martedì 12 febbraio 2013

Da nord a sud - In viaggio in Etiopia insieme a CVM


È il 28 Dicembre 2012 quando giungono all'aeroporto di Bole, Addis Abeba, Arianna,
Giuseppina, Silvana, Sebastiano e Nazzareno. Arrivano separati, con due voli diversi e con
differenti ore di volo: Sebastiano e Nazzareno arrivano all'alba, verso le 06,30 con il volo Ethiopia
Airlines, mentre il trio femminile raggiunge la terra etiope alle 23,00 con un lunghissimo volo e con
diversi scali, operato da Lufthansa.
Il primo giorno è dedicato al riposo del padre e del figlio, Sebastiano è il padre di Nazzareno, il
quale ha deciso di accompagnare il padre, settantasettenne, per permettergli di realizzare il grande
desiderio che serbava nel cuore: vedere l'Africa e in particolare entrare in contatto con i progetti del
CVM cui ha sempre contribuito con personali finanziamenti annuali. A pranzo, grazie alla
disponibilità di Said, l'autista dell'ufficio del CVM di Addis, i due ospiti hanno potuto godere di un
giro per la Capitale con sosta in un bel ristorante tradizionale, in cui è stata molto gradita la njera. In
realtà è stata gradita solo da Nazzareno e dagli accompagnatori. Sebastiano ha avuto qualche
problema ad accettare un piatto così lontano dalla pasta, tradizionale italiana. Il dover mangiare con
le mani – la njera è un disco di pane spugnoso e morbido, un po' acido, ottenuto dal tief, il cereale
locale, con sopra diverse pietanze quali verdure, lenticchie, patate, diversi stufati di carne che si
mangiano staccando una parte di njera che accompagna così la pietanza- ha messo a disagio il
signore dalla barba bianca, il quale ha deciso che da quel momento in poi avrebbe mangiato solo
pasta o, eventualmente, carne. Il pomeriggio è trascorso serenamente e con molta calma per le vie di
Addis Abeba, affollate di auto e di persone. Soprattutto agli incroci, affollate di disabili. Aspetto,
questo, che ha scosso davvero molto Sebastiano. In Etiopia non esiste alcuna assistenza medica per
i disabili, in Italia sì. E Sebastiano, molto sensibile al tema per questioni personali, è molto
dispiaciuto nel vedere riversarsi per strada quella moltitudine di persone con seri problemi fisici che
non hanno altra possibilità che sopravvivere chiedendo l'elemosina. Che lui, Sebastiano, vuole dare
a tutti quelli che incontra.
Alla sera, i due uomini, si uniscono agli accompagnatori per una cena più internazionale in
zona Bole. Bole è un cantiere: dissestata dai lavori in corso. Ma tutti e cinque gli interessati sono
riusciti ad attraversare alcuni punti un po' difficili, soprattutto per l'uomo dalla barba bianca, per
poter degustare una cena più “semplice” del pranzo. Gli accompagnatori, finita la cena, si sono
diretti all'aeroporto per accogliere il trio femminile proveniente da Bergamo, dopo aver sorvolato i
cieli di mezza Europa e mezza Africa. L'accoglienza è avvenuta tardi, verso le 23, a causa di un
imprevisto: lo smarrimento di una delle valigie. Il primo posto che il trio femminile ha avuto modo
ddi vedere è stato il bel compound delle Suore Francescane, dove sarebbero state ospiti per due
notti, prima di ripartire per il nord dell'Etiopia.
