martedì 15 giugno 2010

Le cento di Lugoba


Oggi piove a Lugoba!

E’sempre un piacere la pioggia da questa parti, perché rinfresca e perché il pensiero va ai campi dei tanti contadini che aspettano la stagione delle piogge con ansia, ma da qualche anno purtroppo porta meno acqua del previsto. Allo stesso tempo però aumentano le zanzare, che non attendono la sera per uscire allo scoperto ma si azzardano ad anticipare il tramonto aumentando i rischi di malaria, e le strade sono più inagibili del solito. E anche ora, camminando per le vie laterali di Lugoba - l’unica asfaltata è quella centrale - che di solito sono un semplice ammasso di polvere, dobbiamo fare attenzione a dove mettiamo i piedi per non scivolare nel fango.

Siamo in otto e stiamo andando al dispensario locale a fare il test dell’HIV….

Sono arrivata a Lugoba cinque giorni fa ormai e ci resterò per altri dieci. Quindici giorni di formazione per cento tra donne e ragazze provenienti da alcuni villaggi del distretto di Bagamoyo: Talawanda, Msigi, Kiromo, Mataya, Matimbwa, Msata, Miono, Mihuga, Rupungwi, Mbwewe, Kifuleta, Kimange.

Uno degli obiettivi principali del progetto a cui ho preso parte è facilitare, seguendo un approccio multisettoriale, l’acquisizione di maggiori competenze e consapevolezza della popolazione locale rispetto al grave problema dell’HIV/AIDS, e in particolare aiutare donne e ragazze a migliorare le proprie condizioni di vita. La particolare attenzione alla componente femminile è legata al fatto che la vulnerabilità di donne e ragazze, causata dalla povertà in cui sono costrette a vivere ma anche dalle discriminazioni di genere e dalle violenze, dalla dipendenza economica, da alcune pratiche tradizionali e dal basso livello educativo, le rende tra i soggetti più a rischio di contagio. Il sostegno viene dato a donne e ragazze attraverso fondi rotativi che permettono loro di avviare piccole attività economiche; il progetto prevede inoltre un supporto a ragazze che ogni anno sono ospitate in alcuni collegi del paese, dove hanno la possibilità di frequentare dei corsi di formazione professionale. L’idea di base è che l’indipendenza economica, oltre ad un maggiore livello educativo, possa renderle più consapevoli e meno soggette al rischio di contrarre il virus, trasmesso nella maggior parte dei casi durante rapporti sessuali scoperti. In tema di sessualità infatti la Tanzania sembra essere un paese per certi versi contraddittorio. Se da un lato la sessualitá è spesso considerata un tabù, visto anche che la maggior parte della popolazione, soprattutto sulla costa dove lavoriamo noi, è musulmana, allo stesso tempo inizia ad essere vissuta con leggerezza fin dalla giovane età, senza che però gli adolescenti abbiano informazioni sufficienti per viverla con consapevolezza. Una raccolta di diversi studi del “Teenege Girls’ Reproductive Health Study Group” mette in luce tra gli altri anche questo aspetto: come vi sia un grande ritardo nel fornire, in particolare alle giovani ragazze, informazioni adeguate sui temi della sessualità, della salute e della riproduzione, o più in generale strettamente legati al loro essere donne, che spesso le porta a correre il rischio di contrarre il virus dell’HIV o di avere gravidanze precoci e indesiderate. La pubblicazione prende il nome di un famoso proverbio tanzaniano “Haraka, Haraka, Haina Baraka”, “la fretta non è benedetta”, e sottolinea come la disintegrazione dei valori familiari e della comunità abbia fatto venire meno la responsabilità comune di educare i giovani e soprattutto le giovani ragazze su questi temi delicati ed allo stesso tempo molto importanti. Anche se il sistema educativo, in seguito al processo di alfabetizzazione di massa portato avanti alla fine degli anni settanta, ha aperto nuove strade a chi è in grado di raggiungere i livelli educativi più alti, lo stesso sistema non è in grado di formare le ragazze piú povere sui temi legati alla salute e alla riproduzione. E spesso le giovani ragazze si trovano esposte e disarmate. L’educazione, che ha certamente introdotto molti cambiamenti nella vita delle adolescenti, come per esempio la riduzione del numero dei matrimoni precoci, non è sempre in grado di svolgere la stessa funzione che per secoli è stata espletata dai rituali tradizionali, per lo meno in molte zone rurali. E qui emerge per certi versi un’altra contraddizione: da un lato è ancora forte il ruolo di alcuni rituali di iniziazione durante i quali ragazzi e ragazze vengono istruiti separatamente sui temi della sessualità - rituali che spesso consolidano le già forti differenze di genere e che pongono le ragazze in posizione subalterna, anche nella relazione sessuale - dall’altro la rapida corsa verso la modernità ha fatto venir meno l’accompagnamento dei giovani all’età adulta da parte dei "saggi" dei villaggi. Le informazioni ottenute durante i rituali di iniziazione non soddisfano più i giovani e le giovani che hanno avuto la possibilità di studiare materie quali scienze ed anatomia; allo stesso tempo il tema della sessualità viene trattato solo in modo molto teorico e per certi versi superficiale. L’anello mancante tra tradizione e modernità è spesso causa di confusione tra i giovani che devono trovare altre vie per informarsi ed essere all’altezza delle situazioni. In Boys’ Views on Sexuality, Girls and Pregnancies la sociologa Juliana C. Mziray approfondisce questo aspetto e mette in luce come nel caso dei ragazzi la maggior fonte di informazione in materia di sessualità sia il gruppo dei pari. I giovani trascorrerrebbero molto del loro tempo, spesso a causa della disoccupazione, nei cosí detti Kijiweni (jobless corner), dove il fulcro delle discussioni sono le ragazze e la sessualitá. Le informazioni trasmesse però non sempre sono corrette, e cosí si diffondono facilmente credenze come quella che ragazzini di 14 anni siano troppi giovani per causare una gravidanza, o miti per cui aver contratto una malattia sessualmente trasmissibile diventa motivo di vanto con gli amici, in quanto prova di una vita sessuale attiva.

