martedì 10 maggio 2011

Io, tra due mondi


Sono in Africa, in Etiopia, il posto che ho sempre desiderato vivere, una realtà con la quale ho sempre voluto confrontarmi e in cui potermi rendere utile. Mi trovo qui, in un’altra Terra e quello che riesco a percepire sono solo due colori.

Stare qui è come vivere in un altro tempo. Intorno a me case di fango e paglia, vecchiette sedute sull’uscio a lavorare all’uncinetto, bambini che giocano con le ruote delle biciclette.
Ho portato con me il mio Naso Rosso ma lo tengo nascosto, non riesco a tirarlo fuori. Avrei voluto portare anche dei palloncini, un po’ di colore ma qualcosa mi blocca. Forse la vista di bambini che giocano con i preservativi, altri che seguono le mandrie, altri ancora che badano a bambini ancora più piccoli di loro. Imparano in fretta cos’è la vita. Li vedi così piccoli che già camminano, rincorrono il bestiame, e giocano. Sì, giocano a diventare grandi.

Si avvicina la Pasqua e sono già giorni di festa. Niente più fasting e presto si torneranno a vedere sulle tavole pietanze a base di carne. Le strade sono piene di mendicanti: donne, uomini, bambini a vendere pochi chili di frutta e a chiedere l’elemosina. Seduti a terra, sporchi, scalzi e coperti da abiti stracciati e sudici.
Un bambino piange. Il vecchio seduto accanto a lui lo minaccia con un bastone chiedendogli, forse, di smetterla. Per strada donne, uomini, bambini vestiti di bianco, coperti da gabi bianchi si dirigono verso la messa.
Ogni giorno, ogni volta che si trovano di fronte ad una chiesa si fanno il segno della croce in segno di devozione. E a me viene spontaneo fare lo stesso. C’è tanta povertà in giro e io inizio a domandarmi quanta voglia ci sia di un cambiamento. Quanto veramente i locali vogliano migliorare le loro condizioni di vita. Tutti per strada mi salutano, vogliono sapere se va tutto bene. Io sorrido e rispondo si, tutto bene grazie. I bambini mi guardano incuriositi e sono contenti se faccio loro anche solo un cenno con la mano. Si, tutto bene. Eppure quando mi guardo intorno, quando mi fermo a pensare, a fare mente locale e a mettere a fuoco le immagini scattate dai miei occhi e impresse nella mia mente mi dico che forse no, non va poi così bene!
Mi trovo in Etiopia, uno dei Paesi più poveri al mondo, forse il più povero. Un Paese ricco di storia, magia, mistero, bellezze naturali e architettoniche, acqua e verde. Eppure molto povero. Nella capitale, ma non solo, si cerca di fare del turismo una fonte di guadagno. Ti vedono bianco e come per magia i prezzi lievitano!

Mi fa male camminare per strada, essere inseguita da bambini che cercano di venderti qualsiasi cosa: dai fazzoletti di carta, alle sigarette, ai chewingum alla banana; e non ti mollano. Ti seguono, diventano insistenti e tu che hai solo voglia di scoppiare perché non ci puoi fare niente. O almeno ci stai provando.
Mi viene il magone ad andare in giro, a vedere bambini piccoli che vivono per terra, storpi che si trascinano nello schifo. E io? Che ci faccio qui?! Sono solo una straniera, un’aliena agli occhi dei locali. Una fonte di ricchezza! Vorrei poter scendere in strada, gridare che io sono qui per loro! Che potrebbero migliorare la loro condizione di vita. Vorrei poter dare loro la possibilità di vivere in una casa che possa essere definita tale, vorrei che quei bambini la smettessero di dormire su cartoni, in mezzo alla strada. Vorrei, vorrei, vorrei ...

Ma io sono solo una ragazzina che sogna un mondo migliore, una volontaria che soffre nel vedere questa realtà, che ha bisogno di una pausa e che deve tornare a casa perché qualcosa le è letteralmente scoppiato dentro. Forse un giorno potrò tornare e portare a termine questa mia missione, forse un giorno riuscirò ad essere forte come questi piccoli soldatini che ogni giorno lottano contro una realtà più grande di loro. Intanto faccio tesoro di tutto quello che ho visto e vissuto, porto a casa la mia testimonianza, provo a convincermi di non aver fallito.

Carola Conz (Volontaria CVM in Etiopia)

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