mercoledì 11 marzo 2009

Storie: la commerciante e la formatrice



Sediamo ad un tavolo, sorseggiando tè ed accompagnandolo con il pane tipico della zona, spugnoso e dal colore scuro. La giornata è calda, per non dire afosa, qui nella kebele di Borkoshe e, dopo una lunga camminata sotto il sole, la piccola locanda di Amenech è il luogo ideale per trovare ristoro.
Alle pareti, poster di celebri calciatori accanto ad immagini sacre, come in ogni bar, bettola, abitazione d'Etiopia. I bambini non si fermano un'istante, se non per dispensare gli ormai consueti sguardi di stupore al pallido ferengi. Mi sembra di scorgere il passaggio ad una camera o comunque ad un'altra stanza. É in questo edificio, terra e legno con tetto in lamiera, che Amenech lavora ed abita assieme alla sua famiglia. Lei, al pari di altri, ha potuto beneficiare del servizio idrico fornito dalle strutture progettate ed approntate dal CVM, con il lavoro manuale ed il costante impegno della stessa comunità locale, fattasi custode e responsabile dei vari punti d'approvvigionamento, dove l'acqua arriva spinta dalla forza di gravità. Lasciato per un attimo il bancone, dietro al quale fanno bella mostra di sé bottiglie in serie di Mirinda e Pepsi, è lei stessa a descriverci in che modo la sua vita, la sua quotidianità familiare e lavorativa è mutata in seguito alla realizzazione del progetto idrico.
“Prima della costruzione di queste opere, – spiega Amenech, introdotta all'argomento da Temralech, social facilitator del CVM – dovevamo far fronte a diversi problemi, primo fra tutti quello delle malattie, così frequenti perché l'acqua che utilizzavamo era piena di batteri, come l'ameba e molti altri. Oltre a questo, per avere dell'acqua dovevamo spesso percorrere a piedi lunghe distanze, per raggiungere un fiume comunque sporco e pieno di vermi: in questo modo, perdevo molto tempo e la mia attività lavorativa ne risentiva negativamente. Allora, dato che per il mio lavoro ho bisogno di molta acqua, per cucinare, lavare, preparare cibi e bevande, mi organizzai per avere un servizio di trasporto: in questo modo potevo rimanere nel bar, mentre arrivavano i rifornimenti d'acqua, ma spendevo moltissimi soldi.”
Poi, quasi tre anni fa, entrò in funzione il sistema approntato dal CVM. Questi i risultati, gli effetti sulla condizione di vita di Amenech, che, oltre a dispensare cibi e bevande nella spartana ma accogliente locanda, ha anche qualche animale d'allevamento ed un piccolo terreno, dove coltiva patate dolci, mais e taff: “Dopo la costruzione dell'impianto idrico, posso dire di aver quasi risolto i miei problemi: ora, abbiamo a disposizione acqua pulita e, per di più, nel posto dove viviamo. Ciò rappresenta una bella comodità ed un gran risparmio di soldi; ora posso gestire bene la mia attività da sola. Quest'acqua non mi serve solo per bere, cucinare e pulire, ma è fondamentale anche per il sostentamento dei miei buoi e del mio mulo.”
Insomma, dalle parole di una diretta interessata si evince un concreto mutamento tra il prima e il dopo. In mezzo, un durante fatto di duro lavoro e di consapevolezza, una presa di coscienza della situazione, per la quale un ruolo fondamentale ha giocato e gioca tuttora il Wat.San. Committee, ovvero il Comitato per l'Acqua e l'Igiene, di cui Abebech, da poco entrata nel locale, fa parte.
“Ho ricevuto una formazione specifica di cinque giorni, – afferma la ragazza, membro del comitato promosso dal CVM e formato ad hoc dal personale dell'Ufficio Governativo per l'Acqua e di quello per la Sanità – dopodiché abbiamo condiviso con il resto della comunità le competenze acquisite, insegnando loro come ottenere ed utilizzare l'acqua, come prendersi cura di se stessi, il modo appropriato in cui gestire e mantenere l'impianto e come prevenire i danneggiamenti.” Anche in questo caso, l'iniziativa si è rivelata fattore di mutamento reale, riflesso nei comportamenti delle persone. “La gente – continua, infatti, Abebech – agisce in modo diverso rispetto a prima: ha cura della propria igiene personale e rispetta di più l'ambiente in cui vive. Ora, le persone usano l'acqua in maniera appropriata nelle loro case, prestando attenzione alle fondamentali norme d'igiene; lo stesso vale per le modalità d'approvvigionamento e per gli strumenti che si utilizzano. La formazione che abbiamo ricevuto e poi trasmesso agli altri membri della comunità rappresenta una grande possibilità, perché attraverso essa possiamo ridurre la nostra esposizione a determinate malattie e prenderci cura degli impianti per l'acqua, ad esempio proteggendoli con delle recinzioni. Prima del nostro training, non c'erano protezioni, ma solo un fiumiciattolo di acqua sporca; non c'era alcuna consapevolezza delle norme sanitarie ed igieniche nel raccogliere ed utilizzare l'acqua; non si prestava le minima cura persino nel lavare bicchieri e tazze in casa.” Semplici pratiche ed accortezze, scontate si direbbe pensando “all'Occidentale”, ma in un contesto dove di semplice e scontato non c'è nulla.

Simone Accattoli
Volontario in Servizio Civile, Etiopia

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