Sconfiggere lo “stigma” che li segna, li umilia, viene loro impresso nell'animo più ancora che nei segni del corpo, quale marchio di aberrante distinzione; cancellare l'etichetta della sieropositività e ricordarsi di essere uomini e donne capaci, tornare alla vita attraverso ciò che la nobilita e cioé un lavoro i cui frutti siano sotto gli occhi di tutti e dei quali tutti possano giovarsi nella comunità, meglio ancora se si tratta di altre persone bisognose o in difficoltà.
È questo, per sommi capi, il circolo virtuoso che CVM da anni instaura tra le persone, uomini e donne d’Etiopia, affette dal virus dell’HIV, incoraggiandole a lottare per i propri diritti, a non chiudersi nella propria condizione e, anzi, a rimboccarsi le maniche dando vita ad attività artigianali o comunque commerciali che possano generare profitto, ricchezze utili al loro sostentamento e servizi per l’intera comunità.
Nei progetti stilati dagli uffici del CVM, quanto descritto prende i nomi di PLWA’s Associations (dove PLWA sta per People Living With AIDS) e IGA (Income Generating Activities), ovvero le attività intraprese da queste stesse associazioni. Ma, al di là delle sigle e dei budget, l’essenza di tutto ciò la si trova negli occhi e nelle parole della gente che di tali attività si è resa protagonista, nelle storie di vita, alcune delle quali, provenienti dalla realtà dell’East Gojjam Zone e dalla città di Debre Marcos, in particolare, si va di seguito a raccontare.
Simone Accattoli
Volontario in Servizio Civile, Etiopia
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