grado di farsi portavoce all’interno delle comunità in cui vivono dell’importanza del rispetto tra i coniugi, dei propri figli, delle donne e dei bambini in generale.  


Valentina Romagnoletti (Volontaria CVM - Tanzania)
 

World AIDS Day a Bagamoyo


1 Dicembre 2011, Mercato del pesce di Bagamoyo. Qualche barca giunge a riva, i pescatori saltano giù e le spingono fino alla spiaggia. Altri gettano in mare le taniche gialle piene di olio proveniente da Zanzibar e, dopo averle legate l’una con l’altra, le trascinano fino al punto di carico. Le donne stanno sotto capanne dal tetto di lamiera a pulire e friggere pesce. Il via vai di persone è continuo, come tutti i giorni, ma oggi chi passa per il mercato si ferma a leggere il cartello che li avvisa che è possibile ricevere un servizio di VCT gratuitamente. VCT sta per Voluntary Counseling and Testing ed è un servizio a disposizione di coloro che volontariamente decidono di sottoporsi al test dell’HIV ricevendo una doppia sessione informativa, una prima e una dopo il test dell’HIV. 

 1 Dicembre 2011 è la Giornata Mondiale dell’HIV/AIDS e CVM, in collaborazione con l’Ospedale di Distretto, ha deciso di portare il servizio in mezzo alla gente. Questo è solo 1 dei 32 eventi che CVM ha sostenuto quest’anno. La scelta di avvicinare il VCT ai pescatori non è casuale. Secondo recenti dati forniti dalla FAO, il tasso di diffusione dell’HIV/AIDS nei villaggi di pescatori è dalle 5 alle 10 volte più elevato rispetto a quello registrato nei villaggi rurali a causa dell’alta mobilità dei pescatori, degli orari di lavoro, dei guadagni insufficienti e del difficile accesso alle informazioni e a servizi sanitari. Il tasso di diffusione dell’HIV sembra essere ancora più elevato tra le donne che lavorano nei villaggi costieri a causa della loro posizione economico e sociale. Nonostante ciò, le comunità di pescatori non rientrano tra le priorità di molte campagne nazionali di sensibilizzazione sull’HIV e/o di interventi di istituzioni o organizzazioni internazionali. 

Ma oggi, al mercato del pesce, tanti dopo aver letto il cartello hanno deciso di parlare con la dottoressa e sottoporsi al test, tanti, soprattutto ragazzi tra i 16 ai 30 anni, hanno voluto sapere e non hanno avuto paura di essere giudicati dagli altri e stigmatizzati come sieropositivi. C’è chi ha saputo e voluto cogliere questa opportunità e chi invece ha preferito non fermarsi, ha preferito non sapere, ma non ha potuto non vedere chi invece il test lo ha voluto fare, diventando testimone inconsapevole di cambiamento. Cambiamento necessario per “Arrivare a Zero” -  Zero nuove infezioni, zero discriminazioni, zero morti AIDS-correlate. 


Daniela Biocca (Volontaria CVM - Tanzania)

giovedì 1 dicembre 2011

Le tante "Mujaba" nella Giornata Mondiale contro l'AIDS


 Mentre un’altra Giornata Mondiale contro l’AIDS si sta celebrando in tutto l’emisfero, i nostri operatori qui a Bagamoyo, in Tanzania, sono con le comunità rurali per promuovere e diffondere il servizio mobile di test e consulta volontari per l’HIV, laddove non ancora presenti.
 Centinaia di migliaia di uomini e donne africani sono ancora troppo lontani e non raggiunti da questi vitali servizi, come succede alle comunità del Distretto di Bagamoyo, nonostante la cittadina disti solo 70 Km dalla capitale  Dar es Salaam.

 La signora Mujaba, lei stessa affetta da HIV e parte dello staff CVM qui a Bagamoyo, sta accompagnando le persone sieropositive di un villaggio in un percorso che le porterà a parlare apertamente e senza vergogna del proprio stato, vivendo in maniera positiva la propria condizione: finora, oltre 800 sieropositivi nel distretto hanno formato ed informato altre persone sui temi dell’AIDS, rendendosi attivi nell’opera di prevenzione del virus. In ogni villaggio si è creata un’associazione di persone positive all’HIV, che hanno come riferimento Mujaba.  

 Ovunque, anche qui a Bagamoyo, si sta celebrando la Giornata Mondiale contro l’AIDS ed il nostro team è accanto alle comunità e alle famiglie del posto, per porre l’attenzione sui temi relativi alla prevenzione, al trattamento e all’utilizzo del test per l’HIV. Questo perché bisogna continuare l’attività di prevenzione per le milioni di persone, soprattutto giovani, all’interno dei nostri programmi CVM / APA (AIDS Partnership for Africa) in Tanzania e in Etiopia.

 Mujaba è una donna dalla grande forza e può facilmente assistere altre persone sieropositive ed aiutarle a vivere bene il proprio stato all’interno delle proprie comunità, a non aver paura e ad essere in prima linea nella battaglia per la sensibilizzazione e l’informazione sul tema, passaggi obbligati nei progetti di prevenzione e controllo dell’AIDS. Mujaba stessa ha un figlio e, grazie al suo lavoro per APA e alla disponibilità di farmaci anti-retrovirali, può mandarlo all’Università.

 Mujaba, come milioni di donne africane, è al centro delle conseguenze della pandemia: esse possono essere infette e allo stesso tempo assistenti e curatrici, sono le più esposte ed in prima linea nella battaglia contro lo “stigma” e la discriminazione che da sempre accompagnano lo stato di sieropositività. Senza di loro e senza il loro coraggio, la loro forza, l’Africa non sarebbe dove è ora nell’attività di prevenzione del virus. Sono loro ad aver pagato il prezzo più alto, soffrendo in silenzio nelle famiglie e nelle comunità. Sono le organizzazioni come CVM ed APA ad aver cambiato le loro vite, dando loro ancora speranza e rendendole figure chiave nella lotta alla malattia, con il coraggio e la forza che contraddistinguono la donna africana.

 Uniamoci, dunque, a Mujaba e alle milioni di donne dei programmi CVM / APA di prevenzione AIDS. E prendiamo un pizzico del loro coraggio per fare il possibile e sostenere le tante “Mujaba” presenti in ogni villaggio africano, autentiche eroine nella lotta al terribile virus.

INSIEME POSSIAMO… FARE LA DIFFERENZA


Marian Lambert
(Coordinatrice Progetti CVM / APA)