mercoledì 29 dicembre 2010

Insieme per cambiare vita (Domestiche in Etiopia)


Tra le cinquanta e le ottanta enjere al giorno (una sorta di pane etiope piatto e spugnoso che accompagna ogni pietanza) per un guadagno che può andare dai 100 ai 160 ETB (da 5 a 8 euro circa): sono questi i dati di partenza dell’attività avviata dall’associazione di ex housemaid di Debre Markos, nata grazie al sostegno del CVM (Comunità Volontari per il Mondo). Sono una decina di donne ma soprattutto ragazze, alcune giovanissime, che fino a qualche mese fa lavoravano come domestiche in casa d’altri, in condizioni spesso disumane, faticando per quindici ore al giorno in cambio di salari bassi, quando venivano pagati, e dovendo sottostare a soprusi e maltrattamenti di ogni tipo. Alcune di loro sono state anche violentate dai maschi delle famiglie in cui prestavano servizio, a volte ne è scaturita una gravidanza, ma mai hanno avuto giustizia per l’abuso subito. Ora per loro si apre una nuova strada: hanno abbandonato le precedenti attività e, grazie ad un progetto del CVM e ad un primo aiuto economico fornito dall’ONG (circa 20.000 ETB), hanno formato un’associazione legale e avviato una propria attività: la preparazione e la vendita dell’enjera. Hanno il loro laboratorio, ampio e munito di tutto il necessario, ricavato in una casa presa in affitto, e hanno organizzato dei turni con due gruppi che lavorano a giorni alterni.
I preparativi per dar vita a questa nuova realtà sono cominciati due mesi fa con la selezione delle domestiche, grazie alla collaborazione dell’associazione di donne povere anch’essa supportata dal CVM, cui ha fatto seguito un’attenta valutazione per la scelta dell’attività e poi l’acquisto dei materiali. Da due settimane il laboratorio ha preso a funzionare a pieno ritmo e le ragazze sono entusiaste, hanno una gran voglia di fare perché questa è la loro grande occasione. Alcune di loro le avevo incontrate appena arrivata in Etiopia, erano afflitte per le loro condizioni, disperate per l’impossibilità di cambiare vita, sopraffatte dal peso di tante difficoltà e troppi sacrifici, tutti da affrontare da sole, senza poter contare sull’aiuto di nessuno. Ora nei loro occhi scorgo una nuova speranza, vedo una vitalità che prima non c’era, uno spiraglio di fiducia che cerca di farsi strada. “La nostra vita sta cambiando, prima eravamo costrette a sottostare agli ordini di padroni spesso crudeli e non potevamo fare nulla contro i maltrattamenti che ci impartivano. Ora abbiamo una nostra attività, siamo noi a gestire il nostro lavoro, discutiamo insieme, prendiamo insieme le decisioni, non siamo più sottomesse alle imposizioni altrui”, spiega la coordinatrice dell’associazione, Maymanot Tefera. “Prima eravamo sempre in angoscia, temevamo le violenze degli uomini per cui lavoravamo, ora questo rischio non c’è più”, aggiunge subito Masitea Mengistu, mentre allatta il suo bambino che porta quotidianamente al lavoro. Per essere agli inizi l’attività sta andando bene, ma è necessario ampliarla e le forze per farlo ci sono: “Per ora riforniamo un solo hotel, dobbiamo trovare altri clienti per avere un guadagno che ci permetta di vivere solo con questa entrata. Adesso alcune di noi fanno anche altri piccoli lavoretti, come vendere la canna da zucchero lungo la strada, ma quando avremo più acquirenti da questa attività trarremo tutte le risorse necessarie. Lavoreremo sodo e amplieremo la nostra produzione”, spiega Embet Linger. Con l’importo iniziale che hanno ricevuto hanno comprato il necessario per partire con la preparazione dell’enjera, spendendo circa 6.000 ETB (circa 300 euro) e depositando il restante in un conto bancario comune, in vista del futuro e di possibili necessità improvvise. Qualche timore c’è ancora e finché non troveranno nuovi clienti resterà, ma nell’aria c’è un forte ottimismo, una gran voglia di fare e il fatto di essere insieme, unite, di poter contare le une sulle altre, di non essere più sole ad affrontare le difficoltà infonde a tutte una sicurezza prima sconosciuta. Nella ricerca di nuovi acquirenti, possono poi contare sull’appoggio del CVM e tramite questa ONG dell’Ufficio del Microcredito, che si sta dando da fare per aiutarle ad ampliare l’attività.

Camilla Corradini (Volontaria CVM in Etiopia)

Nessun commento: