sabato 11 giugno 2011

Niente da fare, io SONO occidentale?!


Che succede? Dove sono?
A casa. Eppure mi sento come se mi fossi svegliata da un sogno, non propriamente un incubo. Mi trovavo lontana da casa, lontana dalla mia famiglia, in una Terra che non era la mia. Ero dall’altra parte del Mondo! Intorno a me un paesaggio a me familiare. Simile al mio Salento. Arido, ma allo stesso tempo ricco di verde. Tanto bestiame nelle campagne, pastori.
Un po’ come qui, qualche anno fa. Era come vivere nel passato.

Mi sento stordita e ho la testa che scoppia, sempre, in ogni attimo delle mie giornate. Mi dico: sarà la differenza del clima, la diversità dello stile di vita. O forse nostalgia. Eppure il pensiero di dover tornare mi spaventa. Il pensiero di dover vedere quello che ho visto per due mesi e a cui non ti abitui mai mi terrorizza.
Ecco, mi sento “fuori dal mondo”. Fuori dal mio Salento, fuori dalla “mia” Etiopia. Mi sento appesa, in una via di mezzo non ben definita. Qual è il mio posto?!

Ricordi.
Una bimba che vuole giocare, le passeggiate per le città alla scoperta di “cose nuove”. Il sole. La luna al contrario. L’approccio con una nuova lingua. I chilometri a piedi, le strade asfaltate e non, i succhi buonissimi. Le lotte con acqua e luce. Per non parlare poi dei topi! Tanta la nostalgia di casa. Niente carnevale, né i compleanni dei miei familiari. Il telefono che non squillava.
Tutto un altro stile di vita.

Sogni.
Desiderio di maternità, desiderio di un abbraccio o anche solo di una carezza. Parigi, la musica. Casa. L’attesa. Stare lì a far niente e a guardare l’orologio, chiedendomi il perché della mia scelta. E ora mi chiedo cosa devo fare, cosa voglio fare. Tornare? Restare?
Fango, terra, sabbia!
Rivedo immagini del mio periodo in Etiopia. Mi scorrono davanti agli occhi le foto di quei bambini. In particolare di una bimba ad Addis Abeba, piccola, avrà avuto al massimo un anno, sporca, con solo una magliettina indosso, senza mutandine, seduta per terra a giocare con delle pietre. Un’altra che prima chiede “give me chocolate!” e subito dopo “give me money!!”

Rivedo il bagno di casa, la condizione ottima in cui vivevo, ottima rispetto alla vita dei locali. Eppure quel pensiero mi fa rabbrividire. Tornare, restare.
Avevo un forte desiderio d’Africa, d’Etiopia eppure adesso mi ritrovo così, smarrita. Non pensavo mai di potermi ridurre in questo stato, stato dovuto in parte al mio vissuto in quei due mesi, in parte alla mia sensibilità e non vado oltre. Non posso dare colpe agli altri per quello che mi è successo, è solo colpa mia, del mio essere. E ora non so come muovermi.

Sensazioni.
Sono qui, nella terra dove sono cresciuta, eppure quello che provo è solo paura. Solo in casa sto bene. Non riesco ad uscire, vedere gente. Tutto mi riporta da dove sono appena arrivata. Appena dico?! Sono passate già due settimane e io mi sento ancora stranita. Persa, smarrita.
Delusa per non essere riuscita in questa missione, delusa per essere rimasta giorni e giorni in ufficio a guardare l'orologio... delusa per un "mondo" che forse non cambierà così facilmente. Sono cresciuta molto, ho capito molte cose. Forse finalmente mi sono affacciata alla vita. Eppure qui, intorno a me tanta ignoranza, superficialità. Mi dico che forse potrei portare in giro la mia testimonianza.
Peccato che prevalgono i pregiudizi, idee stabili. Potrei parlare di quello che ho visto, delle sensazioni che ho provato. Ma chi mi ascolterà, se lo farà, mi guarderà con occhi pietosi; mi dirà che ho avuto coraggio a partire, forza per restare anche solo due mesi e che sicuramente ho fatto bene a tornare.

Siamo pronti a seguire l’esempio dei nostri fratelli? Siamo pronti ad abbandonare il superfluo e vivere di stenti? Vivere tra paglia, fango e bestie? Siamo pronti a chiudere il rubinetto dell’acqua quando facciamo la doccia o laviamo i denti? Siamo pronti a non sprecare il cibo e a non schifarlo? Nel mondo c’è gente che non ha niente, ma che sorride. Gente che muore perché non può far niente per migliorare la sua situazione.
E noi?! Viviamo tra macchinoni e discoteche. Spendiamo senza contegno non pensando che anche nel “nostro mondo” c’è chi ogni giorno lotta per portare a casa un po’ di pane.
E io? Cosa posso fare?

Parlare, mostrare foto, ma soprattutto parlare, parlare e raccontare …


Carola Conz (Volontaria CVM in Etiopia)

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