mercoledì 6 luglio 2011

Astri Nascenti


Sono seduta al tavolino di un bar in compagnia di Emmanuel, il mio collega, è notte fonda, ma un flusso continuo di persone scorre ai bordi della strada che rappresenta una delle principali vie di comunicazione del paese (collegando la Tanzania al Kenya) e che taglia a metà questo villaggio collocato nell’entroterra tanzaniano, Lugoba. Le uniche luci sono quelle dei numerosi camion che viaggiano o che si fermano per la sosta notturna, i lumi delle lampade a petrolio che fanno chiarore nei piccoli chioschi sul ciglio della strada ancora aperti a notte inoltrata, le luci fioche dei bracieri sui quali si cuoce la carne. Lugoba è viva di notte: autisti e lavoratori della vicina compagnia di costruzioni vi si fermano per la notte o solo per alcune ore per trovare ristoro dopo la pesante giornata lavorativa, gruppetti di ragazze passeggiano, donne sedute a tavolini, dove offrono ai passanti del cibo tenuto al caldo in contenitori termici, gruppi di ragazzi si riuniscono per bere insieme o per una partita a biliardo. Occhi più esperti dei miei, quelli del mio collega, mi dicono che l’essere un punto di passaggio rende questo villaggio un luogo di alta trasmissione del virus dell’HIV: gli autisti e il lavoratori nei paraggi vengono in cerca compagnia per la notte o solo per alcune ore e trovano ad attenderli numerose ragazze e donne che, spesso molto povere e con scarse opportunità di guadagnare qualche spicciolo per sopravvivere, considerano la vendita del proprio corpo un’alternativa e proficua fonte di guadagno.

Io ed Emmanuel siamo a Lugoba per il training rivolto a Formatrici di Animatori locali (TOA: Trainers of Animators), che opereranno a livello comunitario per costruire una solida base di conoscenza sul tema dell’HIV/AIDS, dei diritti delle donne e dei bambini a livello di villaggio. Le 88 persone selezionate, ragazze e donne provenienti dai villaggi di tutto il Distretto di Bagamoyo, sono prevalentemente contadine o proprietarie di piccoli punti di ristoro per la colazione e il pranzo e sono state scelte perché già attive all’interno dei propri villaggi come educatrici dei propri coetanei e sostenitrici dei diritti di donne e bambini. Il corso, di 5 giorni, ha lo scopo di fornire loro le tecniche di animazione e le linee guida per il ruolo che dovranno svolgere all’interno dei loro villaggi. Esse dovranno essere in grado di diffondere informazioni sul tema dell’HIV/AIDS, contribuire alla riduzione dello stigma nei confronti delle persone sieropositive e stimolare la comunità verso iniziative di supporto nei loro confronti, promuovere i diritti di donne, ragazze e bambini e sviluppare una rete di collaborazione tra i diversi attori presenti nelle loro comunità, come capi di villaggio, associazioni o gruppi informali, leader religiosi, al fine di promuovere eventi di sensibilizzazione sull’importanza dei diritti di genere e del bambino.
Tra i temi di discussione toccati durante il corso anche la questione dei matrimoni e gravidanze precoci e i rituali d’iniziazione, che costituiscono attuali barriere all’educazione delle ragazze e al loro diritto di aspirare a un futuro privo di miseria.

Le cerimonie d’iniziazione sono ancora molto diffuse in alcune parti della Tanzania e hanno la funzione di sancire il passaggio delle giovani ragazze alla vita adulta. In genere una delle signore più anziane del villaggio conduce la ragazza in un luogo isolato e le insegna a comportarsi da donna, come essere una brava moglie e come saper soddisfare i bisogni del futuro marito. Non si conosce ancora molto su questi eventi, considerata la ritrosia mostrata dalla maggior parte delle donne nel parlarne, quando interrogate su questo particolare episodio della loro vita. L’occasione è attesa con trepidazione in particolar modo dalla madre della debuttante per via della festa che segue il rito. È consuetudine infatti invitare a casa tutte le donne del villaggio e da ciascuna di esse la mamma della festeggiata attende un regalo: per questo l’occasione è considerata un’opportunità per arricchire la famiglia e, in particolare la mamma, con numerosi nuovi kanga (stoffe utilizzate comunemente come abiti) da indossare. Questo momento segna l’ingresso nella società della ragazza e la comunità apprende che è pronta al matrimonio e ad abbandonare la famiglia di origine.

