27
Novembre 2012
Eccomi
atterrata ad Addis Abeba, con un'ora di ritardo accumulato già prima
di partire a causa di qualche guasto che ha provocato un black out
nell'abitacolo dell'aereo. La partenza, quindi, non è stata molto
rilassante, ma poco dopo il decollo mi sono rilassata al punto che
non ho sentito il trambusto che all'una e mezza di notte le hostess
stavano facendo per servire la cena!!!! Ma siccome la fame c'era ed
era tanta mi sono gustata una cenetta, piccante, prima di ricadere
nelle braccia di Morfeo.
Abbandonato
Morfeo, il mio viso è stato illuminato da una luce arancione che
emergeva dall'oscurità della notte, di quella che può esistere solo
al di sopra delle nuvole, dove ero io, appunto.
Un'accogliente
alba calda mi ha accompagnato fino a Bole Airport, l'aeroporto di
Addis! Questo viaggio verso il Nuovo è stato un piacevole levitare
verso l'alto in compagnia di una forte emozione che mi impediva di
comprendere fino in fondo i veri sentimenti che stavo provando. Alla
domanda “come ti senti?” ho saputo sempre e solo rispondere
“strana”. In effetti così mi sentivo, strana: riuscivo ad
immaginare solo fino al momento dell'imbarco, oltre la mia mente non
riusciva ad arrivare. Come se il mondo, la mia vita, finisse una
volta salita a bordo dell'aereo che mi avrebbe portato ad Addis. E se
ci rifletto ne comprendo il motivo. Sono a una svolta, ho lasciato
quanto conosco per andare incontro a quanto ancora non conosco. Mi
sono svuotata per riempirmi, per ricevere. E' cresciuta in me una
forte curiosità, la sana curiosità che permette all'animo di
esplorare, scoprire e rendere proprio.
Una
volta atterrata e sbrigate le pratiche burocratiche del visto, ovvero
solo la verifica in quanto sul passaporto avevo già il Business Visa
valido per 3 mesi, mi sono ritrovata davanti Antonella e Valentina,
le due ragazze volontarie del CVM che vivono ad Addis. Fino ad ora ho
omesso, volutamente, un importante elemento: non ho viaggiato sola.
Ritengo sia importante precisarlo perché affrontare il viaggio di
transizione con una persona che vivrà la tua stessa, no stessa no,
simile, ecco sì simile esperienza possa essere di sostegno!
Il
motivo per cui fino a questo momento non ho citato Giulia, la ragazza
che ha viaggiato con me appunto, è dovuto all'emotività: le
emozioni sono solo esclusivamente personali. Ho preferito lasciare
correre liberamente il pensiero seguendo le emozioni che ho provato
durante il viaggio. Comunque, all'aeroporto Antonella e Valentina,
come stavo scrivendo, sono venute a prenderci con l'auto.
La
prima cosa che ho notato, da subito, è la dimestichezza con cui le
due ragazze che ormai vivono ad Addis da un anno interagiscono con le
persone locali e soprattutto con il traffico!! A vedere il caos
ordinato che avvolge tutte le strade è sorprendente. Tante auto,
poche regole rispettate, ma poco clacson e molta calma. Un caos
ordinato, appunto!
Dopo
aver consumato una buona colazione in un bar fidato (dove anche i
farengi -i bianchi senza distinzione di genere né di razza- possono
consumare senza preoccupazioni di “attacchi” vari al proprio
intestino) abbiamo fatto un passaggio veloce all'ufficio del CVM, in
cui abbiamo conosciuto le persone dello staff locale (di cui ahimè
ho difficoltà, molta, a ricordare i nomi) e abbiamo visto le nostre
future postazioni per questi prossimi quindici giorni, per quanto
riguarda me, e per i prossimi trenta giorni, per quanto riguarda
Giulia.
