lunedì 3 dicembre 2012

"In Etiopia niente è scontato". Un arrivo tra sorrisi, colori e ...scarafaggi!


27 Novembre 2012

Eccomi atterrata ad Addis Abeba, con un'ora di ritardo accumulato già prima di partire a causa di qualche guasto che ha provocato un black out nell'abitacolo dell'aereo. La partenza, quindi, non è stata molto rilassante, ma poco dopo il decollo mi sono rilassata al punto che non ho sentito il trambusto che all'una e mezza di notte le hostess stavano facendo per servire la cena!!!! Ma siccome la fame c'era ed era tanta mi sono gustata una cenetta, piccante, prima di ricadere nelle braccia di Morfeo.
Abbandonato Morfeo, il mio viso è stato illuminato da una luce arancione che emergeva dall'oscurità della notte, di quella che può esistere solo al di sopra delle nuvole, dove ero io, appunto.
Un'accogliente alba calda mi ha accompagnato fino a Bole Airport, l'aeroporto di Addis! Questo viaggio verso il Nuovo è stato un piacevole levitare verso l'alto in compagnia di una forte emozione che mi impediva di comprendere fino in fondo i veri sentimenti che stavo provando. Alla domanda “come ti senti?” ho saputo sempre e solo rispondere “strana”. In effetti così mi sentivo, strana: riuscivo ad immaginare solo fino al momento dell'imbarco, oltre la mia mente non riusciva ad arrivare. Come se il mondo, la mia vita, finisse una volta salita a bordo dell'aereo che mi avrebbe portato ad Addis. E se ci rifletto ne comprendo il motivo. Sono a una svolta, ho lasciato quanto conosco per andare incontro a quanto ancora non conosco. Mi sono svuotata per riempirmi, per ricevere. E' cresciuta in me una forte curiosità, la sana curiosità che permette all'animo di esplorare, scoprire e rendere proprio.
Una volta atterrata e sbrigate le pratiche burocratiche del visto, ovvero solo la verifica in quanto sul passaporto avevo già il Business Visa valido per 3 mesi, mi sono ritrovata davanti Antonella e Valentina, le due ragazze volontarie del CVM che vivono ad Addis. Fino ad ora ho omesso, volutamente, un importante elemento: non ho viaggiato sola. Ritengo sia importante precisarlo perché affrontare il viaggio di transizione con una persona che vivrà la tua stessa, no stessa no, simile, ecco sì simile esperienza possa essere di sostegno!
Il motivo per cui fino a questo momento non ho citato Giulia, la ragazza che ha viaggiato con me appunto, è dovuto all'emotività: le emozioni sono solo esclusivamente personali. Ho preferito lasciare correre liberamente il pensiero seguendo le emozioni che ho provato durante il viaggio. Comunque, all'aeroporto Antonella e Valentina, come stavo scrivendo, sono venute a prenderci con l'auto.
La prima cosa che ho notato, da subito, è la dimestichezza con cui le due ragazze che ormai vivono ad Addis da un anno interagiscono con le persone locali e soprattutto con il traffico!! A vedere il caos ordinato che avvolge tutte le strade è sorprendente. Tante auto, poche regole rispettate, ma poco clacson e molta calma. Un caos ordinato, appunto!
Dopo aver consumato una buona colazione in un bar fidato (dove anche i farengi -i bianchi senza distinzione di genere né di razza- possono consumare senza preoccupazioni di “attacchi” vari al proprio intestino) abbiamo fatto un passaggio veloce all'ufficio del CVM, in cui abbiamo conosciuto le persone dello staff locale (di cui ahimè ho difficoltà, molta, a ricordare i nomi) e abbiamo visto le nostre future postazioni per questi prossimi quindici giorni, per quanto riguarda me, e per i prossimi trenta giorni, per quanto riguarda Giulia.
Lungo la strada, la stradina sterrata che collega la “via” dell'ufficio del CVM alla strada principale (un lungo viale, asfaltato e caotico), Antonella si è fermata davanti una botteguccia in legno per comprare le ricariche per le schede sim appena consegnateci dalla segretaria del CVM. Non mi è ancora chiaro quanto costi la vita ad Addis, ma dal poco che ho potuto vedere non penso molto: esistono ricariche da poco più di 1 €.
E' evidente che la mia ultima affermazione è ancora molto legata a un confronto con il mio Paese di origine. Per me 1 € può avere poco valore, per il costo della vita in Etiopia non lo so ancora,ma potrebbe essere paragonabile alle nostre ricariche da 10 €. Ritengo che questi aspetti all'inizio uno li noti in rapporto al costo della vita nel proprio Paese, in seguito, penso che uno cominci a fare i calcoli non più rapportandosi al costo della vita nel proprio Paese, bensì al costo della vita nel Paese in cui risiede. Così, potrebbe anche scoprire che se non percepisce caro il costo della vita, questo può esserlo per una persona locale che vive e lavora da sempre in quel Paese.
Arrivate a casa, dopo aver percorso un paio di viali asfaltati e caotici attraverso i quali, per farsi strada, Antonella sfoggiava all'occorrenza un bel sorriso e un gesto elegante con il braccio fuori dal finestrino e dopo aver percorso una stradina in pendenza non sterrata ma “acciottolata” (i ciottoli sono pietre enormi sconnesse fra loro), siamo state accolte da un bel balcone “vista Addis”.
Il mio pomeriggio è trascorso disfacendo le valigie, selezionando i vestiti che terrò per Addis, provare a riempire il piccolo borsone di scorta solo con i vestiti che metterò in questi quindici giorni ad Addis e a rifare la altre due valigie. Ero veramente stanca, il letto mi chiamava, mi proponeva di sdraiarmi e abbandonarmi in un bel sonno ristoratore. Giulia aveva ascoltato il letto, io fino a quando non avessi finito il travaso delle tre valigie non avrei potuto. Il travaso è stato molto utile: fra circa quindici giorni prenderò l'autobus di linea che mi porterà a Debre Markos. Impensabile e impossibile prenderlo con 2 valigie da venti-tre chili l'una! In mattinata all'ufficio ho conosciuto Geremow, il referente e responsabile dello staff di Debre Markos, con cui collaborerò molto nei prossimi mesi, il quale mi ha proposto di lasciargli il bagaglio più pesante che avrebbe portato lui a Debre Markos rientrando il giorno dopo. Perfetto: disfatto, rifatto e fatto valigie!
Alle 14,30 locali, siamo arrivate alle ore 8 con cena ancora sullo stomaco, mi sono fatta una bella doccia ristoratrice per poter uscire. Non avevo però fatto i conti con la stanchezza: appena rientrata nella camera dopo la doccia, il letto ha cominciato a invitarmi in modo insistente e io, questa volta, ho deciso di accettare l'invito. Morfeo mi ha avvolto in un morbido abbraccio per circa tre ore.
Una volta svegliata ho incontrato Giulia che era già in piedi da un'oretta circa: abbiamo deciso di andare incontro ad Antonella che rientrava dall'ufficio a piedi. Affacciandomi dalla porta di ingresso ho notato che ormai il sole era definitivamente calato e la notte aveva preso il sopravvento. Erano solo le 18! Abbiamo percorso il proseguimento della stradina dell'andata che risulta in parte acciottolata, sempre con sassi grandi sconnessi, e in parte sterrata. Cerchiamo di identificare Antonella fra i corpi che incrociamo. Forse sarebbe meglio dire fra le sagome dei corpi che incrociamo, solo quello riusciamo a vedere: delle sagome scure avvolte nel buio. Finalmente siamo giunte alla strada principale, uno dei viali asfaltati e caotici. Abbiamo aspettato per circa mezz'oretta sull'incrocio della stradina con il viale circondate da tante figure scure, per la pelle e per il buio della sera, che salgono e scendono dai vari pulmini che accostano qualche istante a una fermata a noi sconosciuta e “invisibile”, non indicata ma da tutti conosciuta.
