L'acqua del vicino
Mercoledí
ho cominciato a prendere lezioni di amarico da una ragazza che vive
vicino a casa. Ci vado dopo lavoro, alle 6, quando rientra anche suo
marito che si diverte un sacco a guardarci e poi vuole fare lui il
maestro. Hanno un bambino di 5 mesi sempre con il culetto fuori, non
so se gli tagliano apposta un buco dietro sulle tutine, o se gli
hanno regalato tutti I vestitini di seconda mano già bucati. Il
pannolone non è ancora arrivato a Bonga.
Gennet, la
mia insegnante, ha una casa di fango, sempre piena di galline,
pulcini, gatti e cani. Al calar del sole arrivano tutti perchè fuori
diventa pericoloso (scimmie, serpenti, cani randagi..) sicchè la
lezione è interrotta da una gran confusione. Due chioocce si mettono
in riga con I pulcini su una panca a dormire, altre due galline vanno
da Gennet che le lancia in alto così si piazzano su una trave di
legno del soffitto e dormono lì.
Venerdí
sera Gennet ha organizzato un “coffee programme” per il
compleanno di Sally, la mia amica del Peace Corp americano che ha
compiuto 28 anni questa settimana. C'erano lei, in vestito di garza
bianca elegantissima per l'occasione, suo marito e il piccolo Geremia
con il culetto fuori, le 3 sorelle di lei con I figli e qualche
bambino dei vicini. Hanno piazzato me e Sally al posto d'onore e ci
hanno riempito due flûtes
con il tej, un liquore di miele. Poi hanno fatto la preghiera (tutti
pregano prima di mangiare, o almeno fanno un segno della croce al
piatto), ed è stato davvero commovente. Il marito di Gennet,
pensando a lungo le parole in inglese, ha detto qualcosa tipo” Non
sappiamo cosa succederà domani, cosa ci sarà nel nostro futuro, ma
oggi siamo qui tutti insieme, Signore concedi la salute a Sally, a
Giulia e a tutti, facci stare under your holy umbrella” quando ha
detto così mi è quasi venuto da piangere per l'impegno che ci stava
mettendo nel trovare le parole giuste e per quanto ci credeva in
quello che stava dicendo.
La stanza
era tutta addobbata con cartelli stampati in ufficio “Happy
birthday Sally” e avevano preparato l'angolo per la cerimonia del
caffè. Vuol dire che si sparpagliano delle erbe per terra, erbe che
crescono sulle sponde dei corsi d'acqua, per ricreare l'ambiente
naturale all'interno della casa, foresta e acqua. Per le grandi
occasioni, come questa, si mettono anche un sacco di fiori attorno al
tavolinetto del caffè. Questo di solito è di legno, piccolino, alto
un 30-40 cm, pieno di tazzine sopra. Accanto c'è la jebena sul
braciere a carbone, è una brocca di ceramica nera usata
appositamente per il caffè. Cerimonia del caffè vuol dire:
- tostatura dei grani su un piatto di ferro largo
- macinatura su una specie di zancola per il burro, non lo mai guardata bene da vicino, comunque è una specie di pestello gigante.
- infusione della polvere ottenuta nell'acqua calda nella jebena
Insomma, è
un procedimento abbastanza lungo ed elaborato, e ti accorgi di quanto
ti considerano importante come ospite da quanti fiori hanno messo
intorno e quante fasi della cerimonia vengono fatte davanti ai tuoi
occhi (a volte alcune si saltano per ovvie ragioni...tipo non perdere
un pomeriggio per una tazza di caffé...). Dimenticavo, col caffé
sempre si accompagna anche un piatto di pop-corn.
Per
l'occasione Gennet aveva preparato anche una specie di torta, cioè
un pane intriso di boh...qualcosa di oleoso e dolciastro, e sopra ci
aveva spennellato una specie di sciroppo colorato. Non esistono dolci
nella cucina etiope, per cui aveva cercato di fare qualcosa che
venisse incontro ai nostri gusti da ferenji...
Io avevo
trovato in città dei mars e un bounty, e li avevo messi su un piatto
insieme a del pane con la marmellata, che a Bonga non esiste perchè
non c'è molta varietà frutta (io l'ho portata da Addis, è
importata dall'Olanda). I bambini erano tutti in riga ordinati sulla
panca davanti a noi e hanno fatto I seri per tutta la sera, visto che
era una festa importante, ed hanno molto apprezzato questa cosa della
marmellata. È stato davvero bello.