Lungo
la strada, la stradina sterrata che collega la “via” dell'ufficio
del CVM alla strada principale (un lungo viale, asfaltato e caotico),
Antonella si è fermata davanti una botteguccia in legno per comprare
le ricariche per le schede sim appena consegnateci dalla segretaria
del CVM. Non mi è ancora chiaro quanto costi la vita ad Addis, ma
dal poco che ho potuto vedere non penso molto: esistono ricariche da
poco più di 1 €.
E'
evidente che la mia ultima affermazione è ancora molto legata a un
confronto con il mio Paese di origine. Per me 1 € può avere poco
valore, per il costo della vita in Etiopia non lo so ancora,ma
potrebbe essere paragonabile alle nostre ricariche da 10 €. Ritengo
che questi aspetti all'inizio uno li noti in rapporto al costo della
vita nel proprio Paese, in seguito, penso che uno cominci a fare i
calcoli non più rapportandosi al costo della vita nel proprio Paese,
bensì al costo della vita nel Paese in cui risiede. Così, potrebbe
anche scoprire che se non percepisce caro il costo della vita, questo
può esserlo per una persona locale che vive e lavora da sempre in
quel Paese.
Arrivate
a casa, dopo aver percorso un paio di viali asfaltati e caotici
attraverso i quali, per farsi strada, Antonella sfoggiava
all'occorrenza un bel sorriso e un gesto elegante con il braccio
fuori dal finestrino e dopo aver percorso una stradina in pendenza
non sterrata ma “acciottolata” (i ciottoli sono pietre enormi
sconnesse fra loro), siamo state accolte da un bel balcone “vista
Addis”.
Il mio
pomeriggio è trascorso disfacendo le valigie, selezionando i vestiti
che terrò per Addis, provare a riempire il piccolo borsone di scorta
solo con i vestiti che metterò in questi quindici giorni ad Addis e
a rifare la altre due valigie. Ero veramente stanca, il letto mi
chiamava, mi proponeva di sdraiarmi e abbandonarmi in un bel sonno
ristoratore. Giulia aveva ascoltato il letto, io fino a quando non
avessi finito il travaso delle tre valigie non avrei potuto. Il
travaso è stato molto utile: fra circa quindici giorni prenderò
l'autobus di linea che mi porterà a Debre Markos. Impensabile e
impossibile prenderlo con 2 valigie da venti-tre chili l'una! In
mattinata all'ufficio ho conosciuto Geremow, il referente e
responsabile dello staff di Debre Markos, con cui collaborerò molto
nei prossimi mesi, il quale mi ha proposto di lasciargli il bagaglio
più pesante che avrebbe portato lui a Debre Markos rientrando il
giorno dopo. Perfetto: disfatto, rifatto e fatto valigie!
Alle
14,30 locali, siamo arrivate alle ore 8 con cena ancora sullo
stomaco, mi sono fatta una bella doccia ristoratrice per poter
uscire. Non avevo però fatto i conti con la stanchezza: appena
rientrata nella camera dopo la doccia, il letto ha cominciato a
invitarmi in modo insistente e io, questa volta, ho deciso di
accettare l'invito. Morfeo mi ha avvolto in un morbido abbraccio per
circa tre ore.
Una
volta svegliata ho incontrato Giulia che era già in piedi da
un'oretta circa: abbiamo deciso di andare incontro ad Antonella che
rientrava dall'ufficio a piedi. Affacciandomi dalla porta di ingresso
ho notato che ormai il sole era definitivamente calato e la notte
aveva preso il sopravvento. Erano solo le 18! Abbiamo percorso il
proseguimento della stradina dell'andata che risulta in parte
acciottolata, sempre con sassi grandi sconnessi, e in parte sterrata.
Cerchiamo di identificare Antonella fra i corpi che incrociamo. Forse
sarebbe meglio dire fra le sagome dei corpi che incrociamo, solo
quello riusciamo a vedere: delle sagome scure avvolte nel buio.
