Marwa
è un villaggio situato nel distretto di Same, a nord della Tanzania. La zona è
particolarmente arida e le piogge sono scarse in tutto il periodo dell’anno. A
Marwa vivono circa 2.000 persone, per lo più Maasai che hanno dovuto
abbandonare il loro insediamento d’origine a causa dell’apertura del parco
naturale del Mkomazi. Nel villaggio c’è un pozzo solo, ma l’acqua è troppo
salata e praticamente inutilizzabile. La distanza tra il villaggio e il fiume
Pangani è di 2 ore di cammino. Due ore per andare e altre due ore per tornare dalla
fonte di acqua più vicina e raccogliere al massimo due taniche di acqua, che
sicuramente non basteranno a soddisfare le esigenze di una famiglia assai numerosa.
Acqua che per essere potabile si dovrà bollire e ciò richiede altro lavoro
perché serve legna da ardere.
La
mancanza di acqua potabile condiziona inevitabilmente la vita dell’intera
comunità compromettendo la salute di tutti, ma sono le donne a subirne le
conseguenze più gravi a causa della loro vulnerabilità materiale, la loro
esclusione dai processi decisionali e dalla gestione delle risorse e la
mancanza di sensibilità di genere. La negazione del diritto all’acqua compromette
inevitabilmente l’accesso ad altri diritti, come quello all’istruzione, al
lavoro e alla salute. La raccolta dell’acqua occupa infatti gran parte della
giornata e richiede un gran dispendio di energie. Questo vuol dire che le bambine
lasciano la scuola, le ragazze non avranno quindi capacità e tempo di trovare
un lavoro e il peso e la fatica del trasporto avrà conseguenze per la loro
salute: soffrono dolori alla schiena, le loro spine dorsali sono ricurve e
deformità pelviche sono date dal carico dei grossi contenitori d’acqua portati
sulla testa. E non importa se sono malate, disabili, in gravidanza o se sono
troppo giovani o troppo anziane, perché la raccolta dell’acqua è il primo punto
di una lista lunga di compiti quotidiani che spettano alle donne Maasai:
pulire, cucinare, lavare, prendersi cura dei bambini, accudire il bestiame sono
solo alcune delle loro attività giornaliere e per tutte c’è bisogno di acqua.
Per
questo la giornata delle mamme e delle giovani donne Maasai inizia sempre alle
5 del mattino. Dopo aver munto le mucche ed essersi prese cura del bestiame,
caricano le taniche di plastica sulla testa e si incamminano verso il fiume. Il
corso d’acqua non è sicuro, perché infestato di coccodrilli che attaccano
essere umani e animali. Il percorso verso l’acqua è lungo, assolato, pieno di
pericoli e faticoso e sono sempre e solo le giovani donne a farlo. Per fortuna
mai sole, sono almeno in coppia, per aiutarsi, per proteggersi a vicenda, per
procurare una risorsa alla quale non si può rinunciare, della quale non si può
fare a meno. Ma come potrebbe cambiare la loro vita se l’acqua fosse
disponibile nel loro villaggio? Quanta sofferenza potrebbero risparmiarsi e
quanto di bello può venir fuori dall’unione delle loro forze?
Daniela Biocca (Volontaria CVM - Tanzania)
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