giovedì 23 aprile 2009

C'è sempre un mango


C’è sempre un mango.

Il sole brilla chiaro ed indisturbato alto nel cielo azzurro, nessuna nuvola a intralciare i suoi raggi potenti e penetranti. Dondoliamo dentro il fuoristrada, sudati e sonnolenti per la temperatura e il viaggio di un paio d’ore su strade polverose e dissestate, oggi è giornata di visita sul campo, dopo giorni di lavoro in ufficio oggi è arrivato il momento di andare a vedere come procedono le attività ma soprattutto di incontrare i veri protagonisti del progetto che stiamo facilitando, donne e uomini dei villaggi del distretto di Bagamoyo, amici e compagni di viaggio.
Qualche discussione durante il viaggio, normalmente in inglese, sempre più spesso in “tentato swahili” e a volte in italiano. Complice il caldo, ci si assopisce, soprattutto io e Francesca, ma veniamo presto svegliati da una buca o da un dosso, non possiamo lamentarci, il nostro viaggio è molto più comodo rispetto a quello di qualsiasi altra persona che incontriamo lungo il tragitto, pulmini sovraffollati da mamme con il loro relativo fagottino dagli occhi grandi e neri, incerte biciclette sovraccariche e scricchilanti oppure gruppetti donne e ragazze in fila indiana con pesanti secchi in testa, i corpi avvolti da kanga variopinti e i volti rigati dal sudore.
Ormai è marzo e dovrebbe essere iniziata la stagione delle piogge, ma di acqua nemmeno l’ombra, solamente qualche breve acquazzone che dura meno del tempo di una canzone. Larghi appezzamenti di campagna iniziano ad ingiallire e i contadini iniziano a temere per i propri raccolti ma la per gran parte il colore dominante è ancora il verde degli immensi spazi non coltivati punteggiati da magre mucche al pascolo e palme spettinate dalla brezza proveniente dall’ Oceano Indiano. Arriviamo a Talawanda, il primo villaggio della giornata, ci accolgono volti sorridenti e mani tese, mani ruvide e dalla pelle spessa, sguardi timidi e sfuggenti, sguardi più vivaci e curiosi di bambini scalzi che giocano allegramente sotto un mango. Eh sì perchè c’è sempre un mango, c’è sempre un mango all’ombra del quale sedersi e chiacchierare, spuntano le sedie e le panche e ci si siede insieme, una alla volta spuntano le ragazze che grazie ad un piccolo prestito hanno migliorato o iniziato una loro piccola attività economica, c’è chi cucina, c’è chi compra e vende vestiti, che chi prepara pane e frittelle e le vende per strada, c’è chi ha deciso di vendere frutta e verdura o chi ha preferito il pesce. Ascoltiamo, consigliamo, incoraggiamo. Saliamo di nuovo in macchina e ci spostiamo verso il prossimo villaggio, Msata, anche qui c’è un mango, un verdissimo mango frondoso, al momento privo di frutti, ci sediamo con il gruppo locale dell’associazione di persone che vivono con l’HIV. Anche qui volti sorridenti, sguardi sfuggenti e mani ruvide, compaiono due stuoie e ci sediamo sotto il mango, ancora una volta scenografia naturale di questo incontro, all’ombra del mango ascoltiamo racconti di vita, di gente che lotta, gente discriminata, gente che ha voglia di vivere una vita piena e ha voglia di lottare.
Abbiamo viaggiato molto lungo le strade del distretto, stretto decine di mani, salutato molte persone, sotto un mango abbiamo condiviso problemi, ascoltato speranze e bisogni, sogni di un futuro migliore, l’importante è che ci sia sempre un mango sotto al quale sedersi senza fretta, lentamente, aprendosi all’ascolto e essendo pronti a raccontarci, per condividere qualcosa e crescere insieme. Credo che questa sia una lezione molto importante, dovremmo cercare un mango tutti i giorni, se non fisicamente, almeno un mango spirituale, sotto al quale sederci e lasciare da parte la fretta, i piccoli doveri quotidiani e lasciarci andare in conversazioni e cuore aperto, lentamente, senza tempo, senza barriere e senza pregiudizi, abbassiamo lo scudo protettivo di cui spesso abbiamo bisogno, o pensiamo di aver bisogno, per andare avanti nella vita di tutti i giorni. Abbassiamo lo scudo, abbassiamo le armi e sediamoci insieme sotto un mango, anche questo l’ho imparato qui, in Africa.

Stefano Battain
Volontario in Servizio Civile, Tanzania

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