Finalmente siamo giunte alla strada principale, uno dei viali
asfaltati e caotici. Abbiamo aspettato per circa mezz'oretta
sull'incrocio della stradina con il viale circondate da tante figure
scure, per la pelle e per il buio della sera, che salgono e scendono
dai vari pulmini che accostano qualche istante a una fermata a noi
sconosciuta e “invisibile”, non indicata ma da tutti conosciuta.
Abbiamo
intravisto Antonella giungere con passo rilassato e a proprio agio.
In quel momento ho pensato che è proprio così che voglio godermi
Addis e le altre cittadine in cui mi troverò a vivere, proprio così:
rilassata e libera di percorrere le strade. Al momento questa
sensazione non la provo ancora e questo mi dispiace e mi sconforta.
In un attimo però penso: sono qui da ieri, ovvero quello che sto
raccontando l'ho appena vissuto, come potrei sentirmi a mio agio e
rilassata in una città come Addis se non la conosco? Quindi la
fiducia mi riempe di nuovo!
Con
Antonella abbiamo ripercorso la strada che avevamo percorso in
macchina la mattina e ci siamo fermate in una botteguccia in legno e
lamiera che vende del buon pane: anche in questo caso pane fidato! In
effetti, buono e senza effetti collaterali. Lungo la strada Antonella
ci informa che è meglio evitare di percorrerla la sera, al buio,
insomma la notte, e questo non solo per una generale precauzione ma
anche per evitare di incontrare le iene: la casa si trova in una zona
verde dove risiedono alcune iene. Lei stessa una sera ne ha vista
una, piccina. Questo particolare è stato registrato dalla mia mente:
non ho voglia di correre incontro al pericolo!
La
zona in cui è ubicata la casa è su una piccola collinetta e per
raggiungerla si percorre una stradina acciottolata al cui inizio si
trovano le bottegucce in legno-lamiera che vendono di tutto un po'
(in realtà devo ancora capire cosa vendono, per ora ho scoperto solo
quella del pane) che poco dopo lasciano lo spazio a una serie di muri
con alto filo spianto arrotolato in cima e portoni a intervalli
irregolari. All'interno dei portoni si trovano le varie case: diverse
case basse che hanno un unico accesso alla strada, il portone
appunto. Anche la nostra casa si trova all'interno di un piccolo
agglomerato, compound. La nostra è la prima e, forse, per questo
gode di una vista piacevole: Addis.
Una
mezz'oretta dopo il nostro arrivo a casa, ci ha raggiunte anche
Valentina. Abbiamo cenato con una buona pasta al pesto di marca
italiana e alle 21,30 eravamo già a letto.
La
prima giornata e la prima notte ad Addis sono trascorse velocemente.
28
Novembre 2012
La
notte è trascorsa serena, illuminata dalla bianca luce della luna
piena. La paura delle pulci ha suggestionato a tal punto la mia mente
che sentivo tanti insettini punzecchiarmi: mi grattavo di continuo.
Finalmente ho capito che era tutto solo frutto della mia mente: non
c'era nulla nel letto. Mi sono addormentata serenamente, per
svegliarmi di colpo per una perdita di sangue dal naso: normale,
l'altitudine (2355 mt, non raggiunti salendo piano piano ma arrivando
dal cielo, quindi direttamente dall'alto senza dare modo al fisico di
abituarsi all'alta pressione).
Al
mattino abbiamo fatto una buona colazione con pane&nutella e poi
in macchina abbiamo raggiunto l'ufficio. Io e Giulia ci siamo
sistemate alle nostre nuove e momentanee postazioni e, acceso il pc,
ci siamo messe subito ad analizzare i vari file, ognuna per i propri
progetti. Quanti file! Tantissimi file! La mia domanda ricorrente è:
come si fa a gestire una tale quantità di dati se i dati fra loro a
prima vista sembrano incomparabili e, soprattutto, se più persone ci
mettono mano? Una risposta ancora non è giunta. Penso di averne
compreso il motivo: non c'è modo! Infatti il mio ruolo è proprio
quello di creare un archivio unico, con tutti i file completi, con
dati coerenti e in ordine. OHPS!