Il mio
vicino è un insegnante in pensione, si chiama Alemayu. Ha avuto
anche il nostro autista Agegno come studente. Vado a casa sua ogni
tanto perchè mi ha gentilmente invitato ad andare a prendere l'acqua
da lui. La mia casa è a secco e lo rimarrà fino alla stagione delle
piogge, per cui ogni 2-3 giorni vado a riempire un secchio da 20
litri. Ho scoperto che con circa 40 litri d'acqua in una settimana
posso lavarmi, cucinare, lavare stoviglie e bucato, non l'avrei mai
detto dopo 30 anni di vita in Italia, dove aprendo il rubinetto esce
tutta l'acqua che voglio.... Per bere compro delle bottiglie, in
attesa di procurarmi un filtro per rendere l'acqua potabile.
Ho il
permesso di entrare
nel cortile di Alemayu a qualsiasi
ora e rifornirmi di acqua. Qui a Bonga basta spingere il cancello per
entrare nelle case, non ci sono molte serrature. La zona in cui abito
è la più alta del paese, si chiama Mishin
per via della Missione Cattolica (mission
in inglese). L'acquedotto cittadino ci arriva, per cui alcune case
hanno un rubinetto in cortile (quelle in cui la tubazione arriva fin
dentro casa per la cucina o il bagno sono pochissime, forse nessuna),
molti altri invece vanno a riempire le taniche a una fontana
costruita recentemente. Io non ci posso andare per il momento, dovrei
andare all'Ufficio dell'Acqua e pagare l'apposita tariffa, non mi
sono ancora organizzata, per cui....dal vicino!
Ieri mentre
aspettavo che il mio secchio si riempisse quest'uomo anziano, con
radi capelli bianchi, è venuto a farmi compagnia. Mi ha raccontato
che è nato ad Addis Abeba, ma la sua famiglia è originaria del Nord
dell'Amara. Ha studiato per diventare insegnante e appena ha finito è
stato preso dalla Chiesa Cattolica Etiope per la scuola di Bonga. È
venuto a vivere qui 44 anni fa. Ha sposato una ragazza giovanissima,
di 14 anni, che stava frequentando l'ottava classe (questo potrebbe
scandalizzare più di qualcuno, ma dobbiamo tenere conto che qui in
Etiopia è la prassi nelle zone rurali, e che la speranza di vita
oggi, mediando tra città e campagna, non arriva a 50 anni, quindi
chissà quanto poteva essere in questa zona rurale più di 40 anni
fa, 30 anni?). Quando si sono sposati vivevano con lo stipendio da
insegnante di lui, con il quale hanno pagato gli studi di lei prima
alla scuola superiore e poi al college di Jimma (a circa 150 km da
qui), così è diventata insegnante pure lei.
In
seguito in Etiopia ha preso il potere il regime comunista, chiamato
Derg, che ha nazionalizzato tutte le scuole, per cui entrambi sono
diventati dipendenti statali e hanno continuato a lavorare alla
scuola pubblica. Hanno avuto 5 figli, Alemayu
si esprime abbastanza bene in
inglese ma non capisce molto quello che gli dico, per cui più che
altro ascolto e mostro interesse o stupore con la faccia, ad ogni
modo sono contenta che mi voglia raccontare sua storia... Oggi I 4
figli maggiori, 2 maschi e 2 femmine, sono in America. Uno è medico,
un'altra è infermiera specializzata, degli altri non mi ha detto che
cosa facciano. Ogni tanto I genitori li vanno a trovare e rimangono
qualche mese in America. La figlia più giovane sta studiando
ingegneria civile ad Awassa. “Ho avuto una bella vita, lunga e
bella” mi dice **NOME** concludendo. “Ho anche avuto una brutta
malattia allo stomaco e mi hanno operato in America”, aggiunge, “
e grazie a Dio da più di un anno sto bene. Mia moglie deve lavorare
ancora qualche anno prima di andare in pensione, e poi ci riposeremo
tutti e due. I figli stanno bene. Sono vissuto molto felice a Bonga
per 44 anni, pensa, 44 anni!!”. È bello sentirglielo dire.
Un'insegnante etiope oggi prende poco più di 50 euro al mese, lo
stretto necessario per vivere. Alemayu sottolinea un po' il suo
trasferimento dalla capitale anche perchè la maggior parte delle
persone nate e cresciute a Addis non verrebbero qui molto volentieri,
e chissà com'era questa cittadina negli anni '70, senza strade,
senza luce, senza telefono, senza dottori o medicine... Oggi io ci
vivo bene perchè posso comunicare facilmente con il resto
dell'Etiopia attraverso il telefono, e con il resto del mondo
attraverso internet, ma appena fuori del centro abitato di Bonga non
funziona ancora nulla di tutto ciò. E soprattutto, motivo per cui
sono qui, la quasi totalità degli abitanti della zona rurale della
Kaffa tuttora si rifornisce di acqua presso pozze, torrenti o
comunque fonti non sicure.
Giulia Baldissera, ingegnere CVM in Etiopia
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