venerdì 19 settembre 2014

La Seconda

“Ma se capirai,
se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli
son pur sempre figli
vittime di questo mondo

De André, La città vecchia


Da quando ho messo piede in Africa sicuramente sono ancora tante le emozioni e le sensazioni che devo sedimentare prima di poterle raccontare. E’ come quando si sviluppa una fotografia in modo analogico. La carta sensibile colpita dalla luce deve essere messa a bagno in diversi liquidi. Solo seguendo meticolosamente tempistiche e processi, i reagenti faranno comparire le immagini. All’inizio non ci sono che macchie che via via si definiscono e diventano delle figure.

Quando mi guardo alle spalle, quando mi volto a guardare la strada percorsa fino ad ora vedo tante immagini che sono ancora nel processo di prendere forma. A volte si fanno degli incontri, a volte è più semplicemente  l’incontro con la realtà che ti fa riflettere. Tra le “fotografie della mente”, probabilmente c’è una mattina a Lugoba, un villaggio che come altri è attraversato dall’autostrada e alla sera si vedono parcheggiati lungo i margini della carreggiata camion e tir, che nel buio sembrano possenti mostri addormentati. A Lugoba pernottiamo spesso durante le nostre visite di monitoraggio ed è sempre molto interessante osservare la vita, la quotidianità quasi rituale, che si svolge ai lati della strada, come fossero le sponde di un fiume.

Una mattina come altre abbiamo iniziato la giornata con un chai ya rangi (the nero) e chapati per colazione. Il locale in cui ci rechiamo è essenzialmente una tettoia con dei tavolini e sedie di plastica di vari tipi. Le ragazze, cameriere e cuoche,  bollono l’acqua o il latte per il the o destreggiano padelle sui fuochi.  Ci sediamo a un tavolo e ci viene incontro una delle cameriere. È una ragazza alta, robusta. È difficile darle un’età. Potrebbe essere una mia coetanea. Forse ha qualche anno in più, forse qualche anno in meno. D’altronde qui sono in molte le persone che non conoscono la propria età e che talvolta non riescono nemmeno a formulare una stima credibile. 

Mi è parso di sentire qualcuno chiamarla Pili. Non sono sicura sia il suo nome, ma le calza bene. Pili è uno dei nomi femminili più diffusi in Tanzania. Significa “la seconda”, e questa ragazza non ha proprio l’aria di essere un “numero uno”, una vincente. Pili ha gli occhi piccoli incastonati in un viso tondo dai lineamenti grossolani. Li tiene socchiusi e li sbatte come chi ha molte ore di sonno in arretrato, ha un’aria stravolta. Si appoggia con i palmi delle mani al nostro tavolo e per un attimo sembra ci stia per cadere addosso, invece resta lì e attende che le si ordini la colazione. Porta un vestito di maglina sintetica fucsia che le fascia un corpo procace, ma goffo.

Quando sono arrivata nel pomeriggio del giorno prima, l’avevo vista seduta a un tavolo dello stesso bar in cui ora serve. Accanto a lei c’era già una bottiglia di birra vuota. Una di una lunga serie.  E’ rimasta lì tutta la sera a perdere il suo tempo, a consumare le ore di una vita che pare non aver senso. La sera voleva che un cliente del locale le comprasse un libricino che un venditore ambulante proponeva assieme ad altra mercanzia di dubbia utilità. Farsi fare un regalo, ho pensato seguendo la scena, doveva essere un modo per provare anche per un solo istante l’ebbrezza disperata di un briciolo d’amore.

Di questa ragazza non so nulla. Non so da dove viene, né se mai ha avuto un sogno. L’ho osservata e ripenso a lei come a una fotografia all’incontrario… l’immagine sta diventando “macchia”. La sua immagine sembra essere lo specchio di una vita che invece di diventare più definita, sta perdendo forma e via via si fonde e confonde nello sfondo fino a venir fagocitata dal contesto. Nei miei seguenti passaggi a Lugoba non l’ho più vista o forse semplicemente non l’ho riconosciuta. Dopotutto Pili, come tante altre ragazze nate nei villaggi del distretto di Bagamoyo, non è che una delle molte comparse nel grande film della vita. Le si nota solo se si impara a dare significato ai dettagli in secondo piano.

Veronica Weffort
Volontaria Servizio Civile in Tanzania


Monitoraggio gruppo microcredito - Lugoba, Tanzania