venerdì 4 novembre 2011

La lunga strada verso... l'acqua

 Marwa è un villaggio situato nel distretto di Same, a nord della Tanzania. La zona è particolarmente arida e le piogge sono scarse in tutto il periodo dell’anno. A Marwa vivono circa 2.000 persone, per lo più Maasai che hanno dovuto abbandonare il loro insediamento d’origine a causa dell’apertura del parco naturale del Mkomazi. Nel villaggio c’è un pozzo solo, ma l’acqua è troppo salata e praticamente inutilizzabile. La distanza tra il villaggio e il fiume Pangani è di 2 ore di cammino. Due ore per andare e altre due ore per tornare dalla fonte di acqua più vicina e raccogliere al massimo due taniche di acqua, che sicuramente non basteranno a soddisfare le esigenze di una famiglia assai numerosa. Acqua che per essere potabile si dovrà bollire e ciò richiede altro lavoro perché serve legna da ardere.

 La mancanza di acqua potabile condiziona inevitabilmente la vita dell’intera comunità compromettendo la salute di tutti, ma sono le donne a subirne le conseguenze più gravi a causa della loro vulnerabilità materiale, la loro esclusione dai processi decisionali e dalla gestione delle risorse e la mancanza di sensibilità di genere. La negazione del diritto all’acqua compromette inevitabilmente l’accesso ad altri diritti, come quello all’istruzione, al lavoro e alla salute. La raccolta dell’acqua occupa infatti gran parte della giornata e richiede un gran dispendio di energie. Questo vuol dire che le bambine lasciano la scuola, le ragazze non avranno quindi capacità e tempo di trovare un lavoro e il peso e la fatica del trasporto avrà conseguenze per la loro salute: soffrono dolori alla schiena, le loro spine dorsali sono ricurve e deformità pelviche sono date dal carico dei grossi contenitori d’acqua portati sulla testa. E non importa se sono malate, disabili, in gravidanza o se sono troppo giovani o troppo anziane, perché la raccolta dell’acqua è il primo punto di una lista lunga di compiti quotidiani che spettano alle donne Maasai: pulire, cucinare, lavare, prendersi cura dei bambini, accudire il bestiame sono solo alcune delle loro attività giornaliere e per tutte c’è bisogno di acqua.

 Per questo la giornata delle mamme e delle giovani donne Maasai inizia sempre alle 5 del mattino. Dopo aver munto le mucche ed essersi prese cura del bestiame, caricano le taniche di plastica sulla testa e si incamminano verso il fiume. Il corso d’acqua non è sicuro, perché infestato di coccodrilli che attaccano essere umani e animali. Il percorso verso l’acqua è lungo, assolato, pieno di pericoli e faticoso e sono sempre e solo le giovani donne a farlo. Per fortuna mai sole, sono almeno in coppia, per aiutarsi, per proteggersi a vicenda, per procurare una risorsa alla quale non si può rinunciare, della quale non si può fare a meno. Ma come potrebbe cambiare la loro vita se l’acqua fosse disponibile nel loro villaggio? Quanta sofferenza potrebbero risparmiarsi e quanto di bello può venir fuori dall’unione delle loro forze?


Daniela Biocca (Volontaria CVM - Tanzania)

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