Abbiamo intravisto Antonella giungere con passo rilassato e a proprio agio. In quel momento ho pensato che è proprio così che voglio godermi Addis e le altre cittadine in cui mi troverò a vivere, proprio così: rilassata e libera di percorrere le strade. Al momento questa sensazione non la provo ancora e questo mi dispiace e mi sconforta. In un attimo però penso: sono qui da ieri, ovvero quello che sto raccontando l'ho appena vissuto, come potrei sentirmi a mio agio e rilassata in una città come Addis se non la conosco? Quindi la fiducia mi riempe di nuovo!
Con Antonella abbiamo ripercorso la strada che avevamo percorso in macchina la mattina e ci siamo fermate in una botteguccia in legno e lamiera che vende del buon pane: anche in questo caso pane fidato! In effetti, buono e senza effetti collaterali. Lungo la strada Antonella ci informa che è meglio evitare di percorrerla la sera, al buio, insomma la notte, e questo non solo per una generale precauzione ma anche per evitare di incontrare le iene: la casa si trova in una zona verde dove risiedono alcune iene. Lei stessa una sera ne ha vista una, piccina. Questo particolare è stato registrato dalla mia mente: non ho voglia di correre incontro al pericolo!
La zona in cui è ubicata la casa è su una piccola collinetta e per raggiungerla si percorre una stradina acciottolata al cui inizio si trovano le bottegucce in legno-lamiera che vendono di tutto un po' (in realtà devo ancora capire cosa vendono, per ora ho scoperto solo quella del pane) che poco dopo lasciano lo spazio a una serie di muri con alto filo spianto arrotolato in cima e portoni a intervalli irregolari. All'interno dei portoni si trovano le varie case: diverse case basse che hanno un unico accesso alla strada, il portone appunto. Anche la nostra casa si trova all'interno di un piccolo agglomerato, compound. La nostra è la prima e, forse, per questo gode di una vista piacevole: Addis.
Una mezz'oretta dopo il nostro arrivo a casa, ci ha raggiunte anche Valentina. Abbiamo cenato con una buona pasta al pesto di marca italiana e alle 21,30 eravamo già a letto.
La prima giornata e la prima notte ad Addis sono trascorse velocemente.

28 Novembre 2012

La notte è trascorsa serena, illuminata dalla bianca luce della luna piena. La paura delle pulci ha suggestionato a tal punto la mia mente che sentivo tanti insettini punzecchiarmi: mi grattavo di continuo. Finalmente ho capito che era tutto solo frutto della mia mente: non c'era nulla nel letto. Mi sono addormentata serenamente, per svegliarmi di colpo per una perdita di sangue dal naso: normale, l'altitudine (2355 mt, non raggiunti salendo piano piano ma arrivando dal cielo, quindi direttamente dall'alto senza dare modo al fisico di abituarsi all'alta pressione).
Al mattino abbiamo fatto una buona colazione con pane&nutella e poi in macchina abbiamo raggiunto l'ufficio. Io e Giulia ci siamo sistemate alle nostre nuove e momentanee postazioni e, acceso il pc, ci siamo messe subito ad analizzare i vari file, ognuna per i propri progetti. Quanti file! Tantissimi file! La mia domanda ricorrente è: come si fa a gestire una tale quantità di dati se i dati fra loro a prima vista sembrano incomparabili e, soprattutto, se più persone ci mettono mano? Una risposta ancora non è giunta. Penso di averne compreso il motivo: non c'è modo! Infatti il mio ruolo è proprio quello di creare un archivio unico, con tutti i file completi, con dati coerenti e in ordine. OHPS!