A
pranzo siamo andate in un ristorantino-caffè dove io e Giulia
abbiamo ordinato una ndjera (acida, quella vera) con una salsa calda
di ceci poco piccante. Il sapore mi è piaciuto, ma per i miei gusti
pranzare solo con quella diventa impegnativo per lo stomaco: appena
rientrata in ufficio lo stomaco mi si è gonfiato uno sproposito. Il
sapore della salsa mista all'acido della ndjera è sparito solo dopo
aver cenato. Oggi a pranzo mangerò qualcosa di meno “penetrante”,
spero.
La
permanenza ad Addis è fondamentale per un buon ambientamento.
Necessario! Specifico l'utilizzo di questo ultimo termine perché
rientrando a casa a piedi (saremo uscite che erano le 18,30 ma era
buio come fossero almeno le 22,30 ) ci siamo fermate in diverse
bottegucce per fare la spesa. Utilissimo vedere come si fa la spesa e
come bisogna fare per non essere prese in giro solo perché farengi.
Non esistono, chiaramente, supermercati: sono tutte bottegucce lungo
il marciapiede (pane, verdura, frutta, drogheria – che vende di
tutto un po' come ricariche telefoniche, shampoo, integratori, rotoli
singoli di carta igienica, olio, etc). Abbiamo comprato il pane in
un'altra botteguccia rispetto a quella della sera precedente. Questa
si trova su un incrocio alquanto caotico. Ma non mi soffermo sulla
descrizione della piccolissima botteguccia da cui si affaccia una
bella ragazza con il capo velato in un bel “chador”
zafferano (penso sia somala, la zona dell'ufficio è una zona a
prevalenza somala), bensì segnalo che il pane era davvero molto
molto buono, ma purtroppo non ci si può fidare solo del sapore e
della freschezza: Valentina a cena ha preso una delle pagnotte
invitanti (io avevo praticamente già finito la mia, senza
soffermarmi molto sulla sua estetica) e nello spezzarla si è accorta
di un piccolo scarafaggio semi secco incastrato nella crosta...è
stato anche cotto!
Non è
mia intenzione aprire una sezione dedicata a questi “begli”
animaletti simpatici. Non ho ben capito se possa definirli proprio
scarafaggi, sicuramente fanno parte della loro grande famiglia! In
cucina ce ne sono un po': alcuni chef, altri aiuti cuoco e altri
semplicemente camerieri. Questi sono i ruoli che gli abbiamo dato:
sono ovunque. Sinceramente temevo di patirli di più, ma in realtà
vedo che appena possono scappano. Comunque sono della specie piccola
e rossiccia, non quella nera e grande. Non ne capisco il motivo, ma
per ora non li patisco molto, forse perché sono in casa con altre
tre persone. A Debre Markos sarò sola, li capirò quale sia la mia
vera reazione, ma considerato che ci dovrò rimanere almeno un anno,
sarà bene che la mia reazione non si discosti da quella avuta qui ad
Addis!
Alle
21,30 circa Giulia e Valentina si sono messe in salone, chi a leggere
un libro trovato in casa chi a lavorare al pc. Io e Antonella siamo
andate a letto. Io non avevo sonno, ma condivido la camera con lei e
non volevo poi disturbarla nell'andare a dormire. In realtà, però,
quando mi sono messa sotto le coperte (avrò almeno 3 strati di
coperte, che subito mi scaldano e vanno davvero bene, ma che durante
la notte mi fanno svegliare dal caldo e mi fan finire il mio sonno
ristoratore in canottiera – non avrei mai pensato di riuscire a
dormire in canottiera , per via degli insetti, ma qui siamo ad Addis,
no a Debre Matkos!), stavo scrivendo che quando mi sono messa sotto
le coperte mi sono gustata per un momento il riverbero della bella
luce bianca della luna piena che filtrava dalle tende ( non ci sono
persiane) e, cullata da questo abbraccio lunare, mi sono addormentata
quasi subito.
