Sono seduta al tavolino di un bar in compagnia di Emmanuel, il mio collega, è notte fonda, ma un flusso continuo di persone scorre ai bordi della strada che rappresenta una delle principali vie di comunicazione del paese (collegando la Tanzania al Kenya) e che taglia a metà questo villaggio collocato nell’entroterra tanzaniano, Lugoba. Le uniche luci sono quelle dei numerosi camion che viaggiano o che si fermano per la sosta notturna, i lumi delle lampade a petrolio che fanno chiarore nei piccoli chioschi sul ciglio della strada ancora aperti a notte inoltrata, le luci fioche dei bracieri sui quali si cuoce la carne. Lugoba è viva di notte: autisti e lavoratori della vicina compagnia di costruzioni vi si fermano per la notte o solo per alcune ore per trovare ristoro dopo la pesante giornata lavorativa, gruppetti di ragazze passeggiano, donne sedute a tavolini, dove offrono ai passanti del cibo tenuto al caldo in contenitori termici, gruppi di ragazzi si riuniscono per bere insieme o per una partita a biliardo. Occhi più esperti dei miei, quelli del mio collega, mi dicono che l’essere un punto di passaggio rende questo villaggio un luogo di alta trasmissione del virus dell’HIV: gli autisti e il lavoratori nei paraggi vengono in cerca compagnia per la notte o solo per alcune ore e trovano ad attenderli numerose ragazze e donne che, spesso molto povere e con scarse opportunità di guadagnare qualche spicciolo per sopravvivere, considerano la vendita del proprio corpo un’alternativa e proficua fonte di guadagno.
Io ed Emmanuel siamo a Lugoba per il training rivolto a Formatrici di Animatori locali (TOA: Trainers of Animators), che opereranno a livello comunitario per costruire una solida base di conoscenza sul tema dell’HIV/AIDS, dei diritti delle donne e dei bambini a livello di villaggio. Le 88 persone selezionate, ragazze e donne provenienti dai villaggi di tutto il Distretto di Bagamoyo, sono prevalentemente contadine o proprietarie di piccoli punti di ristoro per la colazione e il pranzo e sono state scelte perché già attive all’interno dei propri villaggi come educatrici dei propri coetanei e sostenitrici dei diritti di donne e bambini. Il corso, di 5 giorni, ha lo scopo di fornire loro le tecniche di animazione e le linee guida per il ruolo che dovranno svolgere all’interno dei loro villaggi. Esse dovranno essere in grado di diffondere informazioni sul tema dell’HIV/AIDS, contribuire alla riduzione dello stigma nei confronti delle persone sieropositive e stimolare la comunità verso iniziative di supporto nei loro confronti, promuovere i diritti di donne, ragazze e bambini e sviluppare una rete di collaborazione tra i diversi attori presenti nelle loro comunità, come capi di villaggio, associazioni o gruppi informali, leader religiosi, al fine di promuovere eventi di sensibilizzazione sull’importanza dei diritti di genere e del bambino.
Tra i temi di discussione toccati durante il corso anche la questione dei matrimoni e gravidanze precoci e i rituali d’iniziazione, che costituiscono attuali barriere all’educazione delle ragazze e al loro diritto di aspirare a un futuro privo di miseria.
Le cerimonie d’iniziazione sono ancora molto diffuse in alcune parti della Tanzania e hanno la funzione di sancire il passaggio delle giovani ragazze alla vita adulta. In genere una delle signore più anziane del villaggio conduce la ragazza in un luogo isolato e le insegna a comportarsi da donna, come essere una brava moglie e come saper soddisfare i bisogni del futuro marito. Non si conosce ancora molto su questi eventi, considerata la ritrosia mostrata dalla maggior parte delle donne nel parlarne, quando interrogate su questo particolare episodio della loro vita. L’occasione è attesa con trepidazione in particolar modo dalla madre della debuttante per via della festa che segue il rito. È consuetudine infatti invitare a casa tutte le donne del villaggio e da ciascuna di esse la mamma della festeggiata attende un regalo: per questo l’occasione è considerata un’opportunità per arricchire la famiglia e, in particolare la mamma, con numerosi nuovi kanga (stoffe utilizzate comunemente come abiti) da indossare. Questo momento segna l’ingresso nella società della ragazza e la comunità apprende che è pronta al matrimonio e ad abbandonare la famiglia di origine.
