giovedì 11 agosto 2011

Siccità nel Corno d'Africa: il Condizionale dei media e l'Imperativo dell'emergenza


Nella capitale Addis Abeba le TV estere raccontano la tragedia, i dati preoccupano, il realizzare che stiamo parlando di persone lascia senza respiro, il recarsi nei luoghi terrorizza.

La Somalia e la regione somala dell’Etiopia hanno visto fallire la stagione delle piogge che attendevano per riempire di nuovo i pozzi e far crescere le coltivazioni. I numeri sono esorbitanti, si parla di una zona con 8 milioni di persone in emergenza, 1500-2000 persone in arrivo ai campi di emergenza ogni giorno. Il confine tra Somalia ed Etiopia è uno dei punti più caldi, sono stati aperti già tre campi (zona Dolo Addo) ma la gente viene fermata al confine, il flusso è troppo alto e le condizioni sono sempre più difficili (le prime epidemie già iniziano a scoppiare all’interno dei campi).

Al momento sono due le regioni dell’Etiopia in ginocchio, mentre altre stanno attendendo di comprendere il loro destino ma i segni non lasciano ben sperare.

La parte sud dell’Etiopia ha visto praticamente fallire 4 stagioni consecutive e così anche le poche riserve sono state consumate. Ora il bestiame muore, perfino i cammelli sfiniti si accasciano a terra. Purtroppo ora si dovrà attendere la prossima stagione delle piogge che in queste zone è tra settembre e ottobre, quindi prima di novembre la situazione non si risolleverà, anche in caso di fenomeni climatici positivi in autunno. Il prezzo dei beni alimentari è alle stelle con un’inflazione del 38% nell’ultimo anno. Costi che impediscono alla popolazione di comprare il necessario per vivere.

Ma altre zone ora temono succeda lo stesso. Piove infatti nelle zone in cui ora è la stagione delle piogge, ma non abbastanza. L’acqua serve solo a inumidire il terreno e infangare le strade (piste), bloccando i mezzi in passaggio, ma non ricarica le falde superficiali da cui dipende la popolazione, da cui dipendono le coltivazioni. Anche qui (SNNPRS, come in Tigrai e Gambela) la precedente stagione delle piogge è stata molto modesta e ha quindi portato a livello di allarme la situazione. Se anche agosto e settembre continueranno con lo stesso trend di luglio, i raccolti saranno minimi, non sufficienti ad affrontare un anno, e le dimensioni della catastrofe si moltiplicheranno.

Il Wolayta, zona in cui CVM lavora, la gente teme il peggio. La popolazione dipende molto dalla produzione di mais e patate, ma quest’anno la situazione è critica, probabilmente il raccolto sarà quasi nullo. Con una densità di popolazione altissima, il Wolayta soffrirà di nuovo di crisi alimentari e sanitarie. Le richieste di aiuto dalle autorità locali aumentano ogni giorno. Difficile adattarsi ad un paradosso: un’area relativamente verde e con corsi d’acqua superficiali discreti soffrirà una siccità con pochi precedenti a causa della mancanza di infrastrutture.

Mentre nei media si combattono le guerre del “si poteva” e “si sarebbe dovuto”, la prima preoccupazione delle persone qui sono le risorse idriche, da cui dipende la loro vita.

CVM continua il suo lavoro per approvvigionare di acqua potabile le comunità locali. Purtroppo il Wolayta è un’area in costante emergenza, ove solo un lavoro continuativo e capillare con le comunità potrà cambiare la situazione.


Anna Rubert (Rappresentante Paese CVM - Etiopia)

lunedì 1 agosto 2011

WANAWAKE TUNAWEZA WANAUME WAWAJIBIKE – Noi donne possiamo rendere gli uomini responsabili


Wanawake tunaweza wanaume wawajibike… Questo il ritornello di una delle numerose canzoni intonate dalle ragazze durante il corso per educatrici alla pari promosso da CVM nelle comunità di pescatori del Distretto di Bagamoyo. Cantano, sorridono, unite ci credono… affinché queste parole non svaniscano nell’aria, ma si trasformino in realtà.