Come emerge dalle discussioni delle partecipanti, è inoltre frequente venire a conoscenza di casi di ragazzine che hanno abbandonato gli studi perché destinate in matrimonio dai propri genitori in età precoce o ragazze costrette ad abbandonare gli studi per via di una gravidanza precoce. L’ultimo caso proprio qui a Lugoba: una studentessa, formalmente morta per malaria, in realtà, così come ci spiega il preside della scuola, è deceduta in seguito a complicazioni derivanti da una gravidanza extrauterina. Aveva 16 anni.
A conferma di quanto questo corrisponda a realtà, durante la sessione pratica delle tecniche di animazione, è stata messa in scena una vicenda sul diritto all’educazione: la questione sorta a livello di villaggio che la futura TOA doveva risolvere concerneva la volontà di un padre di famiglia di promuove solamente l’educazione dei figli maschi, dal momento che pagare per l’educazione della figlia sarebbe risultato nell’arricchimento di un’altra famiglia, quella del futuro marito, e non di quella di origine. Il caso, risolto dall’aspirante TOA nel miglior dei modi, fornisce uno spiraglio sugli ostacoli culturali che inducono la maggior parte delle ragazze, specialmente quelle dei villaggi rurali, ad abbandonare la scuola e a vivere in condizioni di estrema povertà.
La speranza è che l’energia e l’impegno dimostrati in questi giorni costituiscano i fili conduttori del loro lavoro e gli agenti di un cambiamento reale che possa iniziare a livello di villaggio. Ed è ciò che sembra emergere dalle loro stesse parole.
HIDAYA HAMISI, 25 anni, sposata e madre di una bambina di 4 anni, ora senza lavoro dopo che il terreno su cui sorgeva la propria attività di mamalishe (proprietaria di un piccolo locale per la vendita di cibo) le è stato espropriato dallo stato per la costruzione della strada che collegherà Msata a Bagamoyo. Sprizza vitalità da tutti i pori ed è già attiva nel suo villaggio come animatrice di giovani, mi dice: “Quando ritornerò nel mio villaggio, vorrei presentarmi al Consiglio di Villaggio e vorrei organizzare degli incontri con il comitato per la prevenzione all’HIV/AIDS e quello per la protezione dei bambini più svantaggiati per collaborare alla pianificazione delle attività da implementare a livello di villaggio. La difficoltà principale che ho incontrato finora con i giovani è trasmettere loro l’importanza di assumere un comportamento responsabile all’interno dei rapporti di coppia e di utilizzare il preservativo nella prevenzione dell’HIV. Spero che grazie a questo corso di formazione sarò in grado di diventare una buona formatrice per i miei coetanei”.
EDINA LUGANO, 39 anni, vedova, è una contadina e per aumentare gli introiti è proprietaria di un piccolo negozio dove vende kanga e kitenge (stoffe tradizionali normalmente utilizzati come abiti). Non è facile mantenere tre figli e affrontare da sola il costo della loro educazione: il più grande va già all’università, gli altri due frequentano rispettivamente la scuola secondaria e il college per insegnanti. “Ho trovato molto interessante questo corso perché i temi trattati mi hanno fornito spunti per affrontare problematiche precedentemente incontrate ma a cui non avevo saputo trovare una soluzione. Sono già un’attivista dei diritti delle donne all’interno di un gruppo di donne, soprattutto perché nel mio villaggio non c’è disponibilità d’acqua e le donne devono percorrere molti kilometri per accedere al pozzo più vicino. Mi presenterò al Consiglio di Villaggio e coinvolgerò il gruppo di donne nella pianificazione delle attività. Il mio sogno è quello di creare un centro per i bambini più svantaggiati, in particolare bambini orfani”.


Valentina Romagnoletti (Volontaria CVM - Tanzania)

lunedì 4 luglio 2011

"Feed the Future"... or someone else?


USAID, l’agenzia di cooperazione internazionale degli Stati Uniti ha recentement lanciato una nuova iniziativa per ridurre la fame e la povertà e migliorare la sicurezza alimentare in Tanzania, Etiopia e altri 18 paesi al mondo considerati prioritari per le loro condizioni di povertà e insicurezza alimentare. L’iniziativa si chiama “Feed the Future”, “Nutrire il futuro” e si focalizza sull’ aumentare la disponibilità e accesso ad alimenti primari com il riso e il mais attraverso migliori sementi, tecniche agricole moderne, costante irrigazione e affidabilti infrastrutture rurali. Altre componenti del progetto includono il miglioramento della nutrizione dei nuclei famigliari, riforme del settore agricolo, ricerca e sviluppo e partnership con enti pubblici e privati per favorire la crescita del settore agricolo.
In Tanzania il progetto è il linea con altre iniziative precedentemente approvate dal governo come Kilimo Kwanza (L’agricoltura per prima) e il corridoio per la crescita agricola in Africa meridionale (SAGCOT).

