lunedì 22 dicembre 2008
Stefano Battain dalla Tanzania - SHABANI E LA LEZIONE AFRICANA -
Carichiamo gli scatoloni in macchina, salutiamo Ologolie e Lala, i due Masai guardiani dell’ufficio del CVM e lasciamo Bagamoyo per dirigerci a Chalinze villaggio che quest’anno ospiterà la giornata mondiale della sanità per il distretto di Bagamoyo. Appena lasciata la sonnolenta cittadina di Bagamoyo e le sue strade sabbiose attraversiamo la campagna, verde, seguiti da una scia di polvere sollevata dalla jeep che viaggia sobbalzando sulla strada di terra rossiccia, superiamo uomini sudati che pedalano lentamente su biciclette monomarcia cariche di carbone mentre in direzione contraria provengono traballanti camion carichi di ananas. A Msata rientriamo sulla strada asfaltata che collega Dar es Salaam con il Nord del paese, arteria fondamentale per il movimento di merci, persone ma anche, purtroppo, del virus del HIV/AIDS. Poco dopo raggiungiamo lo snodo stradale di Chalinze, con i suoi bar, venditori di anacardi e colorate baracche adibite a negozi. La sera, fra i fari dei camion e le poche luci dei bar, uomini soli in cerca di compagnia e ragazze pronte a vendersi per poche migliaia di scellini si incontrano per incontri fugaci e ad altissimo rischio. Infatti, questa è una delle aree dal più alto tasso di HIV/AIDS di tutto il distretto.
Lo spazio dove si terrà la manifestazione è ancora vuoto, ma vari gruppi di persone dalle maglie di diversi colori iniziano a radunarsi. Sembrano tante squadre di calcio, c’è chi veste in giallo, chi in blu e chi in bianco. I bianchi siamo noi, a parere di tutti, le magliette più belle, quelle vestite anche dalle autorità, segno di una collaborazione costruttiva e di un dialogo costante con le istituzioni locali, un valore irrinunciabile per il CVM che negli anni sta dando i suoi frutti. Lentamente, e piuttosto in ritardo rispetto al programma, vengono disposte le sedie e fissati i teli che proteggeranno i partecipanti dai raggi del potente sole di dicembre, nonostante questo il caldo si farà sentire, con relativo bagno di sudore, ormai un’abitudine quotidiana. Io e Francesca ci sediamo nelle ultime file, scattiamo un po’ di foto, ascoltiamo i discorsi ufficiali che non capiamo ma che con l’aiuto dei nostri amici e compagni di lavoro Elineth, Erena e Emanuel riusciamo per lo meno ad intuire. Segue l’esecuzione di alcune danze tradizionali da parte di un gruppo di donne locali. Prendono la parola anche rappresentanti di associazioni di persone che vivono con l’HIV/AIDS e rappresentanti della varie istituzioni locali. I giovani hanno un ruolo molto importante in questa giornata, anche grazie ad alcune ragazze e ragazzi formati nell’ambito del progetto del CVM, vengono messe in scena alcune rappresentazioni teatrali utilizzate per comunicare con i giovani e i meno giovani su tematiche legate all’HIV/AIDS, come il cambio comportamentale finalizzato alla prevenzione della trasmissione, l’attitudine verso le persone affette da HIV/AIDS e i comportamenti a rischio. Pur non cogliendo appieno le parole, la rappresentazione drammatica coinvolge e attrae l’attenzione del non foltissimo pubblico presente.
Seduto all’ombra di un ombrello saluto un bimbo dagli occhi svegli, la testa rasata e le orecchie un po’ a sventola, veste una maglia rossa, di seconda mano, che recita: ”Qualcuno che mi ama molto è stato al Mall of America e mi ha portato questa maglietta”, non credo che Shabani, questo è il suo nome, conosca qualcuno che abbia visitato il centro commerciale più grande del mondo, in Minnesota, e non credo sappia nemmeno cosa sia un centro commerciale ma trovo questa maglietta, indossata da un bambino di questo villaggio tanzano, tristemente ironica e significatva dello squilibrio degli stili e livelli di consumo, da una parte il Nord, con le magliette comprate per celebrare una visita ad un centro commerciale, dall’altra i Sud, con la stessa maglietta, questa volta di seconda mano e piuttosto strappata. Shabani è uno dei più piccoli fra i molti presenti, le scuole sono chiuse, quindi i bambini gironzolano incuriositi da questa folla colorata e rumorosa. Segue in disparte, poi si siede a guardare la rappresentazione teatrale. Arriva il momento della distribuzione dei volantini e dei calendari stampati dal CVM, la folla si concentra su di noi, lottando per un calendario o per un volantino colorato, anche il nostro bimbo partecipa alla ressa, ottiene una discreta quantità di fogli colorati e riviste informative a distribuzione gratuita sull’AIDS che però regala immediatamente agli altri bambini, rimasti esclusi dalla distribuzione. Finiti i calendari, e il relativo assembramento per ottenerli, segue il pranzo tutti insieme a base di riso pilau, riso bollito condito con spezie, e carne di capra, tutti ne prendono un piatto e i bambini non fanno eccezione, si assembrano attorno ai pentoloni incrostati per finire l’ultimo riso rimasto, non lui, non Shabani, lui se ne sta in disparte e non mangia, gli offriamo un piatto di riso per essere sicuri che non fosse troppo timido per prenderlo da sé ma rifiuta, sorride e corre in giro, felice. Lo definiamo “il bimbo più buono e generoso di Chalinze”. Verso sera si ritorna verso Bagamoyo, Christofer ci riaccompagna a casa in macchina, appena prima di aprire il cancello per entrare in casa veniamo salutati da un gruppo di bambini che grida: “Mzungu, mzungu!” (uomo bianco, in swahili) al solito, rispondiamo con un sorriso e dicendo “Mambo!”. Uno dei più piccoli mi si avvicina e mi regala un pop-corn, gli altri, a turno, fanno a gara a chi me ne regala di più, sorpreso, accetto, in un attimo mi ritrovo a mani piene, accovacciato, ne mangio un po’ con loro, poi, sorridenti, salutano e se ne vanno. Rimango un attimo fermo a pensare, essere bambino significa anche questo, essere africano significa anche questo, la generosità e il dono, le due grandi lezioni di queste mie prime settimane in Tanzania.
Stefano Battain
Volontario in Servizio Civile, Tanzania
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