A pranzo siamo andate in un ristorantino-caffè dove io e Giulia abbiamo ordinato una ndjera (acida, quella vera) con una salsa calda di ceci poco piccante. Il sapore mi è piaciuto, ma per i miei gusti pranzare solo con quella diventa impegnativo per lo stomaco: appena rientrata in ufficio lo stomaco mi si è gonfiato uno sproposito. Il sapore della salsa mista all'acido della ndjera è sparito solo dopo aver cenato. Oggi a pranzo mangerò qualcosa di meno “penetrante”, spero.
La permanenza ad Addis è fondamentale per un buon ambientamento. Necessario! Specifico l'utilizzo di questo ultimo termine perché rientrando a casa a piedi (saremo uscite che erano le 18,30 ma era buio come fossero almeno le 22,30 ) ci siamo fermate in diverse bottegucce per fare la spesa. Utilissimo vedere come si fa la spesa e come bisogna fare per non essere prese in giro solo perché farengi. Non esistono, chiaramente, supermercati: sono tutte bottegucce lungo il marciapiede (pane, verdura, frutta, drogheria – che vende di tutto un po' come ricariche telefoniche, shampoo, integratori, rotoli singoli di carta igienica, olio, etc). Abbiamo comprato il pane in un'altra botteguccia rispetto a quella della sera precedente. Questa si trova su un incrocio alquanto caotico. Ma non mi soffermo sulla descrizione della piccolissima botteguccia da cui si affaccia una bella ragazza con il capo velato in un bel “chador” zafferano (penso sia somala, la zona dell'ufficio è una zona a prevalenza somala), bensì segnalo che il pane era davvero molto molto buono, ma purtroppo non ci si può fidare solo del sapore e della freschezza: Valentina a cena ha preso una delle pagnotte invitanti (io avevo praticamente già finito la mia, senza soffermarmi molto sulla sua estetica) e nello spezzarla si è accorta di un piccolo scarafaggio semi secco incastrato nella crosta...è stato anche cotto!
Non è mia intenzione aprire una sezione dedicata a questi “begli” animaletti simpatici. Non ho ben capito se possa definirli proprio scarafaggi, sicuramente fanno parte della loro grande famiglia! In cucina ce ne sono un po': alcuni chef, altri aiuti cuoco e altri semplicemente camerieri. Questi sono i ruoli che gli abbiamo dato: sono ovunque. Sinceramente temevo di patirli di più, ma in realtà vedo che appena possono scappano. Comunque sono della specie piccola e rossiccia, non quella nera e grande. Non ne capisco il motivo, ma per ora non li patisco molto, forse perché sono in casa con altre tre persone. A Debre Markos sarò sola, li capirò quale sia la mia vera reazione, ma considerato che ci dovrò rimanere almeno un anno, sarà bene che la mia reazione non si discosti da quella avuta qui ad Addis!
Alle 21,30 circa Giulia e Valentina si sono messe in salone, chi a leggere un libro trovato in casa chi a lavorare al pc. Io e Antonella siamo andate a letto. Io non avevo sonno, ma condivido la camera con lei e non volevo poi disturbarla nell'andare a dormire. In realtà, però, quando mi sono messa sotto le coperte (avrò almeno 3 strati di coperte, che subito mi scaldano e vanno davvero bene, ma che durante la notte mi fanno svegliare dal caldo e mi fan finire il mio sonno ristoratore in canottiera – non avrei mai pensato di riuscire a dormire in canottiera , per via degli insetti, ma qui siamo ad Addis, no a Debre Matkos!), stavo scrivendo che quando mi sono messa sotto le coperte mi sono gustata per un momento il riverbero della bella luce bianca della luna piena che filtrava dalle tende ( non ci sono persiane) e, cullata da questo abbraccio lunare, mi sono addormentata quasi subito.

29 Novembre 2012

Ripercorre a ritroso nel tempo la giornata precedente alle volte diventa difficile. Può dipendere da più fattori: confusione dovuta all'ambientamento, estraneità ai fatti in quanto ancora estranea alla realtà, susseguirsi di eventi e sensazioni personali difficilmente condivisibili per iscritto.