Al contrario molte adolescenti entrano in contatto con il mondo della sessualità quando sono ancora fortemente inconsapevoli del proprio corpo e delle proprie capacità riproduttive, quando non è ancora permesso loro di sposarsi, e in un periodo della vita in cui le relazioni prematrimoniali sono fortemente scoraggiate. Facilmente si scontrano con due aspetti della sfera sessuale strettemnte legati alle differenze di genere, ancora molto forti in questo paese e per certi versi contradittorie (come lo sono state a lungo e lo sono in parte ancora in molti paesi occidentali). Se da un lato infatti sono considerate fin dalla giovane etá come oggetto sessuale di giovani e meno giovani, dall'altro vivono sulla propria pelle i tabú sessuali. Lo studio appena citato sottolinea l’evidente contraddizione tra il modo di comportarsi dei ragazzi, legato ai desideri sessuali, ed il modo in cui gli stessi considerano negativamente le ragazze protagoniste di un gran numero di relazioni prematrimoniali. Se un comportamento sessuale aperto è legittimato e stimolato dal gruppo dei pari nel caso dei ragazzi, lo stesso non vale certamente per le ragazze, la cui cattiva reputazione riduce la possibilità di trovare un buon marito. Questo a maggior ragione se la ragazza in questione ha avuto, in seguito a relazione sessuali scoperte, uno o più figli non riconosciuti in un secondo momento dal padre.

A questo si aggiunge il fatto che siano spesso le ragazze, in cerca di un sostegno economico, ma anche più semplicemente per qualche piccola necessità, a concedere il proprio corpo in cambio di qualche favore. Alala ha 23 anni ed è una delle ragazze che da quest’anno ha preso parte al nostro progetto. E’ sveglia, vivace, ed ha preso molto a cuore il ruolo, che dopo la formazione del CVM, riveste nel suo villaggio e con le amiche, nel diffondere informazioni sui temi legati alla sessualitá e ai rischi di contagio. Mi racconta di come molte delle sue amiche siano rimaste incinte molto giovani, come alcune siano già al secondo figlio e come, infine, nonostante ciò la maggior parte di loro non abbia un compagno. Quando le chiedo il motivo alza le spalle e con grande semplicità risponde: perchè avevano bisogno di un sapone, di un vestito, o semplicemente volevano passare una serata diversa bevendo una birra in compagnia.

Potrebbe stupire il fatto che dopo una gravidanza indesiderata, ve ne sia stata anche una seconda, ed in certi casi anche una terza. Ma come mette in luce Rosalia Katapa in Teenage Mothers in their Second Pregnancies è un fenomeno piuttosto diffuso. Sono molte le condizioni economiche e sociali che fan sí che le ragazze madri restino incinte una seconda volta, spesso da un uomo diverso dal primo.

L’ignoranza con cui sia ragazzi che ragazze vivono le loro prime esperienze sessuali ha spesso come conseguenza la diffusione del virus dell’HIV o gravidanze precoci che costringono le giovani ragazze ad abbandonare la scuola e le rendono soggetti deboli all’interno della società. La maggior parte delle ragazze che resta incinta precocemente ottiene informazioni sulla sessualità e sulla riproduzione quando è ormai troppo tardi.


