Addis, grande città. Strade asfaltate, grandi palazzi. La Capitale dell’Etiopia. Ma c’è anche un’altra faccia di questa meravigliosa città. Anzi, più di una!
Solo uscendo da casa, una strada non asfaltata e tanti piccoli “negozietti” che vendono un po’ di tutto. O meglio, l’essenziale. Scendendo più in giù trovi anche chi vende quella poca verdura (pomodori, patate, cipolle) per terra. Anziani, bambini, ragazze. E poi oltre a quei grandi palazzi, tante “baracche”.
Ma voglio soffermarmi un po’ sui palazzi. Se guardi le impalcature che si usano qui per costruirli … tanti rami, legati uno all’altro.
Diventa quasi impossibile immaginare che da lì vengono fuori questi
palazzi! Impossibile che quelle stesse impalcature stiano in piedi! E se da un lato della strada ci sono questi palazzoni, dall’altra parte, ma anche tra un palazzo e l’altro, tante piccole casette fatiscenti, fatte di legno, fango e paglia, con delle lamiere al posto del tetto.
Ogni giorno scopri qualcosa di nuovo. Camminando per le strade (sono asfaltate solo quelle principali) ti capita di sentire odore di urina. “Saranno gli animali”, pensi. E invece poco più avanti vedi ragazzi, uomini di ogni età che si liberano tranquillamente dei liquidi in eccesso … giri lo sguardo e continui a camminare. Ma la città non smette mai di stupirti. È sempre la Capitale! Sui marciapiedi caprette, asini, galline e … venditori di teste e zampe di capretto! La sera, data la poca luce, devi prestare attenzione a dove metti i piedi! Potresti inciampare in quelle ossa che sono rimaste per terra. Ossa che ritroverai la mattina seguente quando ti ritroverai a ripercorrere lo stesso tragitto per andare a lavoro. E poi ragazzini sporchi, ricoperti di abiti sudici, che dormono a terra. Ragazzi di strada che non conoscono altra vita oltre all’asfalto, alla terra, alla povertà.
Tra le strade e i marciapiedi, acqua che scorre … La mia mente mi ha riportata a Parigi dove l’acqua viene fatta scorrere per pulire le strade. Ma qui non è Parigi. Siamo ad Addis Abeba, in Etiopia. Uno dei paesi più poveri al mondo. E quell’acqua non oso immaginare cosa contenga! Ma la Capitale offre anche altre risorse: l’Hilton, lo Sheraton … posti per ricconi che i locali sicuramente non frequentano.
Cammini per le strade. Tutti ti guardano. Sei sempre un bianco! Poi ci sono i bambini che ti chiamano “farengi” (straniero), altri che vogliono parlare in inglese con te e i più piccoli ti chiedono di esser presi in braccio. Ti parlano, vogliono giocare, ma tu non li capisci … il che ti fa sentire ancora più “alieno”! I più grandi ti chiamano “you!”, sperando di venderti qualcosa. Sei bianco, sei ricco. Parlano un inglese che più che “maccheronico” si potrebbe definire “etiope”. “You!, where are you go?”. Altri mischiano inglese e amarico. Puoi provare a farti capire in ogni modo. Sei un bianco. Si divertono a
prenderti in giro. Sei comunque un alieno!
Nell’aria un persistente odore di incenso e di cucina tradizionale. Il rombo degli aerei somiglia quasi al rumore del mare. E ad esso si alternano i canti di preghiera diffusi in tutta la città attraverso degli altoparlanti. Canti che “lottano” contro le preghiere e i richiami musulmani.
Nel cielo solo innumerevoli falchi. E la sera viene fuori, timida, la luna. Più luminosa della nostra. E un cielo stellato. Ricco di piccoli puntini luminosi. Tanti. Un dono che ormai in occidente abbiamo dimenticato di avere. Di apprezzare.
Fa caldo ad Addis Abeba. Ma quando il sole si nasconde dietro le nuvole, allora hai un po’ di tregua dai caldi raggi. La pioggia è solo terra. Ma qui è tutto terra. E … inquinamento.
