lunedì 6 giugno 2011

Piccole Storie Malate (I)


Durante il training soggiorniamo -Tsehay ed io- in un hotel in cui lavora un'anziana cuoca, che cucina in modo eccellente e ci prende in simpatia. Ci prepara razioni abbondanti, ci riserva pietanze prelibate, ci parla un po' di sé..la sua gastrite, prima lavorava a Gimma, poi è tornate a Durbete dalla mamma e dalla sorella, ora però loro sono morte e lei è sola, guadagna 200 birr al mese (meno di 9€) e ne spende 50 per l'affitto di una stanzetta, le piace il latte ma è costoso, quindi glielo offriamo noi.
È molto cordiale, si interessa del nostro giudizio sui pasti e si intrattiene spesso in nostra compagnia; per questo Tsehay capisce che desidera qualcosa da noi, ma non sappiamo esattamente cosa, così, cerchiamo di accontentarla lasciando qualche birr di mancia: forse è solo attratta dalla mia pelle bianca, che, come tutti qui suppongono, è sinonimo di ricchezza. Poi una sera, lei bussa alla porta di Tsehay e le racconta la sua storia. Le dice che era sicura che il nostro lavoro fosse correlato con l'HIV, lei, da qualche anno, ha scoperto di essere malata, ma non può dirlo a nessuno, ha paura di perdere il suo posto di lavoro: se si sapesse i clienti non verrebbero più e i proprietari dell'hotel sarebbero costretti a cacciarla. Benché sia sola e tema di essere abbandonata da tutti quando starà peggio, ora non può permettersi di iscriversi all'associazione dei PLWHA, che le assicurerebbe di avere qualcuno affianco, di conoscere bene la sua malattia ed esserne meno spaventata; non lo può fare perché teme che altrimenti non avrebbe più di che sopravvivere. Così vive sempre nel silenzio, non racconta a nessuno cosa la spaventa e le sue informazioni oscillano tra il sentito dire e la terribile capacità immaginativa che ogni malato, che ignori le proprie condizioni, può esercitare. Tsehay l'ascolta a lungo, le dà consigli e cerca di tranquillizzarla. Prendiamo un tè insieme, lei sorride e sembra essere meno sola, ma, poi, noi torniamo a casa e lei, muta, torna al suo lavoro.

Benedetta Sercecchi (Volontaria CVM in Etiopia)

Nessun commento: