venerdì 24 settembre 2010

Il Capodanno dei bambini di strada a Lumami


Se per il mondo in generale l’11 settembre oggi è associato al terribile attacco alle Torri Gemelle di New York, per il popolo etiope questa data ha storicamente un significato totalmente diverso ed è occasione di festa grande: è il 1° giorno del mese di Meskerem, il primo giorno dell’anno. Il calendario di questo Paese e il nostro sono infatti molto diversi e nei giorni scorsi gli Abesha (come viene chiamata la popolazione locale) hanno dato il benvenuto al 2003. Il capodanno è un’occasione speciale in cui la famiglia si ritrova: chi lavora o studia lontano da genitori e parenti, se ha le possibilità economiche e il tempo sufficiente, di solito affronta viaggi spesso lunghi e massacranti per trascorrere con i propri cari questa ricorrenza. Le persone se ne stanno con familiari e vicini: nei giorni precedenti i meno poveri si procurano pecore o polli e, il primo dell’anno, già dal mattino presto cominciano i preparativi per cucinare le specialità tipiche. Si comincia a mangiare alle 9 e si continua fino a sera, chiacchierando in famiglia e facendo visita a vicini o parenti. Sui piatti abbondano enjera con carne (pecora o pollo cucinati in diversi modi), yogurt, hambascia (pane tipico), kolo (noccioline), il tutto accompagnato da tella (la birra locale fatta in casa) e dall’immancabile cerimonia del caffè. A benedire la ricorrenza ci pensano i preti ortodossi che, muniti di grandi tamburi, girano per le case cantando e danzando - la preghiera è fatta anche di questo - e ricevendo in cambio piccole donazioni. In famiglia, poi, è usanza regalarsi qualche abito nuovo; in molti però non possono permetterselo, così in genere c’è l’abitudine di lavare il misero guardaroba che ognuno possiede. Davanti ad ogni casa è una distesa di vestiti, non di rado consumati e strappati, messi ad asciugare.
Se per tradizione questa è una data speciale, per i milioni di bambini di strada che affollano ogni angolo d’Etiopia è un giorno come un altro, ricco solo di sofferenze e privazioni. Niente famiglia con cui passare il tempo, niente cibo da gustare per salutare l’anno vecchio e accogliere il nuovo. Per loro non c’è festa e non c’è il calore dei parenti, ma solo l’ennesima battaglia giornaliera per conquistare qualcosa da mettere sotto i denti. Molti di loro, forse, non sanno neanche cosa vuol dire celebrare il capodanno con i propri cari, poiché sono finiti in strada quand’erano veramente piccolissimi e non hanno mai avuto nessuno che si occupasse di loro.
Nella città di Lumami in Awabal woreda, però, quest’anno il capodanno è arrivato anche per alcuni di questi sfortunati ragazzini: quasi duecento orfani hanno potuto festeggiare tale ricorrenza circondati da persone che hanno a cuore la loro vita e che provano a fare qualcosa affinché anche loro abbiano una piccola speranza per il futuro. Non importa se il primo dell’anno è arrivato con qualche giorno di anticipo (per questioni pratiche l’evento è stato infatti organizzato il 6 settembre), ciò che conta è aver regalato a questi sfortunati bambini un momento di gioia, aver fatto sentir loro un po’ d’affetto, accompagnato da cibo per tutti da gustare senza prima aver lottato per ottenerlo. La cerimonia è stata organizzata da un gruppo di giovani studenti universitari, trentasei in tutto, con l’appoggio dei colleghi del college, di gente comune che volontariamente ha cucinato e messo a disposizione materiali e denaro. A sostenere l’iniziativa anche l’HAPCO (l’Ufficio per la Prevenzione e il Controllo dell’HIV/AIDS), diversi uffici governativi e qualche Organizzazione non governativa.
Sotto un tendone traballante fatto di storti bastoni e pezzi di plastica strappati, lungo la via principale di Lumami, in modo da attirare l’attenzione dei passanti e sensibilizzare così quanta più gente possibile, sono stati riuniti circa duecento orfani, spesso vittime dell’AIDS che ha ucciso i loro genitori, lasciandoli privi di sostentamento e costringendoli a vivere per strada. Qualcuno magari ha ancora un genitore in vita o qualche altro familiare, ma spesso le condizioni di povertà sono tali che, anche se ci sono parenti, questi non possono prendersi cura di loro. Tra questi duecento ragazzini di strada anche una ventina di quelli rientrati nei progetti di sostegno che il CVM sta mettendo in campo nella woreda di Lumami.
