La prima volta che entrai nel compound dell’ufficio del CVM
a Debre Tabor quasi non la notai – complice forse la struttura minuta e quella
sua timidezza reverenziale – tanto ero curioso ed emozionato di visitare il sobrio
ma accogliente edificio che da lì in avanti avrei imparato a chiamare birò, o semplicemente office. Non credo se la sia presa, ma ciò
non mi consola.
Tiruwork Mesfin ha 25 anni, professione yebet serategna, in inglese cleaner
o housemaid. Lo sguardo luccicante,
copertina di un volto vissuto, trasmette una semplice bellezza, e la confonde
con il timore di mostrarla. Vive da dieci anni a Debre Tabor, ma è nata in una
provincia rurale, distante qualche decina di kilometri. Città e campagna sono
strettamente collegate in questo angolo di mondo, vivono in una simbiosi
millenaria e si nutrono l’una dell’altra. Tiruwork fu una delle tante a
decidere di migrare, di abbandonare quel pezzo di terra che per molti lunghi
anni aveva chiamato casa.
Prima di quattro figli, fin da bambina aiutava la madre a
trasportare i prodotti al mercato. Quei pochi birr (moneta locale) costituivano l’unica fonte di reddito per la
famiglia. E non bastavano: non per la scuola, non per i vestiti. Alla morte del
padre, Tiruwork aveva 10 anni, nessuna istruzione, qualche straccio, pochi
amici e tre fratelli da mantenere. Viveva là dove il mondo finisce, dove uomini
e donne perlopiù passano, piccoli e insignificanti tra imponenti montagne e
sconfinate verdi distese. Le sole cose che conosceva allora erano i prezzi del
mercato del sabato; sapeva che il giorno si alterna alla notte, le piogge al
sole, che gli animali non hanno pensieri e che qualcuno più in là poteva ciò
che voleva. Fu così che la ragazza divenne moglie, e senza volerlo Tiruwork si
ritrovò donna, sposata ad una promessa di futuro.
Arrivare a Debre Tabor a 15 anni non è semplice, non lo è
lasciare la madre e i fratelli. Fu l’orgoglio, o il dolore delle ferite,
profonde sul corpo fragile, o forse il coraggio di inseguire il mondo, di correre
la propria vita e di scegliere la scelta. In cerca di lavoro, Tiruwork si
rivolse alle poche amiche in città da più tempo di lei, che la indirizzarono da
una famiglia benestante. Il fatto di avere vitto e alloggio sembrò un’opzione allettante
per la ragazza, che del resto non aveva doti professionali oltre a quelle di
casalinga. La sistemazione avrebbe dovuto essere provvisoria, ma finì col
durare tre anni, durante i quali Tiruwork non vide alcuna retribuzione per i
suoi servigi.
In Etiopia la legge non riconosce le housemaids come lavoratrici; di conseguenza l’Ufficio del Lavoro e
degli Affari Sociali non ha mai stilato un contratto per esse. Così, resta a
discrezione del padrone decidere le mansioni, le ore settimanali, la presenza o
meno di una retribuzione. Nel migliore dei casi l’impiegata può strappare un
“contratto orale” (in italiano suona quasi come una contraddizione in termini),
cioè un accordo di massima tra le parti. Il CVM si batte da diversi anni per
restituire dignità alle molte donne, troppe, che per pochi birr sono costrette a qualunque tipo di attività la famiglia
disponga. Tiruwork si considera fortunata perché nonostante le difficili
condizioni, il padrone le permise di frequentare la scuola serale, la cui tassa
era inizialmente di 23 birr mensili,
poi negli anni salita a 50 (circa 2 euro). Grazie ai suoi sforzi ora Tiruwork
ha conseguito il grado 10, corrispondente alla fine del liceo.
In seguito, sotto consiglio di un’amica, la diciottenne
decise di lasciare la famiglia, per ricominciare da capo, per trovare un’altra
casa. Oggi Tiruwork lavora come inserviente part time in quattro diverse case,
per una media di 4 ore giornaliere. In più, lava vestiti per alcuni conoscenti
e cucina l’injera (pane locale) che poi
consegna a diversi rivenditori.
Da cinque anni Tiruwork cura la contabilità di Tesfa Hiwot (Speranza di vita), l’associazione delle housemaids di Debre Tabor, fondata con
l’aiuto del CVM. Ad oggi sono 108 le donne che periodicamente si incontrano per
discutere, promuovere l’educazione delle più giovani, seguire training sulla
prevenzione dell’HIV, amministrare collettivamente una copisteria per
risparmiare del denaro da destinare ai membri più bisognosi. L’associazione ha
come obiettivo ultimo quello di restituire dignità alle lavoratrici domestiche,
ottenere un contratto scritto con un salario minimo garantito dal governo
regionale, fermare il flusso di donne migranti verso i paesi arabi.
Tiruwork è coinvolta nelle attività dell’associazione in
ogni momento che trova. Quel che le avanza lo dedica agli altri, consapevole
che l’unità e la solidarietà sono le sole armi a disposizione di chi non ha
nulla. In futuro vuole smettere di sognare, vuole avere una propria famiglia e una
casa. Questa volta tutta per lei. E spera di poter un giorno regalare ai suoi
figli la giovinezza che lei non ha vissuto.
Simone Franceschi
Volontario Servizio Civile in Etiopia