lunedì 18 marzo 2013

L'acqua del vicino 

Mercoledí ho cominciato a prendere lezioni di amarico da una ragazza che vive vicino a casa. Ci vado dopo lavoro, alle 6, quando rientra anche suo marito che si diverte un sacco a guardarci e poi vuole fare lui il maestro. Hanno un bambino di 5 mesi sempre con il culetto fuori, non so se gli tagliano apposta un buco dietro sulle tutine, o se gli hanno regalato tutti I vestitini di seconda mano già bucati. Il pannolone non è ancora arrivato a Bonga.
Gennet, la mia insegnante, ha una casa di fango, sempre piena di galline, pulcini, gatti e cani. Al calar del sole arrivano tutti perchè fuori diventa pericoloso (scimmie, serpenti, cani randagi..) sicchè la lezione è interrotta da una gran confusione. Due chioocce si mettono in riga con I pulcini su una panca a dormire, altre due galline vanno da Gennet che le lancia in alto così si piazzano su una trave di legno del soffitto e dormono lì.
Venerdí sera Gennet ha organizzato un “coffee programme” per il compleanno di Sally, la mia amica del Peace Corp americano che ha compiuto 28 anni questa settimana. C'erano lei, in vestito di garza bianca elegantissima per l'occasione, suo marito e il piccolo Geremia con il culetto fuori, le 3 sorelle di lei con I figli e qualche bambino dei vicini. Hanno piazzato me e Sally al posto d'onore e ci hanno riempito due flûtes con il tej, un liquore di miele. Poi hanno fatto la preghiera (tutti pregano prima di mangiare, o almeno fanno un segno della croce al piatto), ed è stato davvero commovente. Il marito di Gennet, pensando a lungo le parole in inglese, ha detto qualcosa tipo” Non sappiamo cosa succederà domani, cosa ci sarà nel nostro futuro, ma oggi siamo qui tutti insieme, Signore concedi la salute a Sally, a Giulia e a tutti, facci stare under your holy umbrella” quando ha detto così mi è quasi venuto da piangere per l'impegno che ci stava mettendo nel trovare le parole giuste e per quanto ci credeva in quello che stava dicendo.
La stanza era tutta addobbata con cartelli stampati in ufficio “Happy birthday Sally” e avevano preparato l'angolo per la cerimonia del caffè. Vuol dire che si sparpagliano delle erbe per terra, erbe che crescono sulle sponde dei corsi d'acqua, per ricreare l'ambiente naturale all'interno della casa, foresta e acqua. Per le grandi occasioni, come questa, si mettono anche un sacco di fiori attorno al tavolinetto del caffè. Questo di solito è di legno, piccolino, alto un 30-40 cm, pieno di tazzine sopra. Accanto c'è la jebena sul braciere a carbone, è una brocca di ceramica nera usata appositamente per il caffè. Cerimonia del caffè vuol dire:
  1. tostatura dei grani su un piatto di ferro largo
  2. macinatura su una specie di zancola per il burro, non lo mai guardata bene da vicino, comunque è una specie di pestello gigante.
  3. infusione della polvere ottenuta nell'acqua calda nella jebena
Insomma, è un procedimento abbastanza lungo ed elaborato, e ti accorgi di quanto ti considerano importante come ospite da quanti fiori hanno messo intorno e quante fasi della cerimonia vengono fatte davanti ai tuoi occhi (a volte alcune si saltano per ovvie ragioni...tipo non perdere un pomeriggio per una tazza di caffé...). Dimenticavo, col caffé sempre si accompagna anche un piatto di pop-corn.
Per l'occasione Gennet aveva preparato anche una specie di torta, cioè un pane intriso di boh...qualcosa di oleoso e dolciastro, e sopra ci aveva spennellato una specie di sciroppo colorato. Non esistono dolci nella cucina etiope, per cui aveva cercato di fare qualcosa che venisse incontro ai nostri gusti da ferenji...
Io avevo trovato in città dei mars e un bounty, e li avevo messi su un piatto insieme a del pane con la marmellata, che a Bonga non esiste perchè non c'è molta varietà frutta (io l'ho portata da Addis, è importata dall'Olanda). I bambini erano tutti in riga ordinati sulla panca davanti a noi e hanno fatto I seri per tutta la sera, visto che era una festa importante, ed hanno molto apprezzato questa cosa della marmellata. È stato davvero bello.