Come emerge dalle discussioni delle partecipanti, è inoltre frequente venire a conoscenza di casi di ragazzine che hanno abbandonato gli studi perché destinate in matrimonio dai propri genitori in età precoce o ragazze costrette ad abbandonare gli studi per via di una gravidanza precoce. L’ultimo caso proprio qui a Lugoba: una studentessa, formalmente morta per malaria, in realtà, così come ci spiega il preside della scuola, è deceduta in seguito a complicazioni derivanti da una gravidanza extrauterina. Aveva 16 anni.
A conferma di quanto questo corrisponda a realtà, durante la sessione pratica delle tecniche di animazione, è stata messa in scena una vicenda sul diritto all’educazione: la questione sorta a livello di villaggio che la futura TOA doveva risolvere concerneva la volontà di un padre di famiglia di promuove solamente l’educazione dei figli maschi, dal momento che pagare per l’educazione della figlia sarebbe risultato nell’arricchimento di un’altra famiglia, quella del futuro marito, e non di quella di origine. Il caso, risolto dall’aspirante TOA nel miglior dei modi, fornisce uno spiraglio sugli ostacoli culturali che inducono la maggior parte delle ragazze, specialmente quelle dei villaggi rurali, ad abbandonare la scuola e a vivere in condizioni di estrema povertà.
La speranza è che l’energia e l’impegno dimostrati in questi giorni costituiscano i fili conduttori del loro lavoro e gli agenti di un cambiamento reale che possa iniziare a livello di villaggio. Ed è ciò che sembra emergere dalle loro stesse parole.
HIDAYA HAMISI, 25 anni, sposata e madre di una bambina di 4 anni, ora senza lavoro dopo che il terreno su cui sorgeva la propria attività di mamalishe (proprietaria di un piccolo locale per la vendita di cibo) le è stato espropriato dallo stato per la costruzione della strada che collegherà Msata a Bagamoyo. Sprizza vitalità da tutti i pori ed è già attiva nel suo villaggio come animatrice di giovani, mi dice: “Quando ritornerò nel mio villaggio, vorrei presentarmi al Consiglio di Villaggio e vorrei organizzare degli incontri con il comitato per la prevenzione all’HIV/AIDS e quello per la protezione dei bambini più svantaggiati per collaborare alla pianificazione delle attività da implementare a livello di villaggio. La difficoltà principale che ho incontrato finora con i giovani è trasmettere loro l’importanza di assumere un comportamento responsabile all’interno dei rapporti di coppia e di utilizzare il preservativo nella prevenzione dell’HIV. Spero che grazie a questo corso di formazione sarò in grado di diventare una buona formatrice per i miei coetanei”.
EDINA LUGANO, 39 anni, vedova, è una contadina e per aumentare gli introiti è proprietaria di un piccolo negozio dove vende kanga e kitenge (stoffe tradizionali normalmente utilizzati come abiti). Non è facile mantenere tre figli e affrontare da sola il costo della loro educazione: il più grande va già all’università, gli altri due frequentano rispettivamente la scuola secondaria e il college per insegnanti. “Ho trovato molto interessante questo corso perché i temi trattati mi hanno fornito spunti per affrontare problematiche precedentemente incontrate ma a cui non avevo saputo trovare una soluzione. Sono già un’attivista dei diritti delle donne all’interno di un gruppo di donne, soprattutto perché nel mio villaggio non c’è disponibilità d’acqua e le donne devono percorrere molti kilometri per accedere al pozzo più vicino. Mi presenterò al Consiglio di Villaggio e coinvolgerò il gruppo di donne nella pianificazione delle attività. Il mio sogno è quello di creare un centro per i bambini più svantaggiati, in particolare bambini orfani”.
Valentina Romagnoletti (Volontaria CVM - Tanzania)