Silvia Volpato
Volontaria in Servizio Civile - Tanzania

martedì 1 giugno 2010

Remoto magico ma duro


Viene difficile continuare a scrivere sul quanto siano remote le aree che sto visitando, ma ogni volta che vado in un posto nuovo rimango incredibilmente stupita e mi rendo conto che è un peccato non provare a trasmettere ciò che è cosi diverso da noi e che, se i tuoi occhi non vedono, la tua mente non immagina.
Da Addis Abeba ci vogliono circa 4 ore di macchina per arrivare a Shashamane, la città dove è concentrato il maggior numero di Rastafariani in Etiopia. Sto andando a Besketo per una visita sul campo di circa una settimana. A 20 km da Shasha, l'autista attacca a raccontarmi tutta la storia del perché i Rastafariani sono venuti in Etiopia, che Hailè Selassie è il loro profeta, che lui gli ha dato la terra e bla bla bla, io avevo già letto tutta la storia sulla Lonely Planet, ma lui era così entusiasta di raccontarmela che non l'ho potuto interrompere... Arrivati a Shasha, è costretto a concludere il suo racconto, ormai soddisfatto di avermi mostrato il suo sapere, lo saluto per aspettare l'altra macchina che arriva da Soddo per prendermi e per proseguire fino a Sawla nella stessa giornata. Visto che mi trovo a Shashamane e devo aspettare per un'oretta approfitto per andare a trovare gli amici di LVIA che hanno l'ufficio di progetto lì. Mi accoglie Valentina, una ragazza simpatica e carina che, pensate un po’, è di Pavia!!! Incredibile, la mia stessa città.. è proprio piccolo il mondo!
Arrivata la macchina si parte per Sawla con tappa a Soddo, capoluogo di woreda, nonché sede dell’ufficio di progetto del CVM. Da lì in avanti pochi villaggi e un parco nazionale ci separano dalla tappa notturna. Raggiungiamo (la project facilitator Freihwot, l’animatrice Tamralech, il tecnico Assegeid, l’autista Sinishaw ed io) Sawla alle 7 di sera, dopo che eravamo partiti alle 11.30 da Shashamane, questo per rendervi conto delle distanze, senza contare che da Soddo la strada diventa tutta sterrata e addio asfalto... L'intenzione è di raggiungere Besketo e, dopo Besketo, Galila. Abbiamo degli schemi a Besketo e vorremmo iniziare a fare qualcosa anche a Galila... Dovreste vedere dove sono localizzati questi due posti: dalla cartina non si vede neanche la strada che ci arriva... mi hanno detto tutti quelli che ci sono già stati che la zona è abbastanza lontana e isolata, ma fino a che non ci arrivi non ti puoi mai ben immaginare. Il giorno dopo ripartiamo da Sawla; il tempo è buono, non piove e questo ci fa ben sperare in un viaggio tranquillo. Ci mettiamo in macchina, l'autista sembra contento, procediamo a velocità normale fino a che, senza capire bene perché, a una certa l'autista inizia ad accelerare e correre per queste stradine sterrate in mezzo alle montagne, solo dopo mi diranno che quello è un parco nazionale e c'è una probabilità su un milione di incontrare un leone (ce ne saranno rimasti 2 di numero in tutta l'Etiopia); il nostro coraggioso ometto aveva paura di trovarsi faccia a faccia con una bella criniera... Peccato, magari sarebbe stata la mia occasione buona dato che non ne ho ancora visti!
Comunque è stato bravo: raggiungiamo Besketo per pranzo; dopo che 5 camion si erano impantanati sulla strada, siamo riusciti a svincolare, aiutarne uno e proseguire per la nostra missione. Mangiamo! Ora, che Besketo non sia Milano Marittima e quindi un posto turistico l'abbiamo capito tutti, ma che non ci siano posti neanche per mangiare senza continuare a pregare che non ti venga niente, quello non l'avevo ancora realizzato. Mangio ad occhi chiusi, anzi più che altro direi a volo d'uccello sperando che le mie mani zozze appena lavate con acqua nera, unta e con oggetti poco identificabili all'interno, tocchino il meno possibile il cibo e la mio bocca... La cosa risulta alquanto difficile e buffa, considerando che in Etiopia non si usano forchette e si mangia con le mani tutti dallo stesso piatto... Va be’, non ho ancora visto tutto.
Arriviamo facciamo i nostri incontri di routine, autorità locali, associazioni, prepariamo il piano della giornata, prendiamo informazioni e andiamo a vedere la prigione in cui abbiamo intenzione di sviluppare un impianto di biogas connesso alle latrine (che ora sono delle pit abbastanza oscene, col termine pit si intende principalmente un buco nel terreno). La giornata è stata proficua e piena di avvenimenti.