È bene però sottolineare quanto sia utile fare questo percorso a ritroso, per memorizzare ogni aspetto della giornata, ogni incontro, ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo, ogni conversazione, ogni sensazione, bella e brutta. Tutto, memorizzare il TUTTO.
Anche ieri mattina dopo una ricca colazione (e qui apro una parentesi: sto mangiando tantissimo a causa di una dieta ricca di carboidrati; il pane è buonissimo, morbidissimo, sembra quasi una brioche!) abbiamo percorso a piedi i tre chilometri che separano la casa dall'ufficio. Quindi uscite di casa abbiamo percorso la stradina dissestata e sterrata, facendo il solito slalom fra i diversi ricordini dei diversi animali del circondario (capre, gatti, cani e iene) . Non siamo sole, siamo immerse in un fiume di donne, uomini, bambini e bambine che si accingono ad affrontare il giorno. E' molto piacevole la passeggiata, anzi la camminata: dovendo rispettare degli orari non ci si può permettere di passeggiare, ma camminare abbastanza veloci.
Incrociamo tante persone, tanti sguardi e tanti sorrisi. Alcune persone le incontriamo ogni volta che percorriamo la strada e Antonella le saluta dando loro la mano e pronunciando il saluto in amarico. A seguire, in coretto, io e Giulia ripetiamo il gesto e il saluto! Molte di quelle che salutiamo ogni giorno sono persone che hanno un negozietto o che semplicemente vendono qualcosa sul ciglio della strada. È sempre molto piacevole notare la radiosità dei sorrisi con cui queste persone accolgono chiunque. Quando quei sorrisi accolgono te, ti senti contagiato. La giornata inizia sempre così, con una bella lunga passeggiata circondata da persone indaffarate ma gioiose. Questa è una differenza che si nota immediatamente pensando alle strade delle nostre città.
Lungo tutto il percorso siamo accompagnate dal caos ordinato delle strade. All'inizio, ovvero solo tre giorni fa, avevo un po' di timore ad attraversare i viali considerato il caos che regna e la totale indifferenza nei confronti dei pedoni. Adesso mi sembra di aver capito quando cogliere il momento per attraversare e come attraversare (sempre un po' in diagonale è meglio, ti sposti in avanti e la macchina tarda un po' di più ad arrivare alla tua altezza).
Questa camminata di primo mattino è davvero ristoratrice. Respiri tanto inquinamento, davvero tanto poiché le macchine sicuramente non sono Euro 1 e tanto meno Euro 4 e le marmitte non sono sicuramente catalitiche. Quindi, polveroni neri e odore irrespirabile di gasolio e motore si mescola all'aria fresca mattutina. Ma, dicevo, è ristoratrice perché è piacevole ciò che i tuoi occhi vedono. E mi riferisco alle persone. La squallida sporcizia delle strade non sorprende. La vitalità delle persone, sorprende. Sorprende soprattutto un occhio “occidentale”.
Quanti bei bambini incontriamo, ognuno con la divisa della propria scuola. Con che passo spigliato e deciso si dirigono da soli, ancora molto piccoli, all'ingresso della propria scuola. Zainetto in spalla, per qualcuno, niente per qualcun altro, e quasi tutti con il baracchino per il pranzo. Un piccolo contenitore cilindrico di alluminio con dentro quanto può permettersi di dare il genitore al proprio figlio per il pasto.
La sensazione che ho provato la prima volta che ho percorso la strada per andare in ufficio è stata molto forte. Davvero molto forte. Ho provato un fortissimo desiderio di immergermi. Voglio immergermi completamente, impregnarmi della realtà che mi circonda, di questa nuova realtà, delle persone che la caratterizzano. Immergermi nei diversi odori che percepisco lungo i tre chilometri di strada, tanti e diversi fra loro: l'odore delle cucine dei ristoranti, penetrante, l'odore del mercato, fatto di gente, di cose e di animali, l'odore della strada, della sporcizia della strada e l'odore delle persone. Voglio immergermi nella lingua, nella musica..Ritengo che riuscire a immergersi pienamente sia sinonimo di comprendere e, alle volte, condividere.