29
Novembre 2012
Ripercorre
a ritroso nel tempo la giornata precedente alle volte diventa
difficile. Può dipendere da più fattori: confusione dovuta
all'ambientamento, estraneità ai fatti in quanto ancora estranea
alla realtà, susseguirsi di eventi e sensazioni personali
difficilmente condivisibili per iscritto.
È
bene però sottolineare quanto sia utile fare questo percorso a
ritroso, per memorizzare ogni aspetto della giornata, ogni incontro,
ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo, ogni conversazione, ogni
sensazione, bella e brutta. Tutto, memorizzare il TUTTO.
Anche
ieri mattina dopo una ricca colazione (e qui apro una parentesi: sto
mangiando tantissimo a causa di una dieta ricca di carboidrati; il
pane è buonissimo, morbidissimo, sembra quasi una brioche!) abbiamo
percorso a piedi i tre chilometri che separano la casa dall'ufficio.
Quindi uscite di casa abbiamo percorso la stradina dissestata e
sterrata, facendo il solito slalom fra i diversi ricordini dei
diversi animali del circondario (capre, gatti, cani e iene) . Non
siamo sole, siamo immerse in un fiume di donne, uomini, bambini e
bambine che si accingono ad affrontare il giorno. E' molto piacevole
la passeggiata, anzi la camminata: dovendo rispettare degli orari non
ci si può permettere di passeggiare, ma camminare abbastanza veloci.
Incrociamo
tante persone, tanti sguardi e tanti sorrisi. Alcune persone le
incontriamo ogni volta che percorriamo la strada e Antonella le
saluta dando loro la mano e pronunciando il saluto in amarico. A
seguire, in coretto, io e Giulia ripetiamo il gesto e il saluto!
Molte di quelle che salutiamo ogni giorno sono persone che hanno un
negozietto o che semplicemente vendono qualcosa sul ciglio della
strada. È sempre molto piacevole notare la radiosità dei sorrisi
con cui queste persone accolgono chiunque. Quando quei sorrisi
accolgono te, ti senti contagiato. La giornata inizia sempre così,
con una bella lunga passeggiata circondata da persone indaffarate ma
gioiose. Questa è una differenza che si nota immediatamente pensando
alle strade delle nostre città.
Lungo
tutto il percorso siamo accompagnate dal caos ordinato delle strade.
All'inizio, ovvero solo tre giorni fa, avevo un po' di timore ad
attraversare i viali considerato il caos che regna e la totale
indifferenza nei confronti dei pedoni. Adesso mi sembra di aver
capito quando cogliere il momento per attraversare e come
attraversare (sempre un po' in diagonale è meglio, ti sposti in
avanti e la macchina tarda un po' di più ad arrivare alla tua
altezza).
Questa
camminata di primo mattino è davvero ristoratrice. Respiri tanto
inquinamento, davvero tanto poiché le macchine sicuramente non sono
Euro 1 e tanto meno Euro 4 e le marmitte non sono sicuramente
catalitiche. Quindi, polveroni neri e odore irrespirabile di gasolio
e motore si mescola all'aria fresca mattutina. Ma, dicevo, è
ristoratrice perché è piacevole ciò che i tuoi occhi vedono. E mi
riferisco alle persone. La squallida sporcizia delle strade non
sorprende. La vitalità delle persone, sorprende. Sorprende
soprattutto un occhio “occidentale”.
Quanti
bei bambini incontriamo, ognuno con la divisa della propria scuola.
Con che passo spigliato e deciso si dirigono da soli, ancora molto
piccoli, all'ingresso della propria scuola. Zainetto in spalla, per
qualcuno, niente per qualcun altro, e quasi tutti con il baracchino
per il pranzo. Un piccolo contenitore cilindrico di alluminio con
dentro quanto può permettersi di dare il genitore al proprio figlio
per il pasto.