Il mio vicino è un insegnante in pensione, si chiama Alemayu. Ha avuto anche il nostro autista Agegno come studente. Vado a casa sua ogni tanto perchè mi ha gentilmente invitato ad andare a prendere l'acqua da lui. La mia casa è a secco e lo rimarrà fino alla stagione delle piogge, per cui ogni 2-3 giorni vado a riempire un secchio da 20 litri. Ho scoperto che con circa 40 litri d'acqua in una settimana posso lavarmi, cucinare, lavare stoviglie e bucato, non l'avrei mai detto dopo 30 anni di vita in Italia, dove aprendo il rubinetto esce tutta l'acqua che voglio.... Per bere compro delle bottiglie, in attesa di procurarmi un filtro per rendere l'acqua potabile.
Ho il permesso di entrare nel cortile di Alemayu a qualsiasi ora e rifornirmi di acqua. Qui a Bonga basta spingere il cancello per entrare nelle case, non ci sono molte serrature. La zona in cui abito è la più alta del paese, si chiama Mishin per via della Missione Cattolica (mission in inglese). L'acquedotto cittadino ci arriva, per cui alcune case hanno un rubinetto in cortile (quelle in cui la tubazione arriva fin dentro casa per la cucina o il bagno sono pochissime, forse nessuna), molti altri invece vanno a riempire le taniche a una fontana costruita recentemente. Io non ci posso andare per il momento, dovrei andare all'Ufficio dell'Acqua e pagare l'apposita tariffa, non mi sono ancora organizzata, per cui....dal vicino!
Ieri mentre aspettavo che il mio secchio si riempisse quest'uomo anziano, con radi capelli bianchi, è venuto a farmi compagnia. Mi ha raccontato che è nato ad Addis Abeba, ma la sua famiglia è originaria del Nord dell'Amara. Ha studiato per diventare insegnante e appena ha finito è stato preso dalla Chiesa Cattolica Etiope per la scuola di Bonga. È venuto a vivere qui 44 anni fa. Ha sposato una ragazza giovanissima, di 14 anni, che stava frequentando l'ottava classe (questo potrebbe scandalizzare più di qualcuno, ma dobbiamo tenere conto che qui in Etiopia è la prassi nelle zone rurali, e che la speranza di vita oggi, mediando tra città e campagna, non arriva a 50 anni, quindi chissà quanto poteva essere in questa zona rurale più di 40 anni fa, 30 anni?). Quando si sono sposati vivevano con lo stipendio da insegnante di lui, con il quale hanno pagato gli studi di lei prima alla scuola superiore e poi al college di Jimma (a circa 150 km da qui), così è diventata insegnante pure lei.
In seguito in Etiopia ha preso il potere il regime comunista, chiamato Derg, che ha nazionalizzato tutte le scuole, per cui entrambi sono diventati dipendenti statali e hanno continuato a lavorare alla scuola pubblica. Hanno avuto 5 figli, Alemayu si esprime abbastanza bene in inglese ma non capisce molto quello che gli dico, per cui più che altro ascolto e mostro interesse o stupore con la faccia, ad ogni modo sono contenta che mi voglia raccontare sua storia... Oggi I 4 figli maggiori, 2 maschi e 2 femmine, sono in America. Uno è medico, un'altra è infermiera specializzata, degli altri non mi ha detto che cosa facciano. Ogni tanto I genitori li vanno a trovare e rimangono qualche mese in America. La figlia più giovane sta studiando ingegneria civile ad Awassa. “Ho avuto una bella vita, lunga e bella” mi dice **NOME** concludendo. “Ho anche avuto una brutta malattia allo stomaco e mi hanno operato in America”, aggiunge, “ e grazie a Dio da più di un anno sto bene. Mia moglie deve lavorare ancora qualche anno prima di andare in pensione, e poi ci riposeremo tutti e due. I figli stanno bene. Sono vissuto molto felice a Bonga per 44 anni, pensa, 44 anni!!”. È bello sentirglielo dire. Un'insegnante etiope oggi prende poco più di 50 euro al mese, lo stretto necessario per vivere. Alemayu sottolinea un po' il suo trasferimento dalla capitale anche perchè la maggior parte delle persone nate e cresciute a Addis non verrebbero qui molto volentieri, e chissà com'era questa cittadina negli anni '70, senza strade, senza luce, senza telefono, senza dottori o medicine... Oggi io ci vivo bene perchè posso comunicare facilmente con il resto dell'Etiopia attraverso il telefono, e con il resto del mondo attraverso internet, ma appena fuori del centro abitato di Bonga non funziona ancora nulla di tutto ciò. E soprattutto, motivo per cui sono qui, la quasi totalità degli abitanti della zona rurale della Kaffa tuttora si rifornisce di acqua presso pozze, torrenti o comunque fonti non sicure.

Giulia Baldissera, ingegnere CVM in Etiopia 

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