Oggi non mi soffermo sul lavoro svolto in ufficio (anche perché ho ben poco da segnalare se non che ho dovuto fare tante fotocopie per aiutare Antonella ad archiviare molte ricevute di tanti mesi addietro...e oggi continueremo, effettivamente è un lungo lavoro), ma mi soffermo sugli incontri. Sì, sugli incontri che si fanno per strada o semplicemente nella pizzeria dove si va a gustare una buonissima pizza in cui il cameriere sbaglia l'ordinazione e noi un po' a malincuore decidiamo di non fargliela cambiare. Le volte che il cameriere si è scusato mi hanno sorpreso. Alla fine sul conto ha indicato il prezzo, più basso, della pizza che avremmo voluto mangiare. Anche in questo caso io e Giulia abbiamo appreso una nozione in più che oltre ad averci sorpreso ci ha fatto riflettere: gli errori dei camerieri li pagano i camerieri stessi. Avessimo ridato indietro la pizza, il cameriere avrebbe dovuto pagarla.
Mi voglio anche soffermare sul piacevole ambiente di un localino vicino all'ufficio con due- tre tavolini che offre degli squisiti spritz! Sì, spritz: avocado, mango, papaya e un frutto rosa mai sentito di cui non ricordo il nome, tutto pestato ( non frullato) e versato in un bicchiere enorme che si presenta come una creazione artistica di più strati colorati che fra loro si mescolano dando vita a forme diverse. Me lo sono davvero gustato temendo qualche effetto collaterale per noi farengi: nulla! Fantastico! L'abbiamo gustato in “compagnia” di un cliente che aveva ordinato un'altra decorazione artistica che ci ha incuriosito: con un bel sorriso e con una calma molto piacevole, il giovane ci ha illustrato il suo piatto, ovvero una colorata insalata fresca, molto molto invitante! Non era l'unico compagno con cui abbiamo gustato questo delizioso “frullato”. Infatti nel piccolo localino-negozietto (vende anche frutta, verdura acqua e biscotti) c'era una famiglia con due bambini piccolini di 4 anni circa, molto incuriositi dalla nostra presenza. Effettivamente fino ad oggi gli unici bianchi che ho visto siamo noi: nessuno nella zona della casa, nessuno per strada e nessuno nella zona dell'ufficio. Capisco, quindi, la curiosità di vedere delle ragazze farengi a gustare una colorata creazione artistica che già da sola attira la curiosità dei piccini, e non.
Mi voglio soffermare sugli incontri che si fanno per strada per chiedere informazioni su una scuola di amarico. La gentilezza delle persone e la sorpresa di quando capiscono, in un inglese per farengi e un amarico stentato di qualche parola imparata per la sopravvivenza quotidiana, l'intenzione di voler imparare la loro lingua. Una ragazza era così piacevolmente colpita che dopo averci dato qualche indicazione circa un cartello che indicava una scuola e su una scuola che lei conosceva, ma lontana, alla fine ci ha anche ringraziate. Ma eravamo noi a chiedere le informazioni, quindi noi a dover ringraziare!!! Semplicemente notare come le persone vogliano aiutarti, darti le informazioni che cerchi e, se non riescono loro, assistere a come coinvolgono altri passanti. Senza alcuna formalità, senza alcuna diffidenza. Ecco, questo mi fa' sorridere: il semplice notare i semplici gesti cui mi rendo conto di essere un po' disabituata, forse.