Essendo una festa di certo non poteva mancare la musica, che tra l’altro è una compagna fedele della vita degli Etiopi, sparata a tutto volume, com’è abitudine, tramite una pianola, un amplificatore e grosse casse, appositamente montati per l’occasione. Tanto per cominciare dalle necessità base, la festa ha preso il via con la distribuzione del cibo ai bambini presenti: al bando il tradizionale rispetto che vuole gli adulti serviti per primi: quello era il giorno dei ragazzi di strada e loro dovevano esser al centro dell’attenzione. Per prima cosa quindi hanno mangiato i bambini e solo dopo ospiti e organizzatori. Enjera (sorta di pane etiope preparato dal cereale teff), carne, pane e acqua per tutti: un lusso per chi è abituato a vivere degli scarti degli hotel, quando riesce a trovarne. I ragazzini non hanno di certo fatto complimenti e si sono buttati come lupi affamati sui piatti, non lasciando neanche un rimasuglio e stando ben attenti a raccogliere tutto, anche ciò che scivolava sui vestiti. Poi è stata la volta dei saluti e delle dichiarazioni di ospiti e organizzatori, che hanno ribadito la volontà di potenziare le iniziative a favore degli orfani nella woreda di Lumami.
Infine il momento dei doni: l’avvio del nuovo anno scolastico era alle porte e ai ragazzini servono quaderni e penne, ma anche uniformi e vestiti, perché molti di loro sono praticamente coperti di stracci sporchi e non ci poteva essere occasione migliore di questa per consegnare loro un po’ di materiale utile. È stata la generosità della gente a rendere ciò possibile: è grazie alle donazioni della popolazione, delle persone comuni, che gli organizzatori hanno infatti potuto offrire il pranzo ai ragazzini di strada e comprar loro il necessario per la scuola, qualche divisa e alcune magliette. Per questa volta la comunità è riuscita a raccogliere materiale per circa 6.600 ETB (€ 366 circa).
Purtroppo, però, i ragazzini orfani sono veramente tanti ed aiutarli tutti è praticamente impossibile: dei duecento invitati alla cerimonia solo per una settantina c’erano quaderni e vestiti, gli altri dovranno aspettare, per loro anche quest’anno niente istruzione. È triste, molto triste ed ingiusto, ma non c’è alternativa. Gli studenti universitari si sono dati tanto da fare per raccogliere soldi e materiali facendo promozione in giro, andando di casa in casa e organizzando serate musicali, ma le donazioni non sono state sufficienti. Se per tutti e duecento c’era un pasto caldo per festeggiare il nuovo anno, solo per meno della metà c’era anche il supporto materiale in vista dell’inizio della scuola. Ed è ancora più scoraggiante se si pensa che, in realtà, nella woreda in questione sono oltre mille gli orfani che avrebbero bisogno di aiuto, ma non ci sono i mezzi per tutti, neanche per la metà di loro.
I fortunati sono stati chiamati uno alla volta dagli organizzatori, ad incitarli una musica fatta da mani battute a ritmo: ognuno si faceva spazio tra la folla e andava a prendersi il suo “regalo”. Alcuni piccolissimi, altri un po’ più grandi. Quasi tutti con indosso abiti lisi e rotti, non della giusta misura, rattoppati e sporchi, tanti senza scarpe ai piedi. I volti spesso segnati da una vita difficile trascorsa nella strada, senza nessuno a proteggerli e senza la minima conoscenza delle norme igieniche. Era commovente vederli procedere, chi intimorito chi fiero e sorridente, mentre i compagni, anche quelli per i quali non c’era alcun dono, schioccavano le mani per festeggiarli e partecipare con fervore alla loro gioia.
Questa volta il capodanno è stato un giorno speciale anche per loro, la speranza è che non sia l’ultimo che festeggeranno, che la generosità della gente renda possibile aprire delle strade per il futuro di questi bimbi sfortunati e ci siano altri giorni come quello da poco trascorso, in cui il cibo non manca e l’istruzione non sia solo un sogno irraggiungibile.

Camilla Corradini
Volontaria CVM, Etiopia

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