Finora, il progetto ha suscitato forti reazioni sia a livello nazionale che internazionale, ci sono forti dubbi sull’impatto che quest’iniziativa potrà avere per i piccoli agricoltori in quanto la loro voce è stata scarsamente tenuta in considerazione nello sviluppo del progetto. Il timore della società civile che rappresenta i piccoli agricoltori è che l’approccio scelto da USAID, incentrato su produzione meccanizzata, grandi estensioni a monocoltura e l’uso di pesticidi, fertilizzanti e sementi geneticamente modificati venduti da compagnie americane, non contribuirà a ridurre il livello di povertà della maggioranza degli agricoltori tanzaniani ma aumentarà i profitti per le grandi industrie e i grandi proprietari terriere marginalizzando e impoverendo ancora di più i piccoli agricoltori che si vedranno anche sottrarre la loro terra a vantaggio di grande compagnie agricole, spesso straniere.

Stefano Battain
(Country Representative CVM Tanzania)

"We Are The Children!"


The capital of Amhara region, Bahir Dar was seemed to be a city which is under the control of chil¬dren. The main road of the city was covered with the flood of boys and girls. A dozen of children whose faces clearly revealed self confidence were dancing collectively and singing various songs of the nation and nationalities of Ethiopia, some others were also doing different sport competitions with strength and endurance. Most of these children were dressed light blue t-shirt and white cape whose meanings refere to purity, birth, cleanliness, peace, humility, truth, confidence etc. Because, it was June/17/2011, the African’s Children Day, which brought the slogan – “Let’s support Orphan and Vulnerable Children with Community Based Alternative Care.”


Most of the passer -by were looking at these children in a very confused sprit of what is happening. When I first saw the children and their impressive shows, I asked my colleague if what I was looking was not in a dream; be¬cause it was something new to one Ethiopian to see such outshined and self confidential children, particularly girls. Although my my heart was in the way to join the hot dancing party of these role model children, my mind latter prohibited from doing it. What made me and the passer-by surprise was the chil¬dren’s dance skill that was almost perfect. It is still unanswered question to everyone who was there in the program, where and how have the children got the skill to dance dif¬ferent types of nation and nationality dances which are difficult to many people. I asked some people if there is government or non-governmental organization which taught all those dances to the children, but the answer I got was something amazing – “nobody taught them.” My colleague who participated in or¬ganizing the program told me that the region¬al Women, children and youth Affair collected the children directly from different elementary schools found in Bahir Dar city. Among the children there were even many street children.

The children transferred different key and strong messages ranging from calling the peo¬ple to be involved in the Community Based Alternative Child Care Program to indicating the importance of protecting children’s rights as to succeed the Ethiopian Millennium De¬velopment Goal. While following the activi¬ties of the children I asked myself my usual questions – “When the long time dreams of millions Ethiopian children such as peace, love, basic nutrition, cloth, education, health care and respect will turn in to a reality? when will these children be safe from being subjected to in human treatments, labour exploitation, differ¬ent HTP and other human right violation?”

As a part of the program, there were 1000 me¬ter children running. Although the children didn’t dress sport cloths and shoes, they com¬peted each other dressing their usual trouser and plastic shoes etc. What was more sad and amazing was to see while some children were running without shoes on the high way that was very hot by the strong sun of Bahir Dar. It immediately remembered me Abebe Bekela, the long distance famous and legend¬ary Ethiopian runner who run 45 kilometres without shoe and won the Rome Olympic Marathon gold medal. In here, although I hoped these shoe-less but courageous children to be the winners like Bekela, it couldn’t be more than hop. However, I hoped again as these courageous children to be a winner one day, in the felid they will be involved.

The music went on playing, the dance of the children as well. Although it was my wish to stay with the children shearing their future dreams, my further programs forced me to move away. In fact, de¬spite the fact that my soul was departed from the children, my sprit was remained with them in the fast, happiness and hope.

Betre Yacob
(IEC - CVM Amhara Regional Office, Etiopia)