La
sensazione che ho provato la prima volta che ho percorso la strada
per andare in ufficio è stata molto forte. Davvero molto forte. Ho
provato un fortissimo desiderio di immergermi. Voglio immergermi
completamente, impregnarmi della realtà che mi circonda, di questa
nuova realtà, delle persone che la caratterizzano. Immergermi nei
diversi odori che percepisco lungo i tre chilometri di strada, tanti
e diversi fra loro: l'odore delle cucine dei ristoranti, penetrante,
l'odore del mercato, fatto di gente, di cose e di animali, l'odore
della strada, della sporcizia della strada e l'odore delle persone.
Voglio immergermi nella lingua, nella musica..Ritengo che riuscire a
immergersi pienamente sia sinonimo di comprendere e, alle volte,
condividere.
Oggi
non mi soffermo sul lavoro svolto in ufficio (anche perché ho ben
poco da segnalare se non che ho dovuto fare tante fotocopie per
aiutare Antonella ad archiviare molte ricevute di tanti mesi
addietro...e oggi continueremo, effettivamente è un lungo lavoro),
ma mi soffermo sugli incontri. Sì, sugli incontri che si fanno per
strada o semplicemente nella pizzeria dove si va a gustare una
buonissima pizza in cui il cameriere sbaglia l'ordinazione e noi un
po' a malincuore decidiamo di non fargliela cambiare. Le volte che il
cameriere si è scusato mi hanno sorpreso. Alla fine sul conto ha
indicato il prezzo, più basso, della pizza che avremmo voluto
mangiare. Anche in questo caso io e Giulia abbiamo appreso una
nozione in più che oltre ad averci sorpreso ci ha fatto riflettere:
gli errori dei camerieri li pagano i camerieri stessi. Avessimo
ridato indietro la pizza, il cameriere avrebbe dovuto pagarla.
Mi
voglio anche soffermare sul piacevole ambiente di un localino vicino
all'ufficio con due- tre tavolini che offre degli squisiti spritz!
Sì, spritz: avocado, mango, papaya e un frutto rosa mai sentito di
cui non ricordo il nome, tutto pestato ( non frullato) e versato in
un bicchiere enorme che si presenta come una creazione artistica di
più strati colorati che fra loro si mescolano dando vita a forme
diverse. Me lo sono davvero gustato temendo qualche effetto
collaterale per noi farengi: nulla! Fantastico! L'abbiamo gustato in
“compagnia” di un cliente che aveva ordinato un'altra decorazione
artistica che ci ha incuriosito: con un bel sorriso e con una calma
molto piacevole, il giovane ci ha illustrato il suo piatto, ovvero
una colorata insalata fresca, molto molto invitante! Non era l'unico
compagno con cui abbiamo gustato questo delizioso “frullato”.
Infatti nel piccolo localino-negozietto (vende anche frutta, verdura
acqua e biscotti) c'era una famiglia con due bambini piccolini di 4
anni circa, molto incuriositi dalla nostra presenza. Effettivamente
fino ad oggi gli unici bianchi che ho visto siamo noi: nessuno nella
zona della casa, nessuno per strada e nessuno nella zona
dell'ufficio. Capisco, quindi, la curiosità di vedere delle ragazze
farengi a gustare una colorata creazione artistica che già da sola
attira la curiosità dei piccini, e non.