Il primo vero giorno in Etiopia è stato dedicato a una visita storico-turistica della Capitale. I
partecipanti del viaggio hanno avuto così modo di integrarsi a vicenda e di conoscere gli aspetti più
caratteristici di Addis Abeba, come la Cattedrale della Trinità (una grande chiesa ortodossa che è
stata ben illustrata da una guida locale) e la casa-museo di Menelik, a Entoto, la collina sopra Addis
Abeba. Il pranzo è stato un bel momento per i partecipanti: non tutti si conoscevano. È stato
importante poter scambiare alcune parole per un primo approccio, una prima conoscenza. Così si
scopre che Silvana e Giuseppina sono sorelle e che vivono nello stesso paese di Arianna, vicino a
Bergamo, dove da dieci anni (dal 2003) si incontrano almeno una volta alla settimana per produrre i
ravioli ripieni che vendono a privati. Su richiesta. Negli ultimi anni questa attività è così gradita dai
privati della zona che, alle volte, sono costrette rifiutare alcune ordinazioni o a posticiparle. L'idea è
venuta ad Arianna, quando rientrata da una visita in Etiopia, si è resa conto che il CVM per
realizzare tutti progetti che realizza ha sempre più bisogno di soldi. Tutti i proventi, infatti, vengono
donati al CVM. Tutti i visitatori erano, inoltre, entusiasti del bel posto in cui erano stati condotti dal
fidato Said: Hotel Taitu, il primo hotel d'Etiopia, aperto dalla moglie dell'Imperatore. Nazzareno,
fotografo naturalista, ha girovagato per i vari piani e le varie stanze cercando e trovando scorci
suggestivi. Le signore di Bergamo erano piacevolmente sorprese di trovarsi nel primo albergo
d'Etiopia. Sebastiano, dal canto suo, era contento di mangiare con le posate e di poter pulirsi la
bocca con un tovagliolo. Altro elemento che gli mancherà molto durante i pasti: i tovaglioli costano
cari e nella quasi totalità dei locali non ci sono.
All'imbrunire, dopo aver apprezzato una bella vista della Capitale dall'alto, scendendo dalla
collina di Entoto, e dopo aver fotografato e commentato le diverse figure femminili che scendevano
dalla collina piegate e appesantite da lunghe e spesse fascine di legna, gli ospiti sono rientrati nelle
ristoratrici camere del compound delle Suore. Il gruppo ha iniziato a incrociare immagini che con i
giorni del viaggio diventeranno più familiari, ma che da principio colpiscono e sono emblematiche
di due condizioni: la condizione della donna e la condizione di molte comunità, prive di acqua.
Infatti, lungo la strada che porta a Entoto, quindi poco fuori dalla città, colonne di taniche di plastica
gialla erano in attesa di essere riempite. Saranno immagini che si troveranno molto spesso lungo i
cigli delle strade che il land cruiser percorrerà per andare a nord e a sud. Un primo approccio alla
dura quotidianità etiope è stato offerto agli occhi dei visitatori già il primo giorno. Temi che
verranno toccati nei vari discorsi che si terranno durante tutto il viaggio: miseria, disabili,
condizione della donna, acqua.
Il mattino seguente Mesfin, l'autista di Debre Markos è venuto a prendere tutti i partecipanti
per portarli a visitare i diversi progetti sociali che si sviluppano in East Gojjam, a trecento
chilometri a nord di Addis Abeba. Il viaggio è stato un po' faticoso, soprattutto per le due sorelle.
Ma il paesaggio e le diverse soste, richieste da Nazzareno per poter scattare foto naturalistiche di
impatto, hanno reso più percorribili le sei ore di viaggio. Il cielo limpido, il sole caldo e sovrano, il
paesaggio agreste e quasi del tutto incontaminato, i colori verde e giallo dei campi che si
alternavano e le belle case tradizionali di fango e a forma circolare, i tukul, hanno reso il viaggio un
piacevole salto, reale, in un contesto diverso, nuovo. Molto diverso da quello cui il gruppo, a
eccezione di Arianna (la quale è stata una volontaria in Etiopia del CVM per tre anni negli anni
Ottanta e questa era la terza volta che tornava in visita, dopo il rientro definitivo in Italia), è
abituato. Le più sorprese erano le due sorelle. Colpite soprattutto dalla povertà che è stata una fedele
compagna di viaggio.
Geremew, il responsabile dei progetti di Debre Markos-East Gojjam, è venuto ad accogliere i
visitatori in una cittadina a circa un'ora e mezza da Debre Markos, meta finale. Dejen, il nome della
piccola cittadina, accoglie un'associazione di orfani, che si sono esibiti per l'occasione in una bella
performance teatrale, centrata su temi attuali e problematici: il matrimonio precoce delle bambine e
le mutilazioni genitali femminili. L'uomo dalla barba bianca e le due sorelle sono stati molto colpiti
dai temi presentati e dai ragazzi e bambini dell'associazione, vestiti di Povertà. Nazzareno guardava
il tutto con l'occhio del fotografo, più scenografico e per questo, forse, più incisivo. Le sue foto
sono state viste da tutto il gruppo, commentate e soprattutto apprezzate: mettevano in risalto gli
aspetti intimi degli attori o degli alti ragazzi spettatori. Gli sguardi, profondi e cupi, i visi, sempre
sorridenti. Forti contrasti che risaltano la contraddizione della loro realtà, realtà africana, etiope.