Giovani donne, belle, sorridenti, occhi vispi, alcune studentesse, altre già da alcuni anni a lavoro nonostante la giovane età… un frammento della gioventù tanzaniana e dei suoi problemi. Sono loro le sessanta ragazze beneficiare del corso, tutte di età compresa tra i 18 e 21 anni.

In classe sono stati trattati diversi argomenti: HIV e AIDS, come si trasmette e come si previene, diritti di genere e dell’infanzia, cambiamento comportamentale e life skills, le abilità necessarie ad affrontare le sfide e le difficoltà della vita quotidiana in maniera positiva. Ciascuno di essi allo stesso modo importante affinché le giovani, una volta tornate nei loro villaggi, siano in grado di promuovere un cambiamento comportamentale tra i loro coetanei e correggere le abitudini che espongono i giovani al rischio di contrarre il virus dell’HIV.

La loro stessa vita è testimonianza della condizione in cui vivono la maggior parte delle ragazze qui in Tanzania, intrappolate tra mille ostacoli che non consentono loro di sviluppare le capacità necessarie per dire no allo sfruttamento, in ogni sua forma, per uscire dalla povertà più assoluta, per far valere i loro diritti, nella vita quotidiana e all’interno del matrimonio.

Chausiku ha 20 anni, è già sposata e ha un bimbo di tre anni. Nei suoi occhi una vitalità e una gioia incredibili, nonostante immagino che la sua vita non sia stata proprio facile. Viene da Pande, un villaggio costiero dove si recano molti pescatori dall’isola di Mafia per riparare le proprie navi. Si fermano nel villaggio alcuni giorni e il tempo dell’attesa per la riparazione si trasforma in una vera e propria caccia alle ragazze… Ce ne sono molte ad attenderli, tra loro si passano voce quando li vedono arrivare, sanno che hanno soldi da spendere, abbastanza affinché possano guadagnare i soldi sufficienti per un pasto. È proprio così, numerose donne e ragazze non hanno abbastanza denaro per comprare cibo per sé e la propria famiglia, non hanno lavoro viste le scarse opportunità d’ impiego disponibili in questi villaggi e la via più facile rimane scambiare rapporti sessuali per pochi spiccioli.

Evodia, 19 anni, viene da Kiharaka, altra comunità costiera del Distretto. Nel suo villaggio tra le ragazze è diffusa l’abitudine di assumere comportamenti a rischio contagio non solo per ottenere un pò di cibo ma anche per avere la possibilità di acquistare luxuries, come vestiti, cellulare o permettersi l’entrata nelle discoteche locali. A volte è sufficiente l’acquisto di una semplice bibita affinché le giovani cedano alle avances di ragazzi e adulti.

Fatuma ha 20 anni e viene da Kaole. Ha abbandonato la scuola prima di concludere il secondo grado di istruzione, il Form IV, e ora è una sarta da circa un anno. Nel suo villaggio la maggior parte delle persone non sa come prevenire l’HIV, alcuni non conoscono nemmeno come utilizzare correttamente un preservativo. Le ragazze iniziano ad avere rapporti sessuali all’età di 14 anni e i casi di gravidanze precoci non sono rari. Accade anche che gli uomini che non vogliono prendersi cura e responsabilità del bambino paghino per farle abortire, mettendo in pericolo anche la loro vita. L’aborto è illegale in questo paese; le ragazze spesso ricorrono a metodi rudimentali che possono causare loro gravi infezioni o, se sono fortunate, i loro partner possono pagare un medico per effettuare l’operazione in condizioni clandestine.