Adesso è il momento di andare a nanna e riposarci, per la sera decido di non mangiare, onde evitare una notte di sofferenza... Vado nella mia stanza, e lì la bella sorpresa… perché, se non siamo ben integrati e abituati alla scena, a noi non piace: un buco fatto di terra e paglia, con un controsoffitto molto basso e tutto bucato, con un letto con un materasso talmente sporco che si vedono le pulci giocare e saltare allegramente da una parte all'altra... va be’, CVM lavora in aree remote, lo sappiamo, e grazie al cielo abbiamo per stanotte un posto dove dormire e almeno non piove nelle stanze.
In queste situazioni ringrazi sempre tutti gli angeli e santi del paradiso di essere quello che sei, di avere la possibilità di scelta che gli altri non hanno, e ti metti a letto un po’ pensando che sei contento di essere li in mezzo alle pulci che ti fanno le feste e, in qualche modo, speri e credi che anche il tuo piccolo contributo possa essere utile.
L'indomani Galila ci aspetta.
Se Besketo è remoto, Galila lo è 3 ore di macchina di più. In mezzo a campi e vallate ancora più lontano del primo. Il paesaggio dalla macchina è bellissimo, sembra che in un posto del genere non ci possano essere problemi, ha un qualcosa di magico, queste valli continue e questi verdi che si alternano ti fanno perdere il contatto con la realtà e iniziano a far volare la mente nei pensieri più disparati..
Arriviamo a destinazione e parliamo con il capo dell'ufficio dell'acqua... tutta quella zona, ai miei occhi bellissima, non ha copertura d'acqua potabile e non ha un minimo di infrastrutture sanitarie... in pratica, quella gente è sempre malata. L’acqua la trovano da sorgenti naturali, dove essa scorre tutt’altro che limpida e cristallina: si tratta, infatti, di pozze marroni puzzolenti che le persone sono costrette a condividere con il bestiame. Ciò le rende ancora più inquinate di quello che potrebbero essere all'origine, il risultato è quindi vermi per tutti!
Il lavoro sarà complicato in quell'area, perché molto lontana e senza risorse primarie come pietre, sabbia, cemento, bisognerà far portare tutti i materiali da Sawla e ciò renderà il lavoro non solo più difficoltoso, ma anche un balia del tempo. Le piogge detteranno quando lavorare e quando no. Dipenderà da ciò se le macchine riusciranno a raggiungere il posto.
Scendiamo per rientrare a Besketo Frehiwot, Sinishaw l'autista ed io; dopo 3 km da Galila, la pioggia ci assale e la macchina si blocca impantanata in una salita. Inutili i mille tentativi.. pietre da una parte, pietre all'altra… niente, intanto piove e siamo fuori dalla macchina tutti a capire e cercare una soluzione geniale, intanto ci bagniamo... La soluzione geniale purtroppo non arriva e continuiamo testardi a provare e riprovare, urlando a destra e a manca per recuperare persone che possano aiutarci a spingere la macchina fuori dal fango. Arrivano finalmente, dopo 2 ore riusciamo a muoverci... siamo tutti bagnati fin nelle mutande, la terra rossa si è appiccicata ovunque, ma lo sforzo comunitario, vedere la gente che trainava la macchia con noi, senza scarpe, con i pantaloni stracciati e senza interesse che non quello di darci una mano, ci ha aiutati ad essere tutti semplicemente contenti di essere riusciti insieme a sbloccare la macchina e continuare nel nostro percorso.
CVM ci mette il cuore e le persone con cui sto collaborando sono consce di questo. Ciò è bello, mi fa apprezzare il lavoro, mi fa apprezzare l'impegno che tutti ci mettono, mi trasmette motivazioni quando sono giù di morale, mi stimola e mi fa pensare.
Stessa storia per riscendere a Sawla e concludere la nostra visita, in questo periodo sta stranamente piovendo troppo e quindi ancora ci siamo ritrovati a dover spingere la macchina ad affrontare pioggia e strada di consistenza burrosa.
Pare che da adesso e per un po’ di tempo in avanti gli scarponi e l’impermeabile diventeranno gli amici più fidati delle visite sul campo.

Tabata Fioretto
Volontaria in Servizio Civile - Etiopia