Uscito dalla sala in cui era avvenuto lo spettacolo, tutto il gruppo, compresi Mesfin e Geremew, è
stato circondato da un caloroso saluto di tutti i ragazzi e bambini membri dell'associazione. Il
fotografo ha subito colto l'occasione per scattare una foto in cui i membri del gruppo di visitatori
erano miscelati e sparpagliati fra i membri dell'associazione di orfani.
I giorni successivi, a Debre Markos, sono stati molto intensi in quanto sono state visitate
diverse associazioni e il gruppo ha avuto modo di porre domande direttamente ad alcuni beneficiari.
Le associazioni che sono state visitate riguardavano persone che vivono con HIV e AIDS, orfani,
housemaids (collaboratrici domestiche) e barworkers (cameriere). Le due sorelle, in particolare,
sono state molto colpite da queste due ultime categorie. Le ragioni sono diverse. L'età, tutte molto
giovani, in particolare le housemaids, le quali sono delle collaboratrici domestiche che non hanno
alcun contratto, non sono pagate, ma sfruttate e abusate e che spesso sono scappate da un
matrimonio precoce o da un marito, imposto. Le barworkers, invece, sono cameriere quando
servono ai tavoli e prostitute quando un cliente ne fa richiesta. Queste due categorie sono molto
vulnerabili. Tutto il gruppo, nessuno escluso, era affranto nel percepire una realtà così distante da
quella che le donne italiane, occidentali per estensione, possono vivere. Nel mondo cosiddetto
sviluppato alle donne vengono riconosciuti i loro diritti, così come ai bambini, ma soprattutto ne
sono consapevoli. Grazie alla consapevolezza, possono anche lottare per ampliare i propri diritti o
migliorare comunque la propria condizione. Quanto è più rimasto impresso agli ospiti è la grande
importanza di acquisire consapevolezza. Solo tramite questa ci può essere un cambiamento. Una
lotta. Quello che i visitatori hanno vissuto sono stati incontri rivelatori: persone che parlavano delle
loro esperienze. Simili, purtroppo. Ma al contempo in evoluzione. Molte di loro hanno apportato
notevoli cambiamenti alle loro Vite grazie a corsi di consapevolezza, corsi professionali o supporti
economici, che hanno permesso loro di aprire delle attività. Ogni supporto economico (IGA:
Incoming Generated Activity) elargito dal Cvm ad alcune donne selezionate, sole, senza marito e
con figli ha permesso alle beneficiarie di dare una possibilità a sé stesse e ai propri cari (madri, figli
o nipoti a carico), responsabilizzandosi: infatti ogni finanziamento viene rimborsato in rate mensili.
In questo modo, oltre a migliorare la propria condizione di vita viene offerta loro la possibilità di
acquisire autostima. Riescono da sole in questo cambiamento personale. Alla base di un
cambiamento sociale.
Durante il viaggio si è parlato molto di queste donne: ciò che ha colpito, oltre la loro
condizione di housemaids, barworkers o semplicemente di donne abbandonate da uomini
fondamentalmente deboli, è stata la forza che dimostrano ogni giorno nell'andare avanti e nel voler
comunque migliorarsi per i propri cari, non solo per sé stesse. Alla fine, comunque, è sempre
emersa l'importanza della consapevolezza e della differenza con il mondo in cui i partecipanti al
viaggio sono abituati a vivere. Lassù, nel Nord del Mondo, si danno molte cose per scontate: la
consapevolezza è un fatto insito. Quasi innato. Ma anche là ci sono stati periodi bui, specialmente
per le donne, e anche là c'è stato un processo di acquisizione di consapevolezza. Divenuta poi
innata.
Di Debre Markos, il gruppo in generale e le donne in particolare si sono portate in Italia e nei
loro cuori la condizione veramente difficile del vivere quotidiano della donna etiope. Se in città,
anche a Debre Markos, seppur piccola cittadina, la donna ha già qualche possibilità in più di
riscatto, in campagna, come il gruppo ha avuto modo di vedere durante l'escursione in una woreda
fuori Debre Mrkos, la donna prima di poter pensare al proprio sviluppo, deve rispondere alle
esigenze quotidiane che la tradizione vuole che sia lei a soddisfare e non l'uomo: acqua, legna,
cucina, figli...per sé stessa non rimane più tempo.

