martedì 26 agosto 2014

Di casa in casa, di sogno in sogno

La prima volta che entrai nel compound dell’ufficio del CVM a Debre Tabor quasi non la notai – complice forse la struttura minuta e quella sua timidezza reverenziale – tanto ero curioso ed emozionato di visitare il sobrio ma accogliente edificio che da lì in avanti avrei imparato a chiamare birò, o semplicemente office. Non credo se la sia presa, ma ciò non mi consola.

Tiruwork Mesfin ha 25 anni, professione yebet serategna, in inglese cleaner o housemaid. Lo sguardo luccicante, copertina di un volto vissuto, trasmette una semplice bellezza, e la confonde con il timore di mostrarla. Vive da dieci anni a Debre Tabor, ma è nata in una provincia rurale, distante qualche decina di kilometri. Città e campagna sono strettamente collegate in questo angolo di mondo, vivono in una simbiosi millenaria e si nutrono l’una dell’altra. Tiruwork fu una delle tante a decidere di migrare, di abbandonare quel pezzo di terra che per molti lunghi anni aveva chiamato casa.

Prima di quattro figli, fin da bambina aiutava la madre a trasportare i prodotti al mercato. Quei pochi birr (moneta locale) costituivano l’unica fonte di reddito per la famiglia. E non bastavano: non per la scuola, non per i vestiti. Alla morte del padre, Tiruwork aveva 10 anni, nessuna istruzione, qualche straccio, pochi amici e tre fratelli da mantenere. Viveva là dove il mondo finisce, dove uomini e donne perlopiù passano, piccoli e insignificanti tra imponenti montagne e sconfinate verdi distese. Le sole cose che conosceva allora erano i prezzi del mercato del sabato; sapeva che il giorno si alterna alla notte, le piogge al sole, che gli animali non hanno pensieri e che qualcuno più in là poteva ciò che voleva. Fu così che la ragazza divenne moglie, e senza volerlo Tiruwork si ritrovò donna, sposata ad una promessa di futuro.

Arrivare a Debre Tabor a 15 anni non è semplice, non lo è lasciare la madre e i fratelli. Fu l’orgoglio, o il dolore delle ferite, profonde sul corpo fragile, o forse il coraggio di inseguire il mondo, di correre la propria vita e di scegliere la scelta. In cerca di lavoro, Tiruwork si rivolse alle poche amiche in città da più tempo di lei, che la indirizzarono da una famiglia benestante. Il fatto di avere vitto e alloggio sembrò un’opzione allettante per la ragazza, che del resto non aveva doti professionali oltre a quelle di casalinga. La sistemazione avrebbe dovuto essere provvisoria, ma finì col durare tre anni, durante i quali Tiruwork non vide alcuna retribuzione per i suoi servigi.

In Etiopia la legge non riconosce le housemaids come lavoratrici; di conseguenza l’Ufficio del Lavoro e degli Affari Sociali non ha mai stilato un contratto per esse. Così, resta a discrezione del padrone decidere le mansioni, le ore settimanali, la presenza o meno di una retribuzione. Nel migliore dei casi l’impiegata può strappare un “contratto orale” (in italiano suona quasi come una contraddizione in termini), cioè un accordo di massima tra le parti. Il CVM si batte da diversi anni per restituire dignità alle molte donne, troppe, che per pochi birr sono costrette a qualunque tipo di attività la famiglia disponga. Tiruwork si considera fortunata perché nonostante le difficili condizioni, il padrone le permise di frequentare la scuola serale, la cui tassa era inizialmente di 23 birr mensili, poi negli anni salita a 50 (circa 2 euro). Grazie ai suoi sforzi ora Tiruwork ha conseguito il grado 10, corrispondente alla fine del liceo.

In seguito, sotto consiglio di un’amica, la diciottenne decise di lasciare la famiglia, per ricominciare da capo, per trovare un’altra casa. Oggi Tiruwork lavora come inserviente part time in quattro diverse case, per una media di 4 ore giornaliere. In più, lava vestiti per alcuni conoscenti e cucina l’injera (pane locale) che poi consegna a diversi rivenditori.

