giovedì 16 aprile 2015

Testimonianza Marco Angelucci

Sono ormai giunto alla fine di questa esperienza e sto trovando molte difficoltà a riuscire a dare una forma, a tradurre in parole sensate tutto quello che mi sta passando per la testa, visto che i pensieri per loro stessa natura non hanno nulla di concreto. Semplicemente compaiono nella mente, spesso in contraddizione tra loro a seconda dello stato d’animo del momento.

Al momento non riesco a rendermi conto, in modo concreto ciò che lascerò in questo paese ma voglio ringraziare tutti quelli che ho incontrato nel mio cammino, per avermi lasciato un qualcosa di loro: un semplice saluto di uno sconosciuto per strada, il sorriso dei bambini nelle passeggiate dopo le ore di lavoro, le innumerevoli persone conosciute in molti dei luoghi visitati con cui poi ho avuto la possibilità, con alcune di esse, di instaurare ottimi rapporti di amicizia, di confrontarmi o di conoscere semplici racconti di vita.

Facendo una carrellata di tutti i miei stati d’animo che si sono succeduti in questi mesi, diverse sono state le mie sensazioni su questa esperienza. Periodi di forte scoramento in cui è stata forte la sensazione di mollare tutto e tornarsene a casa, in un contesto familiare, dove ti senti  completamente a tuo agio, perché conosci perfettamente tutto quello che ti circonda. La difficoltà di comprendere alcuni gesti, alcune espressioni e modi di fare che rendono meravigliosa la loro cultura mi ha fatto spesso sentire solo nonostante fossi sempre in mezzo ad altre persone. Tutto ciò è stato dovuto in particolare alla difficoltà di comunicare con chiunque entrassi in contatto. La mia totale incapacità di comunicare in amarico e la difficoltà per loro di comunicare in inglese, ha rallentato il mio processo di inserimento nella loro cultura.

Fortunatamente, non sono invece mancati momenti di grande entusiasmo grazie a tutte quelle esperienze che in Italia mai avrei avuto la possibilità di poter fare come aver potuto fare un reportage fotografico di una prigione e conoscere le donne di una tribù per capire i loro problemi e le difficoltà che devono affrontare quotidianamente come il non farsi mangiare dai coccodrilli ogni volta che prendono l’acqua al fiume ed insegnare l’inglese a delle bambine che vivono in una casa famiglia.

Ero partito per questa esperienza pieno di dubbi, inconsapevole di cosa mi avrebbe riservato questo anno della mia vita e chiedendomi se non fosse stato più giusto investirlo in un altro modo, come ad esempio cercare una stabilità ed un equilibrio duraturo. Infatti non appena tutto questo sarà finito le paure per il domani riemergeranno, ma so con certezza che questi 12 mesi non sono stati affatto sprecati, perché ora guardo il futuro con più consapevolezza riguardo i miei obiettivi e le mie aspettative, dandomi la forza di affrontare sfide che solo un anno fa non ne avrei avuto il coraggio.





Marco Angelucci
Volontario Servizio Civile in Etiopia

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