La seconda parte del viaggio è stata centrata sui progetti idrici, al sud dell'Etiopia.
Lo spettacolo che ha accompagnato la macchina lungo tutto il percorso è stato quello di lunghe
colonne di persone in cammino sul ciglio della strada, di donne con lunghe e grandi fascine di legna
sulla schiena o, ancora, di asinelli che trasportavano sul dorso taniche gialle colme d'acqua. Acqua,
elemento molto prezioso, ancor più dove raro. Come nei villaggi, piccoli villaggi avvolti nella
natura verde, senz'altro che natura verde e strade di polvere rossa, dove l'acqua diventa un bene a
pochi disponibile. Le immagini più impresse sono quelle di taniche gialle, file di taniche gialle, ai
diversi water points (punti di raccolta dell'acqua realizzati tramite una fontana collegata a un bacino,
pozzo, con delle lunghe tubazioni, in alcuni casi lunghe anche quindi chilometri) in attesa di essere
riempite. Con loro ci sono molti bambini, i portatori di taniche insieme alle donne. . I water points e
i pozzi visitati sono stati realizzati grazie al supporto finanziario e logistico del CVM.
In questa parte di Mondo, è emerso più volte durante le conversazioni fra i partecipanti al
viaggio, l'acqua, la poca acqua raccolta nelle taniche, viene centellinata. Il suo utilizzo è ben
ponderato. La donna, nella casa, dopo aver portato la tanica o la tradizionale brocca di terra cotta
(troppo pesante e fragile e quindi volentieri sostituita dalla tanica gialla, la cui prima funzione è di
contenere olio di girasole, segnando così una rivoluzione nella vita quotidiana della donna e dei
bambini), si dedica ai lavori domestici, tra cui quello di dare da bere alle mucche e alle pecore.
Queste, nella maggior parte dei casi, vivono nei tukul insieme alla famiglia, in un'area separata da
un pannello di paglia. In ogni villaggio visitato, il gruppo ha potuto constatare il cambiamento
avvenuto nel villaggio in cui è stato aperto un pozzo o un water point. Una vera rivoluzione
confermata dai volti gioiosi delle donne.


Ha fatto riflettere molto questa difficoltà di raggiungere l'acqua, di non poterne disporre a
piacimento. Si è anche riflettuto sul fatto che ciò non è relegabile a un problema di villaggi.
Certamente lì è più forte, più sentito, più vissuto. Ma lo stesso, in minor misura, avviene nelle
cittadine. Quante volte si può rimanere senza acqua. Anche a Sodo, nella cittadina che ha ospitato il
gruppo nei giorni di permanenza in Wolayta, a sud appunto. Case private, alberghi, compound
ecclesiastici, tutti sono dotati di un tank (un serbatoio di diversi litri), mentre i più ben abbienti
possiedono un pozzo che preleva l'acqua direttamente dalle profondità del suolo.
Ogni giorno Arianna, Silvana, Giuseppina, Sebastiano e Nazareno sono stati accompagnati da
una natura vivida, calda. Dal cielo azzurro, di quel terso limpido in cui il Sole può padroneggiare
con il suo calore e la sua luminosità, che porta vita ai colori e alle persone, di ogni dove. Tutto
risplendeva, dalle immagini che scorrevano veloci all'esterno della macchina, agli animali che
sorprendevano la vista degli stranieri (dagli uccelli, come le aquile che vivono sia sull'altipiano in
mezzo al nulla, sia in città, alle scimmiette nascoste fra gli arbusti). L'Uomo è parte integrante della
Natura. Questo è anche entrato nei cuori dei visitatori. Qui la Natura è parte integrante del contesto.
Uomini, animali, piante, prati e fiumi (spesso solo letti di fiumi) convivono in un'apparente
armonia. L'apparenza è dovuta al fatto che alle volte manca la collaborazione: in città, ad esempio,
domina la Miseria e in campagna l'Acqua preferisce l'oscurità alla luce del sole, impedendo alle
persone e agli animali di poter ringraziarla del suo prezioso contributo alla Vita.
Anche questo il trio femminile e il duo maschile si sono portati in Italia. Il rispetto che bisogna
avere, sempre, di Madre Natura. Della delicatezza con cui la si deve curare e trattare. Non abusarne,
mai.



Lisa Repetto, volontaria CVM in Etiopia