Solo uscendo da casa, una strada non asfaltata e tanti piccoli “negozietti” che vendono un po’ di tutto. O meglio, l’essenziale. Scendendo più in giù trovi anche chi vende quella poca verdura (pomodori, patate, cipolle) per terra. Anziani, bambini, ragazze. E poi oltre a quei grandi palazzi, tante “baracche”.
Ma voglio soffermarmi un po’ sui palazzi. Se guardi le impalcature che si usano qui per costruirli … tanti rami, legati uno all’altro.
Diventa quasi impossibile immaginare che da lì vengono fuori questi
palazzi! Impossibile che quelle stesse impalcature stiano in piedi! E se da un lato della strada ci sono questi palazzoni, dall’altra parte, ma anche tra un palazzo e l’altro, tante piccole casette fatiscenti, fatte di legno, fango e paglia, con delle lamiere al posto del tetto.
Ogni giorno scopri qualcosa di nuovo. Camminando per le strade (sono asfaltate solo quelle principali) ti capita di sentire odore di urina. “Saranno gli animali”, pensi. E invece poco più avanti vedi ragazzi, uomini di ogni età che si liberano tranquillamente dei liquidi in eccesso … giri lo sguardo e continui a camminare. Ma la città non smette mai di stupirti. È sempre la Capitale! Sui marciapiedi caprette, asini, galline e … venditori di teste e zampe di capretto! La sera, data la poca luce, devi prestare attenzione a dove metti i piedi! Potresti inciampare in quelle ossa che sono rimaste per terra. Ossa che ritroverai la mattina seguente quando ti ritroverai a ripercorrere lo stesso tragitto per andare a lavoro. E poi ragazzini sporchi, ricoperti di abiti sudici, che dormono a terra. Ragazzi di strada che non conoscono altra vita oltre all’asfalto, alla terra, alla povertà.
Tra le strade e i marciapiedi, acqua che scorre … La mia mente mi ha riportata a Parigi dove l’acqua viene fatta scorrere per pulire le strade. Ma qui non è Parigi. Siamo ad Addis Abeba, in Etiopia. Uno dei paesi più poveri al mondo. E quell’acqua non oso immaginare cosa contenga! Ma la Capitale offre anche altre risorse: l’Hilton, lo Sheraton … posti per ricconi che i locali sicuramente non frequentano.
Cammini per le strade. Tutti ti guardano. Sei sempre un bianco! Poi ci sono i bambini che ti chiamano “farengi” (straniero), altri che vogliono parlare in inglese con te e i più piccoli ti chiedono di esser presi in braccio. Ti parlano, vogliono giocare, ma tu non li capisci … il che ti fa sentire ancora più “alieno”! I più grandi ti chiamano “you!”, sperando di venderti qualcosa. Sei bianco, sei ricco. Parlano un inglese che più che “maccheronico” si potrebbe definire “etiope”. “You!, where are you go?”. Altri mischiano inglese e amarico. Puoi provare a farti capire in ogni modo. Sei un bianco. Si divertono a
prenderti in giro. Sei comunque un alieno!
Nell’aria un persistente odore di incenso e di cucina tradizionale. Il rombo degli aerei somiglia quasi al rumore del mare. E ad esso si alternano i canti di preghiera diffusi in tutta la città attraverso degli altoparlanti. Canti che “lottano” contro le preghiere e i richiami musulmani.
Nel cielo solo innumerevoli falchi. E la sera viene fuori, timida, la luna. Più luminosa della nostra. E un cielo stellato. Ricco di piccoli puntini luminosi. Tanti. Un dono che ormai in occidente abbiamo dimenticato di avere. Di apprezzare.
Fa caldo ad Addis Abeba. Ma quando il sole si nasconde dietro le nuvole, allora hai un po’ di tregua dai caldi raggi. La pioggia è solo terra. Ma qui è tutto terra. E … inquinamento.
Carola Conz (Volontaria in Servizio Civile, Etiopia)
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