Da cinque anni Tiruwork cura la contabilità di Tesfa Hiwot (Speranza di vita), l’associazione delle housemaids di Debre Tabor, fondata con l’aiuto del CVM. Ad oggi sono 108 le donne che periodicamente si incontrano per discutere, promuovere l’educazione delle più giovani, seguire training sulla prevenzione dell’HIV, amministrare collettivamente una copisteria per risparmiare del denaro da destinare ai membri più bisognosi. L’associazione ha come obiettivo ultimo quello di restituire dignità alle lavoratrici domestiche, ottenere un contratto scritto con un salario minimo garantito dal governo regionale, fermare il flusso di donne migranti verso i paesi arabi.

Tiruwork è coinvolta nelle attività dell’associazione in ogni momento che trova. Quel che le avanza lo dedica agli altri, consapevole che l’unità e la solidarietà sono le sole armi a disposizione di chi non ha nulla. In futuro vuole smettere di sognare, vuole avere una propria famiglia e una casa. Questa volta tutta per lei. E spera di poter un giorno regalare ai suoi figli la giovinezza che lei non ha vissuto.



Simone Franceschi
Volontario Servizio Civile in Etiopia



martedì 5 agosto 2014

Quando il pensiero non basta...

Biruh Tesfa (dall’amharico “futuro luminoso”) è un’associazione di bambini poveri ed orfani con sede a Debre Markos, in Etiopia, nata con lo scopo di aiutare questi bambini a crearsi un avvenire migliore, ad affrontare e conoscere i problemi e i rischi della vita, a ridare loro una speranza e fornire quel supporto senza il quale molti rimarrebbero a vivere per strada. Le attività che porta avanti sono: ricongiungimento familiare dei bambini di strada insieme a CVM, sostegno scolastico, formazione, attività sportive e ricreative, microcredito.

Portare avanti queste attività non è sempre facile, spesso infatti non ci sono i fondi necessari per farlo e può capitare che i volontari si trovino in difficoltà. In particolare, Giovanna e Sara – volontarie SVE – ci hanno recentemente fornito un breve resoconto sulle attività che stanno seguendo proprio a Debre Markos, in collaborazione con CVM:

"Da alcune settimane siamo entrate in contatto con gruppo di street children che lavorano intorno alla zona dell'ufficio di Biruh Tesfa. Uno di loro ci ha chiesto di tornare a casa e l'abbiamo riportato al suo villaggio; ora, con la collaborazione dello staff CVM e di alcuni membri di Biruh Tesfa, stiamo monitorando la situazione per far sì che il ricongiungimento familiare vada a buon fine. Per quanto riguarda gli altri ragazzi la situazione è più complicata, quindi per il momento non è possibile pensare al loro ritorno in famiglia.In questo periodo fa parecchio freddo, piove sempre e loro sono in strada giorno e notte senza riparo né vestiti adatti. Così ci siamo informati sull'esistenza o meno di una struttura temporanea a Debre Markos ma per il momento, purtroppo, non ci sono strutture di questo tipo. Ne abbiamo parlato con Geremow (Responsabile CVM del Progetto a Debre Markos), con il Child Expert  (Women and Children Office – Ufficio Donne e Bambini) e con le autorità locali e abbiamo deciso di costruire una struttura temporanea in lamiera per ospitare i ragazzi durante la notte. La polizia ci ha dato il suo appoggio e ci ha offerto uno spazio utilizzabile nell'area dei loro offici. Purtroppo, non abbiamo denaro a sufficienza per comprare la lamiera, ma abbiamo deciso di contribuire personalmente per i costi di costruzione che si aggirano intorno ai 10,000 Birr (400 Euro). Inizieremo questa esperienza con il gruppo dei 5 ragazzi che già conosciamo e che si sono dimostrati entusiasti della proposta. Geremow e il responsabile dell'ufficio di polizia ci hanno assicurato che in una decina di giorni il lavoro sarà fatto e potremo iniziare ad usare le struttura. Intanto continuano le visite alle OVS (Orphans and Vulnerable Students – Studenti orfani e vulnerabili), le attività con Biruh Tesfa e i trainings; siamo molto soddisfatte, anche per l'aiuto che ci sta dando il nuovo volontario, Binyam, e il membro di Biruh Tesfa, Wendale."

Giovanna e Sara