martedì 10 luglio 2012

Testimonianze - KARIBU BAGAMOYO, anche Antonella ci scrive dalla Tanzania



Ed eccomi finalmente a scrivere, seduta su un letto sormontato da una zanzariera, in questa prima intensa giornata Africana.
Ore 6:20. Il volo proveniente dal Cairo atterra all’aeroporto di Dar es Salam all’orario previsto mentre il sole piano piano scopre i profili della terra tanzaniana. Tempo burocratico per visto e ritiro bagagli e varcata la soglia d’uscita dell’aeroporto Dar ci si presenta in tutta la sua “caoticità”.
Daniela, la Country Rappresentative del CVM, e Perfect, l’autista, ci accolgono con un cartello per identificarsi e subito ci salutano con quel "Karibuni" che diventa una comune negli incontri quotidiani: "Asante Sana" la risposta. Con la jeep ci dirigiamo verso il centro di Dar per trovare tre cose fondamentali per la nostra permanenza: carta sim tanzaniana per telefono, internet key, money change. E' l’occasione per cominciare a guardarmi intorno e per capire dove sono atterrata. E guardandosi intorno si respira l’aria di una città coloniale con case basse e strade polverose dove a quartieri apparentemente ricchi e sviluppati seguono altri, più poveri e popolari, cosiddetti slum (baraccopoli).


Traffico a Dar
Lungo la strada che separa Dar da Bagamoyo, l’unica strada asfaltata costruita recentemente, è un vai e vieni di gente continua: in bici, in sella su una motocicletta (piki-piki) in macchina, su due gambe, all’interno dei daladala (una sorta di taxi collettivo su minivan) o nei tuk-tuk (una specie di taxi privato a tre ruote paragonabile alla nostra “Ape cross”) a piedi scalzi o con le scarpe, in divisa da scuola o con ceste in testa riempite fino all’orlo. Dai vestiti ci si accorge subito che questa città ha una sorta di multietnicità locale: convivono differenti etnie, tra cui i masai, che si distinguono per l’utilizzo di una veste rossa e viola con un bastone d’appoggio in mano e per i larghi buchi ai lobi dell’orecchio. Lo sguardo si perde tra i mille banchetti dislocati qua e là che vendono cibi: banane, mango, papaya oppure cibi cotti al momento dagli odori invitanti e a volte pungenti. 
La strada è a tratti asfaltata, a volte ricoperta di sabbia e terra rossa, altre disconnessa per le buche. 
Dopo circa un’ora è il villaggio di Bagamoyo a scoprirsi ai nostri occhi: anche qui le strade sono piene di sagome dai colori spesso sgargianti che si muovono su un asfalto sabbioso e disconnesso utilizzando vari e a volte originali mezzi di trasporto. L’odore piacevole dei cibi cotti si mescola con il puzzo dei rifiuti lasciati ovunque, parabole giganti sono posizionate su essenziali capanne di terra o di cemento: è il contrasto, il tutto e il contrario di tutto. 

Gruppetti di bambini a piedi scalzi e con occhioni incuriositi che ti guardano, spalancano un sorriso dai mille denti, alzano e agitano le mani in aria, ti salutano divertiti con Hello o Hi perché sei Mzungu, straniero, e ti corrono incontro aspettandosi in cambio caramelle. Che Bagamoyo sia il distretto più povero e meno sviluppato della regione del Pwani lo si intuisce in fretta. Diventa una certezza all'arrivo nella guest house, dove l’acqua è una presenza incostante e fare una doccia, nel senso europeo del termine, diventa un’avventura non facile, dove la corrente elettrica è discontinua e anche ricaricare un cellulare può essere un problema. E il cellulare portato in mano o attaccato al collo è diventato uno strumento anche qui indispensabile, utilizzato non solo come mezzo di comunicazione, ma anche per lo spostamento di denaro e per i pagamenti, indispensabile pur non avendo una presa per ricaricare la batteria in casa e pur dovendo ricorrere, per usufruire del servizio, alle tante piccole botteghe (small shops) del distretto. 
Bagamoyo
La House of volunteers non è situata nelle zone residenziali dei più benestanti, ma in uno dei quartieri poveri di questo distretto, è la linea del CVM (Comunità Volontari per il Mondo): non per i poveri, ma con i poveri, condividendone la stessa modalità di vita. Daniela è il nostro “cicerone” giornaliero, ci accompagna per le strade di Bagamoyo rispondendo alle mille curiosità e facendo da traduttore simultaneo swahili-italiano, una lingua dal suono caldo e dolce come questa terra.

E sulla spiaggia di Bagamoyo, dove rimangono ancora i resti dell’edificio in cui gli schiavi venivano scelti e venduti (il nome Bagamoyo letteralmente in lingua Swahiili significa “deponi il tuo cuore”, probabilmente riferito agli schiavi che portati qui abbandonavano ogni speranza), e dove è presente la comunità dei pescatori, la cui attività rappresenta una delle attività economiche del distretto, che per me il sole tramonta per la prima volta in terra d’Africa, regalando un gioco straordinario di forme e colori.


Antonella, Volontaria CVM da Bagamoyo Tanzania.



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