Eccomi qui, secondo giorno a Bagamoyo.
É cosi strano. Ci sono momenti in cui mi sembra di sentire un non so
che di familiare, di quotidianità. Altri in cui mi ricordo dove
sono, e quanto è distante casa.
Sono già stata in ufficio CVM. In
questi giorni è quasi vuoto perché tanti colleghi sono in field. E
allora oggi, in un attimo di tempo, sono andata al mercato. Prima
volta. Anche in Madagascar, il mio “battesimo del fuoco” era
cominciato dal mercato. Ci sono andata con Situmai, la cuoca
dell’ufficio. Lei non parla una parola di inglese, io ne so a mala
pena due di swahili. Una coppia perfetta. Sono partita con una lista
della spesa tradotta in swahili da Daniela. Ad ogni banchetto
mostravo la lista alla mia fida accompagnatrice, lei chiedeva e
mercanteggiava, poi mi scriveva i prezzi sul foglio – cosi riesco a
imparare più o meno il valore delle cose – e poi pagavo. Pomodori,
cetrioli, carote, arance, latte e yogurt che qui vendono in sacchetti
di plastica come quelli delle mozzarelle. Ecco la spesa. Ho passato
due ore cosi. Ascoltare, guardare, senza capire nulla o quasi,
seguirla nell’intricato garbuglio delle stradine di Bagamoyo.
Stradine di sabbia, polvere che la gente spazza agli angoli delle
porte, polvere che ti entra negli occhi in questo periodo di vento,
strade che sanno di spezie e di carbone bruciato. E botteghe da cui
esce la musica, e macellerie dove i pezzi di carne stanno appesi ai
chiodi nei muri di piastrelle celesti. Immagini e sensazioni che mi
riportano al Madagascar. E nello stesso tempo qualcosa di sempre
nuovo, di sempre diverso, che mi àncora stretta a questo presente e
mi stupisce e un po’ mi spaventa. E mi lascia addosso un po’ di
quella paura eccitata che si prova sempre davanti a quello che non si
conosce. C’è odore di salsedine nell’aria. Forse è solo una mia
suggestione, ma sento la vicinanza dal mare qui, e quel caldo umido
tipico solo dei posti vicino all’acqua. E poi la donne velate che
ondeggiano per le strade, bellissime nei loro veli multicolori che
incorniciano i visi e proteggono dalla polvere. E poi i piki piki, le
moto taxi che vedo qui per la prima volta. Per tornare in ufficio ne
abbiamo presa una. In tre su una moto. Io aggrappata all’autista
con i sacchetti della spesa. Situmai aggrappata a me con i suoi
sacchetti.
I viaggi mi portano sempre a pensare.
Anche quelli scomodi e brevi come questo. Mentre rischiavo di perdere
pomodori dalle buste di plastica nera. Penso ai mesi che mi
aspettano. Se saprò vivere appieno questo tempo e questa
opportunità. Una delle poche espressioni che ho imparato (e che
ricordo) ieri insegnatami da un collega è “Kazi njema”=“buon
lavoro”. Mi auguro che non sia solo un’affermazione ma un
augurio e un invito per i prossimi mesi.
Valentina Codeluppi (SVE Bagamoyo, Tanzania)
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