Anna ha 18 anni e frequenta il college dove studia Hotel Management. Vive ad Ukuni, un piccolo villaggio vicino a Bagamoyo. Racconta che nella comunità in cui vive, le ragazzine iniziano ad avere rapporti sessuali all’età di 10 anni. Alcune, mentendo ai loro genitori dicendo che si recano a scuola, si portano i vestiti per cambiarsi quando escono di casa al fine di incontrare i loro partner. Avere il fidanzato rafforza il loro status sociale, per questo molte decidono di avere rapporti sessuali ignorando le conseguenze che queste relazioni possono portare alla loro salute. I loro partner sono principalmente conducenti di piki piki, anch’essi giovanissimi, inesperti, inconsci della possibilità di contagiare e a loro volta trasmettere il virus attraverso rapporti non protetti. Anche qui sono numerosi i casi di gravidanze precoci: Anna dice che il 90 % delle ragazze di età compresa tra 16 e 18 anni ha interrotto almeno una gravidanza.

Amina, 21 anni, viene da Razaba, un villaggio costiero particolarmente isolato soprattutto nella stagione delle piogge a causa dell’assenza di una vera e propria strada. Nel villaggio la povertà è dilagante, le famiglie non sono in grado di prendersi cura di tutti i propri figli e considerano i guadagni che le loro figlie portano all’interno del nucleo famigliare come modo per accrescere il loro reddito; ma non si chiedono come quei soldi siano guadagnati dalle loro bambine.

Questo solo un piccolo scorcio delle problematiche della gioventù tanzaniana: ragazze che non hanno il potere di opporsi ai desideri degli uomini perché dipendono economicamente da loro, siano essi mariti, partner occasionali, padri o fratelli; ragazze che non hanno opportunità di continuare gli studi perché le loro famiglie sono troppo povere o preferiscono dare precedenza all’educazione dei figli maschi; ragazze che per vivere la spensieratezza adolescenziale, stare al passo con i tempi e guadagnarsi uno status sociale tra i loro coetanei espongono la loro vita al pericolo delle malattie sessualmente trasmissibili solo per il desiderio di avere un cellulare o un vestito nuovo.

Quale la soluzione? Quale la via d’uscita? L’educazione e l’acquisizione delle capacità per decidere consapevolmente della propria vita e guardare al futuro con la volontà di raggiungere un pieno sviluppo della propria persona.

Ed è questo lo scopo delle attività che il CVM promuove nel Distretto di Bagamoyo, facilitare la nuova generazione a prendere coscienza dell’importanza del proprio ruolo nella diffusione delle conoscenze necessarie per sconfiggere l’epidemia dell’HIV.

Winnie è una ragazza come loro, ha 20 anni e attualmente sta svolgendo un periodo di volontariato presso la sede locale del CVM, a Bagamoyo. Sono rimasta colpita dalla testimonianza che ha deciso di condividere con le partecipanti alla conclusione del corso di formazione. Era piccola quando lei e sua mamma sono state abbandonate dal padre; sua madre è cuoca e ha cercato di non farle mancare nulla nella vita. Ha sempre frequentato scuole pubbliche, quelle in cui la maggior parte dei giovani tanzaniani studiano, poiché sua mamma non poteva permettersi la retta di quelle private. Winnie si è impegnata nello studio e sua madre ha fatto di tutto per farla proseguire negli studi… Ora attende la comunicazione per l’ammissione all’università e si trova di fronte alla sue coetanee dicendo: “Non abbiamo bisogno degli uomini per sopravvivere, ce la possiamo fare da sole… I 10.000 scellini che sono in grado di darci in cambio di favori sessuali non potranno mai cambiarci la vita in maniera positiva, ma solo permetterci di soddisfare qualche futile desiderio… L’importante è procedere nel nostro percorso educativo, trovare un lavoro e contribuire al cambiamento della mentalità e del comportamento dei giovani affinché possano pensare al proprio futuro in maniera positiva e costruttiva”.

Una via alternativa alla miseria e alla dipendenza economica esiste, è un processo che richiede tempo ma è realizzabile e Winnie e sua mamma ne sono la testimonianza. Winnie è in grado di decidere per sé, è in grado di evitare persone e situazioni che potrebbero mettere in pericolo la propria salute e sicurezza, è decisa e sa quello che vuole fare nella vita, ne è protagonista.


Valentina Romagnoletti (Volontaria CVM - Tanzania)