Mi
voglio soffermare sugli incontri che si fanno per strada per chiedere
informazioni su una scuola di amarico. La gentilezza delle persone e
la sorpresa di quando capiscono, in un inglese per farengi e un
amarico stentato di qualche parola imparata per la sopravvivenza
quotidiana, l'intenzione di voler imparare la loro lingua. Una
ragazza era così piacevolmente colpita che dopo averci dato qualche
indicazione circa un cartello che indicava una scuola e su una scuola
che lei conosceva, ma lontana, alla fine ci ha anche ringraziate. Ma
eravamo noi a chiedere le informazioni, quindi noi a dover
ringraziare!!! Semplicemente notare come le persone vogliano
aiutarti, darti le informazioni che cerchi e, se non riescono loro,
assistere a come coinvolgono altri passanti. Senza alcuna formalità,
senza alcuna diffidenza. Ecco, questo mi fa' sorridere: il semplice
notare i semplici gesti cui mi rendo conto di essere un po'
disabituata, forse.
Oppure
posso soffermarmi sulle manine piccole piccole di un bambino di circa
tre anni che appena ci ha visto ci è venuto incontro per salutarci e
darci la manina. Chiaramente con quei begli occhioni neri e quel
sorriso disarmante. Presa la manina il piccolino stringe forte e si
incammina con noi: il genitore sorridendo lo richiama a sé.
Salutiamo il bambino con un grande ciao con la mano e un bel sorriso
subito ricambiato.
Ancora
potrei soffermarmi su quanto gli occhi vedono, che può sembrare loro
strano vedere in una città, specialmente in una capitale. Come un
signore che in bici trasporta sulle spalle intorno al collo una capra
viva che gli si aggrappa serenamente con le zampe. Scena che abbiamo
trovato comica e ci ha fatto ridere per la naturalezza con cui era
vissuta, da entrambi.
Io e
Giulia abbiamo notato che ci sono diverse capre nella nostra zona.
L'arcano è stato scoperto: risiediamo nella zona del mercato delle
capre! Questo spiega perché stamattina un signore teneva per la
zampa una capra nera, quasi trascinandola, che capeggiava un
gruppetto di altre tre o quattro caprette che la seguivano
trotterellando. Abbiamo trovato comica anche questa scena,
soprattutto alle 7,30 del mattino quando tutte le persone si avviano
verso le loro attività: chi in giacca e cravatta, chi con i tacchi
alti e un vestito elegante, chi con la divisa della scuola che
frequenta, chi con semplici vestiti, sempre gli stessi, usurati e
sporchi, con qualche sacchetto in mano per andare al mercato a
vendere uova, chi con pantaloni, felpa, sandali e occhiali da sole
per percorrere i tre chilometri che le porteranno all'ufficio del
CVM.
Mentre
stavo preparando i bagagli a Torino mi sono ricordata che mi era
stato consigliato, vivamente consigliato, di portare una torcia per
il buio della sera. È una delle ultime cose che ho comprato. Non
immaginavo quanto buio dovesse illuminare. Da me, in occidente, sono
abituata ad avere la luce “a comando” e le strade ben illuminate.
Anzi, quando una strada non è ben illuminata perché ha pochi
lampioni è sempre bene non percorrerla, specialmente da sola. Ecco,
qui ad Addis Abeba, ribadisco qui in Capitale, la luce non è mai
data per scontata. Non va sempre “a comando” e, soprattutto, la
sera, verso le 18, è bene avere con sé una torcia, una pila: le
strade sono buie e illuminate solo dai fari delle macchine lungo i
viali trafficati e dalla luce delle bottegucce lungo il marciapiede,
in alternativa solo dalla benevole luce della luna piena (quando è
piena). Nella zona dove risiediamo non ci sono luci. Ieri sera siamo
rientrate verso le 19,30: senza la pila di Antonella sarebbe
risultato davvero difficile capire dove mettere i piedi e guardarsi
intorno. Una bella lezione a pochi giorni dall'arrivo l'ho imparata:
a Torino do sempre molte cose per scontate, in Etiopia non posso dare
nulla per scontato, mai. Sto imparando, sono passati solo tre giorni
dall'arrivo e so che ho ancora molto da scoprire per poter
comprendere davvero. Sono all'inizio.
Lisa, volontaria CVM in Etiopia