Oppure posso soffermarmi sulle manine piccole piccole di un bambino di circa tre anni che appena ci ha visto ci è venuto incontro per salutarci e darci la manina. Chiaramente con quei begli occhioni neri e quel sorriso disarmante. Presa la manina il piccolino stringe forte e si incammina con noi: il genitore sorridendo lo richiama a sé. Salutiamo il bambino con un grande ciao con la mano e un bel sorriso subito ricambiato.
Ancora potrei soffermarmi su quanto gli occhi vedono, che può sembrare loro strano vedere in una città, specialmente in una capitale. Come un signore che in bici trasporta sulle spalle intorno al collo una capra viva che gli si aggrappa serenamente con le zampe. Scena che abbiamo trovato comica e ci ha fatto ridere per la naturalezza con cui era vissuta, da entrambi.
Io e Giulia abbiamo notato che ci sono diverse capre nella nostra zona. L'arcano è stato scoperto: risiediamo nella zona del mercato delle capre! Questo spiega perché stamattina un signore teneva per la zampa una capra nera, quasi trascinandola, che capeggiava un gruppetto di altre tre o quattro caprette che la seguivano trotterellando. Abbiamo trovato comica anche questa scena, soprattutto alle 7,30 del mattino quando tutte le persone si avviano verso le loro attività: chi in giacca e cravatta, chi con i tacchi alti e un vestito elegante, chi con la divisa della scuola che frequenta, chi con semplici vestiti, sempre gli stessi, usurati e sporchi, con qualche sacchetto in mano per andare al mercato a vendere uova, chi con pantaloni, felpa, sandali e occhiali da sole per percorrere i tre chilometri che le porteranno all'ufficio del CVM.
Mentre stavo preparando i bagagli a Torino mi sono ricordata che mi era stato consigliato, vivamente consigliato, di portare una torcia per il buio della sera. È una delle ultime cose che ho comprato. Non immaginavo quanto buio dovesse illuminare. Da me, in occidente, sono abituata ad avere la luce “a comando” e le strade ben illuminate. Anzi, quando una strada non è ben illuminata perché ha pochi lampioni è sempre bene non percorrerla, specialmente da sola. Ecco, qui ad Addis Abeba, ribadisco qui in Capitale, la luce non è mai data per scontata. Non va sempre “a comando” e, soprattutto, la sera, verso le 18, è bene avere con sé una torcia, una pila: le strade sono buie e illuminate solo dai fari delle macchine lungo i viali trafficati e dalla luce delle bottegucce lungo il marciapiede, in alternativa solo dalla benevole luce della luna piena (quando è piena). Nella zona dove risiediamo non ci sono luci. Ieri sera siamo rientrate verso le 19,30: senza la pila di Antonella sarebbe risultato davvero difficile capire dove mettere i piedi e guardarsi intorno. Una bella lezione a pochi giorni dall'arrivo l'ho imparata: a Torino do sempre molte cose per scontate, in Etiopia non posso dare nulla per scontato, mai. Sto imparando, sono passati solo tre giorni dall'arrivo e so che ho ancora molto da scoprire per poter comprendere davvero. Sono all'inizio.

Lisa, volontaria CVM in Etiopia 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao Lisa sono Elisa ahahah !! Grazie per il tuo diario di viaggio condiviso con noi.Stiamo pensando di trasferirci per lavoro .Purtroppo siccome è un contratto minimo di cinque anni non potremo permetterci di dire : -' vogliamo tornare a casa !'-se decidessimo per sì sarà sì e basta ! Sono sposata e abbiamo due bimbi di 14 e 11 anni .Loro non vedono l'ora di partire ma sono molto preoccupati per i loro amici animali e non parlo solo dei cani over 40 kg. ma anche per le 10 galline e 20 capre che sono con loro e con noi da anni .Chi può decidere quale animali amare se non il cuore?Avrei bisogno di conoscere compagnie aeree navali o su ruote che possano portarci sia i mobili che gli animali ma non so come fare e come muovermi.A Natale se accetteremo saremo già lì !Puoi darci una mano?Mamma Elisa Ahahahahahah